L’«ESPERIENZA RELIGIOSA» O
«MODERNISMO» DI MASSA
Gli attuali cosiddetti “movimenti” religiosi, sui quali insipientemente alcuni membri della Gerarchia pongono le loro speranze per il futuro della Chiesa, sono in realtà forme di modernismo popolare, fondati come sono su una falsa “esperienza religiosa” nella quale le virtù teologali sono soppiantate da un sentimentalismo emozionale ed illusorio.
La vera esperienza religiosa
Padre Cornelio Fabro (+1999) nella “Enciclopedia Cattolica” (Città del Vaticano, 1950, voce “Esperienza religiosa”, vol. V, coll. 601-607) spiega che l’esperienza religiosa è un certo “contatto” che la coscienza umana cerca di avere con Dio. Vi è, però, una nozione di esperienza religiosa ortodossa e conforme alla sana teologia ed altre eterodosse.
La nozione ortodossa di esperienza religiosa coincide con la mistica o terza via dei ‘perfetti’, studiata dalla patristica[1], poi dalla scolastica[2] ed infine dai dottori mistici per eccellenza: S. Teresa d’Avila (+1582) e S. Giovanni della Croce (+1591). In tempi recenti il p. Reginaldo Garrigou-Lagrange (+1964) in Perfezione cristiana e contemplazione[3] e ne Le tre età della vita interiore preludio di quella del cielo: trattato di teologia ascetica e mistica[4] ha sistematizzato e sintetizzato la dottrina cattolica sulla natura della vera mistica[5]. La vera esperienza religiosa supera ogni falsa ‘immanenza’, qualsiasi tecnica esoterico-gnostica o filosofia orientaleggiante, per la quale l’uomo si illude di poter giungere all’auto-divinizzazione tramite le proprie forze. Dio, infatti, è Trascendente e quindi naturalmente irraggiungibile perché infinitamente distante da ogni capacità creata, sia angelica che umana. Egli è Creatore libero e Redentore per sua spontanea volontà, da nulla obbligato o necessitato. Dio è ‘presente’[6] in ogni luogo, dunque anche nell’uomo, e non viceversa, come vorrebbe la concezione antropocentrica o immanentistica (v. sì sì no no, 15 febbraio 2010, “teocentrismo o antropocentrismo”), secondo la quale l’uomo è in Dio e coincide necessariamente con Lui.
Oltre la ‘presenza naturale’ di Dio o Onnipresenza (per essenza, potenza e saggezza)[7], vi è una ‘presenza spirituale’ o razionale di Dio nell’intelletto dell’uomo, che, partendo dalle creature, mediante un sillogismo, risale al Creatore come Causa prima e Lo ama di amore naturale. Infine vi è la ‘presenza soprannaturale’ di Dio nell’anima dei giusti, tramite la grazia santificante[8], la quale rende l’uomo realmente partecipe della vita divina. Dio si è Incarnato e ci ha redenti per pura misericordia, la quale esclude ogni tecnica catartica o purificazione iniziatica da parte dell’uomo (v. sì sì no no, “Modernismo e occultismo”, luglio 2009, pp.1-3). Inoltre Dio, essendo Persona, vive una relazione personale ad intra e vuole, ad extra, far partecipare della sua vita le creature ragionevoli.
Ad intra il Padre, conoscendosi, genera il Figlio, Verbo o Idea del Padre; il Verbo a sua volta conosce il Padre e da tale mutua conoscenza nasce un Amore sostanziale e vicendevole, che è lo Spirito Santo, il quale procede (o spira) dal Padre e dal Figlio[9].
Ad extra, mediante la grazia santificante, Dio si rende realmente o fisicamente presente in maniera soprannaturale nell’anima del giusto, il quale conosce Dio tramite la virtù infusa della Fede e Lo ama tramite la virtù soprannaturale della Carità. Dalle virtù teologali di Fede, Speranza e Carità rafforzate dai sette Doni dello Spirito Santo[10] l’uomo può giungere alla mistica o vita unitiva, che è l’unica vera esperienza religiosa. Inoltre Dio Redentore ci offre i mezzi (sacramenti e preghiera) sufficienti per raggiungere l’ unione partecipata e creata (e quindi limitata) con Lui, dandoci la capacità reale di osservare i 10 Comandamenti, dacché “la Fede senza le opere è morta” (S. Giacomo, Epistola, II, 26).
