"L’altro impedimento si manifestava nella mancanza di sapienti e allo stesso tempo intrepidi pastori della Chiesa che fossero pronti a difendere la purezza e l’integrità della fede e della vita liturgica e pastorale, non lasciandosi influenzare né dalla lode né dal timore.
Già il Concilio di Trento affermava in uno dei suoi ultimi decreti sulla riforma generale della Chiesa: “Il santo sinodo, scosso dai tanti gravissimi mali che travagliano la Chiesa, non può non ricordare che la cosa più necessaria alla Chiesa di Dio è scegliere pastori ottimi e idonei; a maggior ragione, in quanto il signore nostro Gesù Cristo chiederà conto del sangue di quelle pecore che dovessero perire a causa del cattivo governo di pastori negligenti e immemori del loro dovere” (Sessione XXIV, Decreto "de reformatione", can. 1).
Il Concilio proseguiva: “Quanto a tutti coloro che per qualunque ragione hanno da parte della Santa Sede qualche diritto per intervenire nella promozione dei futuri prelati o a quelli che vi prendono parte in altro modo il santo Concilio li esorta e li ammonisce perché si ricordino anzitutto che essi non possono fare nulla di più utile per la gloria di Dio e la salvezza dei popoli che impegnarsi a scegliere pastori buoni e idonei a governare la Chiesa”.
C’è dunque davvero bisogno di un Sillabo conciliare con valore dottrinale ed inoltre c’è il bisogno dell’aumento del numero di pastori santi, coraggiosi e profondamente radicati nella tradizione della Chiesa, privi di ogni specie di mentalità di rottura sia in campo dottrinale, sia in campo liturgico.
Questi due elementi costituiscono l’indispensabile condizione affinché la confusione dottrinale, liturgica e pastorale diminuisca notevolmente e l’opera pastorale del Concilio Vaticano II possa portare molti e durevoli frutti nello spirito della tradizione, che ci collega con lo spirito che ha regnato in ogni tempo, dappertutto e in tutti veri figli della Chiesa cattolica, che è l’unica e la vera Chiesa di Dio sulla terra"