“Sento; quindi credo”
Il sentimentalismo religioso è uno dei pericoli più gravi che
minaccia il mondo cattolico e specialmente ecclesiale perché distrugge la Fede
rendendola un atto puramente soggettivo e non più un atto soprannaturale di
adesione dell’intelletto, mosso dalla volontà con l’aiuto della Grazia, alle
verità o Dogmi oggettivi e reali.
Dal punto di vista naturale il sentimentalismo distrugge la
ragione e rende l’uomo un animale istintivo ed emozionale e perciò abbassa la
retta ragione ad un livello inferiore a quello raggiunto dalla metafisica
classica greca, dal diritto e dalla morale naturale romana, riportando la
civiltà europea, che ha le sue origini appunto nella metafisica classica, nel
diritto romano e nella scolastica, al livello primitivo, selvaggio o tribale.
Nel campo religioso si favoleggia di una
pretesa “Chiesa dei poveri”, quando in realtà tra i Discepoli di Gesù ve ne
erano anche di ricchi come Giuseppe d’Arimatea, che gli cedette il suo sepolcro
nuovo dove Gesù fu sepolto e dal quale risorse, e la Chiesa è stata sempre la
Chiesa di tutti, dei ricchi come dei poveri, insegnando ai primi il buon uso
della ricchezza e ai secondi ad accettare ed amare la povertà. È per questo che
si può parlare di (tentata) tribalizzazione della Chiesa, esattamente come il
Sessantotto ha tribalizzato l’uomo contemporaneo rendendolo un selvaggio, un
cavernicolo o “una bestia parlante”. Se Cartesio diceva: “Penso; quindi
esisto”, oggi si pensa e si dice: “Sento, ho emozioni, esperienze; quindi esisto”,
anzi: “quindi credo”.
Infatti l’essenziale è “sentire” soggettivamente qualcosa di
vagamente e astrattamente “spirituale”, che non si identifica in nessuna
dottrina di nessuna Chiesa o Religione positiva, ma emerge dal subconscio di
ogni uomo, il quale sente il bisogno del “miracolistico”, come insegnano Kant (Critica
della Ragion pura) e, sulla sua scia, il Modernismo filosofico (v. San Pio
X, Enciclica Pascendi, 8 settembre 1907). In tal modo tutte le credenze
religiose sono ridotte ad un principio unico: la soggettività della verità e la
relatività di tutte le sue forme e quindi anche del dogma.
In questa ottica non vi sono più eresie, eretici, vera
Religione e false religioni, Chiesa di Dio e sette, ma solo “fratelli
apparentemente separati, ma sostanzialmente uniti” in una “fratellanza
universale”
Il modernismo demolisce tutta la religione cattolica e
non solo qualche suo dogma, onde S. Pio X lo qualifica non un’eresia, ma
“il compendio di tutte le eresie”. Esso infatti sostituisce l’opinione o l’arbitrio
soggettivo del singolo all’autorità del magistero ecclesiastico e della
gerarchia. Onde dall’agnosticismo teologico si passa all’ateismo o addirittura
al nichilismo religioso (vedi “la teologia della morte di Dio”), con la
conseguente abolizione di ogni religione positiva e specialmente di quella
unica vera che è e rimane la cattolico-romana.
Che cosa rimane? Il “primato dell’azione” con i suoi appelli
volontaristici ultimo stadio del modernismo