Cosa c'è dietro la crisi delle vocazioni sacerdotali?
E’ da poco terminato l’Anno Sacerdotale indetto da Benedetto XVI, ma purtroppo non sono terminate le polemiche sul sacerdozio cattolico e sulla sua qualità. Offriamo ai nostri amici una circolare pubblicata anni fa che potrebbe tornare utile nell’apostolato che ogni cattolico è tenuto a fare. In questo caso si tratta di un apostolato all’interno dei nostri ambienti, affinché possano essere riviste alcune “posizioni pastorali” che a nostro parere hanno contribuito non poco alla diminuzione del numero dei sacerdoti e anche all’abbassamento della qualità del sacerdozio.
La bellezza del sacerdozio cattolico sta nella sua necessità per la salvezza dell’uomo. Ma quando s’inizia a credere che ogni religione vale l’altra cosa rimane di questa bellezza?
Che ci sia una crisi delle vocazioni è sotto gli occhi di tutti. Che poi si dica che non sia crisi di vocazioni (ed è vero) ma di risposte alla vocazione, non è che cambi molto le cose. Sant’Ignazio di Loyola, che di vocazioni se ne intendeva, tanto che nei suoi Esercizi spirituali ha inserito ben diciassette punti per riflettere seriamente sulla scelta del proprio stato, affermava addirittura che un maschio su tre fosse chiamato al sacerdozio. Certo, non sappiamo se le cose stiano effettivamente così; resta il fatto che siamo su cifre molto, ma molto lontane dalle attuali. Sta prendendo piede la figura del parroco globe-trotter: alle 9 Messa nella parrocchia A, alle 10 in quella B e alle 11.30 in quella C…che la D e la E si arrangino. Ci sono molte parrocchie (non mi riferisco non tanto all’Italia) che il sacerdote lo vedono ormai con il cannocchiale. C’è il diacono Tizio e il diacono Caio che organizzano le cosiddette “paraliturgie”, che, con tutto il rispetto, stanno alla Messa nemmeno come le patate lesse ad un bel piatto di spaghetti alla carbonara. Paragone forse irriverente, ma è per rendere un’idea che in realtà non si può rendere, perchè solo la Messa ha un valore infinito, solo nella Messa è Dio che si offre in sacrificio. Se mettessimo su un piatto della bilancia tutte le preghiere di questo mondo e su un altro una sola Messa, la bilancia sicuramente penderebbe dalla parte della Messa.
Ma torniamo al discorso da cui siamo partiti. Il numero dei sacerdoti è assolutamente insufficiente. E giustamente si cerca di correre ai ripari. Si fanno convegni, piani pastorali, incontri e giornate di preghiera; tutte cose buone…anzi ottime (cosa c’è di più importante della preghiera?), ma si rivelano come “fatiche di Sisifo”, cioè inutili. E questo perché si dimentica una cosa molto importante e cioè che oggi non si sottolinea abbastanza l’esclusivismo salvifico del Cattolicesimo, ovvero che la salvezza è solo nella Chiesa cattolica. Si è invece diffusa quella che può essere chiamata la “sindrome dell’Anas”: ogni strada, se ben curata, è buona per arrivare a destinazione…e così ogni religione, se ben praticata, sarebbe buona per raggiungere la felicità eterna.
Torniamo alla crisi delle vocazioni e riflettiamo. Si può davvero risolvere questo problema senza riproporre l’esclusivismo salvifico del Cattolicesimo? Facciamo un esempio. Un giovane pensa di avere la vocazione al sacerdozio. Sa che si tratterà di una vita di numerose rinunce. Poi gli fanno capire che, in realtà, tutti si salvano indipendentemente dalla religione che si professa. E’ naturale che qualche dubbio gli venga. Ma chi glielo fa fare? Se ogni religione è buona, a che serve il sacerdozio cattolico? Si potrebbe obiettare: ma nessuno deve credersi indispensabile. Verissimo. Ma ciò vale per la propria persona, non per la funzione che si ricopre. Ci spieghiamo. Don Tizio deve essere sì consapevole della sua inutilità (siamo tutti “servi inutili”-Luca 17,10), ma non può ritenere inutile –anzi!- il suo sacerdozio. Lo ripeto: l’inutilità vale per la propria persona non per il ruolo che si ricopre nella Chiesa.
D’altronde la bellezza del sacerdozio cattolico sta proprio nel portare a tutti la Grazia per donare il Paradiso. Leggete queste bellissime parole del Santo Curato d’Ars: “Quando vedete un sacerdote, dovete dire: ‘Ecco colui che m ha reso figlio di Dio e mi ha aperto il cielo per mezzo del santo Battesimo, colui che mi ha purificato dopo il peccato, colui che nutre la mia anima.’ Il sacerdote è per voi come una madre, come una nutrice per il neonato: ella gli dà da mangiare e il bimbo non deve far altro che aprire la bocca. La madre dice al suo bimbo: ‘Tieni, piccolo mio, mangia’. Il sacerdote vi dice: ‘Prendete e mangiate, ecco il Corpo di Gesù Cristo. Possa custodirvi e condurvi alla vita eterna’. Che belle parole! Il sacerdote possiede le chiavi dei tesori del cielo: è lui ad aprire la porta; egli è l’economo di Dio, l’amministrazione dei suoi beni.”
FONTE: i tre sentieri