La mistica è lo sviluppo ordinario della vita spirituale, cui tutti i battezzati sono chiamati. Mentre i fenomeni mistici straordinari (visioni, stigmate, levitazioni…) sono del tutto accidentali e non costituiscono la natura della perfezione o santità.
Di per sé la vita soprannaturale o presenza di Dio nell’anima dei giusti non cade sotto la coscienza umana naturale, ma può accadere che, grazie al Dono di Sapienza, si sperimenti la presenza di Dio nell’anima: “Gustate et videte quoniam suavis est Dominus” (Ps. XXXIV, 9); “Jesu dulcis memoria […] sed super mel et omnia Eius dulcis presentia […] expertus potest dicere quid sit Jesum diligere” (S. Bernardo di Chiaravalle). Tuttavia sarebbe un grave errore fare dell’esperienza religiosa un criterio necessario e assoluto della vita spirituale.
Falsa esperienza religiosa
La concezione eterodossa di esperienza religiosa è soprattutto quella del soggettivismo protestantico e modernista.
In religione il Protestantesimo, con Lutero (+1546), ha introdotto il soggettivismo nel rapporto con Dio, così come Cartesio (+1650) lo introdurrà nella filosofia[11] e Rousseau (+1778) nella politica[12]. Martin Lutero rinnegò la ragione e quindi la fede come atto soprannaturale dell’intelletto e della volontà appellandosi alla soggettività della ‘sola Fides’, che non è la virtù teologale quale atto di adesione intellettiva e volontaria alla verità oggettiva da Dio rivelata, ma è una “fede fiduciale”[13], cioè la fiducia soggettiva di salvarsi per sola fede, che in realtà è “presunzione di salvarsi senza meriti”. La fede fiduciale e il ‘testimonium Spiritus Sancti’ coincidono – secondo Lutero – con il sentimento individuale e soggettivo, che per lui è l’unico criterio ed oggetto (che coincide e si perde nel soggetto) della religiosità. Padre Fabro definisce tale teoria come «dissociazione della coscienza dal contenuto oggettivo della Fede» (ivi, col. 603).
In filosofia l’esperienza religiosa è stata elevata a criterio assoluto e indipendente da ogni dato oggettivo dalla modernità laica. Il caposcuola è Kant (+1804), per il quale Dio stesso non è un Ente reale e oggettivo, indipendente dal soggetto umano, ma è solo un postulato della “Ragion pratica”, che sente il bisogno di un’esperienza religiosa della divinità, alla quale la “Ragion pura” o teoretica non può giungere.
Da Kant nasce un duplice indirizzo di pensiero. Uno più filosofico e razionalista: l’idealismo-trascendentale di Fichte (+1814), Schelling (+1854) ed Hegel (+1831), che, seguendo Kant cerca di subordinare la religione alla filosofia soggettivistica; l’altro piuttosto spirituale e misticoide: l’irrazionalismo fideistico di Schleiermacher (+1889) (v. sì sì no no, “Ermeneutica” o pietra d’ inciampo?”, 15 giugno 2009, pp. 6-8)[14] il quale segue Kant specialmente nel privilegiare il sentimentalismo soggettivistico religioso; anzi per Schleiermacher il «sentimento è l’unico criterio della verità» (ivi, col. 603) onde «la Fede è puro sentimento immediato» (ivi).
Tale concezione soggettivistica e sentimentalistica, come vedremo più dettagliatamente nella seconda parte del presente articolo, comincia a prendere con il Modernismo[15] un indirizzo sempre più irrazionalista e l’esperienza religiosa si sostituisce totalmente sia alla retta ragione che alla divina Rivelazione e alla Fede teologale.
Auguste Sabatier (1839-1901) con la sua opera Esquisse d’une philosophie de la religion, (Parigi, 1879) e il protestantesimo francese sono stati la punta di diamante della teoria soggettivistico-irrazionalista, che insiste sul primato della vita e dell’ esperienza religiosa soggettiva sulla ragione speculativa e la Fede oggettiva. L’influsso del Sabatier è stato talmente forte che la teologia evangelico-protestante è stata negli ultimi centocinquanta anni essenzialmente una fenomenologia dell’ esperienza[16].
