Pubblichiamo un brano tratto dagli scritti di Dietrich von
Hildebrand, teologo e filosofo cattolico tedesco,
definito informalmente da Papa Pio XII: "Il Dottore della Chiesa del
ventesimo secolo”
Di
continuo si può sentire il monito:
«Conservate la pace!»; la pace tra i Cattolici; la pace coi protestanti.. con
gli ebrei… con gli atei .. coi comunisti; la pace tra le Nazioni....
Questo
continuo insistere sulla pace, anche nelle prediche e nelle preghiere, dà
l’impressione che il male peggiore… sia la mancanza di unione e la guerra. Ma vediamo, sì, delle situazioni belliche, ma, soprattutto, vediamo progressivi
passi verso la schiavitù di intere Nazioni, per opera del comunismo; … vediamo
una graduale apostasia dalla Rivelazione divina all’interno stesso della
Chiesa; una distruzione sistematica della vita cristiana .. e un crescente
amoralismo perfino nelle nostre Università cattoliche. Per cui ci domandiamo:
l’invocazione alla pace è, forse, un moratorio col demonio ?
Infatti:
ai giorni nostri, non sarebbe più urgente e necessario ritornare alla
battaglia? Una battaglia, cioè, contro l’errore, contro l’immoralità, contro lo
spirito del mondo; una battaglia spirituale contro la mafia che infesta la
Chiesa, contro la scolarizzazione e la sua desacralizzazione?
Esiste
un “adagio” ben noto: “vox temporis, vox
Dei”; ma l’interpretazione che se ne fa, è errata, quando si crede che
Iddio ci chiami a conformarci alle tendenze generali di un’epoca, quasi
dovessimo adattare la Rivelazione divina alla mentalità di essa.
La
vera interpretazione, invece, di questo motto, esige che si riconosca quale sia
la situazione autentica in ogni determinata epoca, per essere in grado di
scoprire i maggiori pericoli che presenta; invece, c’è chi dichiara che i
termini di “anatema”, “eresia “, “scomunica”, appartengono al passato.
Se
si pensasse che difendere la Rivelazione contro i falsi profeti fa parte della
“raison d’étre” della Chiesa e che la Chiesa può sopravvivere solo
condannandole eresie e che il termine “anatema” è stato sancito, fin dai tempi
di San Paolo, in tutti i Concili, fino al Vaticano Il, allora sene vedrebbe
anche la grave conseguenza di questa unilaterale enfasi data alla parola
“pace”, che spinge l’attuale Chiesa verso una specie di moratorio ufficiale con
il demonio.
Blaise
Pascal ha scritto: «È un delitto attentare alla pace, quando la verità trionfa;
ma è un non meno grave delitto mantenere la pace, quando la verità è offesa!».
Ecco
perché Cristo ha detto che è venuto per dare la pace e, nello stesso tempo, che
è venuto per portare la spada. Egli non ha mai detto di dare insieme la verità
e l’errore. Il vero senso dell’adagio “vox temporis, vox Dei”,quindi, sta nel
comprendere se la verità o l’errore ha il sopravvento; sta nel decidere, in
conseguenza, se bisogna mantenere la pace o dichiarare la guerra…
Pace!
parola santissima; parola che echeggia continuamente nelle Sacre Scritture. L’ultima implorazione, rivolta all’Agnello di Dio, durante la santa Messa,
non è, forse, il «dona nobis pacem?». Sì, ma il dono immacolato della pace non
esclude lo stato di guerra, che dobbiamo mantenere per tutto il tempo del
nostro esilio terreno.. contro satana.. lo spirito del mondo.. contro i peccati..
l’errore e il male. Questa guerra è, anzi, la premessa per ottenere la vera
pace.
Il
termine “pace”, quindi, oggigiorno, si usa quasi come slogan: ma è una pace
balorda, una pseudopace. Troppe cose vengono dette “pace”, che, in realtà, sono
del tutto opposte ad essa.
Sant’Agostino
ha scritto: «Chi è il mercenario che si dà alla fuga, vedendo avvicinarsi il
lupo? Guarda: qualcuno ha commesso un peccato, un grave peccato e dovrebbe
essere ammonito dalla Chiesa. Ma colui che ricerca sé stesso e non le cose di
Gesù Cristo tace e non lo ammonisce. Sei tu che taci, o mercenario, che non
ammonisci!.. Il tuo silenzio è la tua fuga: la fuga dell’anima!».
Cito
ancora una volta Pascal: «Vi è una mancanza di unione che è un sintomo di
infermità e, quindi, un male: ma vi è anche una mancanza di unione che è segno
di verità e assume, quindi, il peso di un reale valore».
A
non tenerne conto, si commette un fatale errore: elevare l’unità al di sopra
della verità, che, in ultima ragione significa: al di sopra di Dio!
Per
comprenderne ancora meglio i pericoli in cui versa la Chiesa, ripensiamo alle
differenti dimensioni dell’autentica pace. Per prima, c’è la pace dell’anima
con Dio. L’antitesi assoluta e insormontabile di questa pace con Dio è il
peccato e qualsiasi compromesso con il diavolo. La pace con Dio prevede
l’obbedienza ai suoi comandamenti, l’imitazione di Cristo, la prontezza nel
lasciarsi trasformare da Lui. Ciò richiede anche un abbandono completo in Dio,
un arrendersi incondizionato alla Sua Volontà, un totale darsi fiducioso nelle
sue mani. “In manibus tuis tempora mea”. “In manus tuas, Domine, commendo
spiritum meum”! Sicché, il mormorare contro Dio, la rivolta, più o meno
nascosta, contro la sua Volontà e contro le croci ch’Egli ci impone, sono pure
incompatibili con la pace di Dio.
E
tale pace con Dio non consiste soltanto nell’assenza di ogni disunione con Dio,
ma è pure un bene positivo, un dono ripieno di un’ineffabile dolcezza. San
Paolo chiama il Cristo la nostra pace e la nostra riconciliazione, in un senso
del tutto positivo, quale sorgente di luce e di gioia santa.”