Maurice Blondel (1861-1949) (v. Sì sì no no, 31 gennaio 1993, pp. 1 ss.) ha introdotto in campo cattolico il soggettivismo e il primato dell’ esperienza religiosa con la nuova definizione di verità quale “adequatio rei et vitae” e non più “rei et intellectus”. Il vitalismo di Henri Bergson (+1941) ha risolto la religione in una esperienza psicologica intima, mentre il pragmatismo, con William James[17] (1842-1910) e l’ americanismo (v. Sì sì no no, 30 aprile 1987 e 31 ottobre 1997) o modernismo ascetico, ha ridotto la religione a sentimento soggettivo erompente dalla ‘subcoscienza’, sprofondando sempre più nell’immanentismo sentimentalista o razionalista e spalancando le porte alla psicoanalisi cabalistico-freudiana[18], resa fenomeno di massa dalla Scuola di Francoforte (v. Sì sì no no, agosto 2009, pp. 1ss.).
FONTE: http://www.sisinono.org/
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[1] Specialmente da S. Ireneo da Lione +202; S. Basilio +379; S. Gregorio Nisseno +395; S. Ambrogio +397; S. Girolamo +420; S. Agostino +430; S. Cirillo d’Alessandria +444; S. Leone Magno +461; lo Pseudo Dionigi +500 circa; S. Gregorio Magno +604 e S. Bernardo di Chiaravalle +1153.
[2] S. Tommaso d’Aquino + 1274, S. Bonaventura +1274.
Secondo l’Angelico il giudizio più alto sulle cose divine è “per modum inclinationis seu connaturalitatis”, che è proprio del settimo e supremo Dono dello Spirito Santo, quello di Sapienza, il quale ci fa sperimentare e gustare la presenza di Dio in noi (cfr. S. Th., I, q. 1, a. 6, ad 9; ivi I- II, q. 68, a. 2, ad 3; ivi, II-II, q. 45, a. 2; In Sent., lib. III, dist., 34-36; Leone XIII, Divinum illud). Tuttavia occorre tener ben fermo che tale esperienza del divino (la quale sarà perfetta solo in Cielo, grazie al Lumen gloriae che ci permette la Visio beatifica Deitatis) non precede la conoscenza razionale dell’esistenza di Dio e di alcuni Suoi Attributi nè la conoscenza soprannaturale per fede di Dio Trino sub ratione Deitatis. Al contrario presuppone la Fede e la perfeziona dopo una lunga vita ascetica (prima via purgativa dei ‘principianti’; seconda via illuminativa dei ‘proficienti’), grazie al Dono di Sapienza. L’esperienza del divino è oggettiva essendo Dio un oggetto reale (ob-jectum) posto innanzi al soggetto umano e quindi indipendente da esso, che l’uomo può conoscere ed amare naturalmente ed anche soprannaturalmente con la Sua grazia. Senza questa oggettività di Dio, della Fede e della conoscenza umana, si cade nel “sentimentalismo emozionale e illusorio” (cfr. C. Fabro, cit., col. 605).
[3] Parigi, 1923, tr. it., Torino, Marietti, 2 voll., 1933, di cui è in corso la ristampa da parte dell’editrice ‘Vivere in’ di Roma-Monopoli. Cfr. G. M. Paparone, La teologia mistica in padre Garrigou-Lagrange, Bologna, ESD, 1999.
[4] Parigi, 1938-39, tr. it., Torino, LICE, 1949, 4 voll., ristampa Roma-Monopoli, ‘Vivere in’, 2a ed., 1989. Le due opere del padre Garrigou-Lagrange sono state riprese e fuse in un ottimo manuale di Teologia della perfezione cristiana dal p. Antonio Royo Marìn, (Roma, San Paolo, 1960, con ristampa anastatica recente). Per finire si può consultare L. Borriello, Dizionario di Mistica, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1998.
[5] Si potrebbe usare anche il termine “immanente”, che è equivalente ad “essere presente in” specificando però che non si tratta di immanentismo panteista e che la presenza divina nel mondo non implica confusione o coincidenza tra Dio e il mondo, né presenza dell’uomo in Dio, ma rinvia alla Trascendenza assoluta dell’Essere infinito sul mondo creato e finito.
[6] Si potrebbe usare anche il termine “immanente”, che è equivalente ad “essere presente in” specificando, però, che non si tratta di immanentismo panteista e che la presenza divina nel mondo non implica confusione o coincidenza tra Dio e il mondo, né presenza dell’uomo in Dio, ma rinvia alla Trascendenza assoluta dell’Essere infinito sul mondo creato e finito.
[7] Dio è presente dappertutto ‘per essenza’ in quanto conserva il creato nell’essere, ‘per potenza’ in quanto aiuta col suo concorso ogni ente ad agire e ‘per saggezza’ in quanto vede tutto, anche le cose più nascoste. Cfr. S. Th., I, q. 8 e q. 43, a. 3 e 6.
[8] Cfr. S. Th., I-II, qq. 110-111; Concilio di Cartagine (418) in DB, 101 ss.; II Concilio di Orange (529) in DB, 174 ss.; Concilio di Trento in DB, 793-843; S. Pio V condanna le ‘Proposizioni di Bajo’ in DB, 1001 ss.; Innocenzo X condanna le ‘Proposizioni di Giansenio’, in DB, 1902 ss.; L. Billot, De gratia Christi, Roma, Gregoriana, 1923; R. Garrigou-Lagrange, La prédestination des saints et la grace, Parigi, 1935; N. Del Prado, De gratia et libero arbitrio, Friburgo, 1907, 3 voll.
[9] Cfr. S. Th., I, q. 27; L. Billot, De Deo Trino, Roma, Gregoriana, 1920, R. Garrigou-Lagrange, De Deo Uno, Parigi, 1938; Id., De Deo Trino et Creatore, Torino, Marietti, 1943; Id., De Christo Salvatore, Torino, Marietti, 1945; Id., Dieu son existence et sa nature, Parigi, 1915, 2 voll; A. Zacchi, Dio, Roma, 2 voll., 1925; M. Daffara, Dio, Torino, 1938; C. Fabro, L’uomo e il rischio di Dio, Roma, Studium, 1967.
[10] Il miglior commentatore di S. Tommaso concernente i Doni dello Spirito Santo è reputato comunemente Giovanni da S. Tommaso (+ 1634), In I-II, q. 68, tr. francese a cura di Raissa Maritain, Les Dons du Saint-Esprit, Parigi, Tequi, 2a ed. 1950.
[11] Cfr. M. Cordovani, Cattolicismo e Idealismo, Milano, Vita e Pensiero, 1928; G. Mattiussi, Il veleno kantiano, Monza, 1907.
[12] Cfr. J. Maritain, I tre riformatori, [1925], tr. it. Brescia, Morcelliana, 1928.
[13] Secondo Lutero per salvarsi occorre aver fiducia di salvarsi e questa sola fiducia, senza le buone opere ci rende predestinati. Di qui il suo “pecca fortiter, sed fortius crede”. Tale convinzione tutta soggettiva di potersi salvare nonostante il male morale e senza il pentimento è in realtà un “peccato contro lo Spirito Santo”, che non può essere rimesso, poiché porta alla “impenitenza finale”, ossia a non voler chiedere perdono a Dio, il quale perciò non ci potrà perdonare e ci condannerà eternamente. Cfr. C. Crivelli, Protestanti e cristiani orientali, Roma, La Civiltà Cattolica ed., 1944; Id., Piccolo Dizionario delle sette protestanti, Roma, La Civiltà Cattolica ed., 1945; Id., I protestanti in Italia, Roma, La Civiltà Cattolica ed., 2 voll., 1940.
[14] F. Scheleirmacher, Dialekitik, Lipsia, Oldebrecht, 1942, § 215, p. 289 sg.
[15] Cfr. C. Fabro, voce “Modernismo”, in “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, 1952, vol. VIII, coll. 1188-1196.
[16] Cfr. F. Ménégoz, Réflexions sur le problème de Dieu, Parigi, 1931.
[17] The varieties of religious experience, Londra, 1902.
[18] Cfr. Ernest Jones, Vita e opere di Sigmund Freud, Milano, Il Saggiatore, 3 voll., 2000; D. Bakan, Freud e la tradition mystique juive, Parigi, Pavot, 1964, tr. it. Milano, 1977; E. Innocenti, Critica alla psicoanalisi, Roma, 4a ed., 1991.