Pubblichiamo questa bellissima analisi di Magdi Cristiano Allam, il quale si è avvicinato al problema e magari anche intravisto la soluzione: la Chiesa ritorni ad essere se stessa. Una Santa Messa papale in una delle chiese di San Marino con tutto quello che il Papa vuole: altare coram Deo, comunione in ginocchio, silenzio ecc. avrebbe accolto magari meno fedeli, ma che impatto avrebbe dato. Purtroppo però se un Vescovo, quando arriva il Santo Padre, non riempe uno stadio si sente un fallito... E invece così l'idea che passa è che niente è cambiato: le differenze, che pur ci sono, sono dovute - si pensa - al cambiamento tra un Papa e l'altro. È naturale che ognuno ci metta del suo: e così la Comunione in bocca ed in ginocchio e divenuta il "pallino" di Papa Benedetto XVI, e qualcuno tra i fedeli crede che ci si debba inginocchiare perché si va davanti al Papa. E c'è chi glielo lascia credere. Comunque lodiamo la decisione del Delegato per la Liturgia per la Visita del Papa, il quale dopo aver chiesto al Vescovo Diocesano e - pare - anche all'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice ha fatto leggere il seguente comunicato: «In questa domenica della Santissima Trinità, la nostra Chiesa diocesana si ritrova unita con il successore di Pietro per la celebrazione della Santa Messa, fonte e culmine della vita nuova in Cristo. Vogliamo vivere questo momento in comunione con la Chiesa universale, presieduta nella Carità da Sua Santità il Padre Benedetto XVI. Per questo motivo, richiamiamo ora l’attenzione sulle modalità di ricezione della Santa Comunione. (...) I fedeli che, essendosi confessati, si trovano attualmente in stato di Grazia e che dunque, soli, possono ricevere il Corpo Santissimo del Signore, si avvicineranno al ministro loro più vicino. La Comunione , secondo le disposizioni universali vigenti, sarà distribuita solo ed esclusivamente sulla lingua, al fine di evitare profanazioni ma soprattutto per educarci ad avere una sempre maggiore e più alta considerazione del Santo Mistero che è la Presenza Reale di Nostro Signore Gesù Cristo. Non sarà pertanto consentito a nessuno di ricevere la Comunione sulle proprie mani. Dopo aver fatto la debita riverenza, adoreremo l’Ostia che viene successivamente appoggiata sulla lingua. Per chi non fosse impedito per motivi di spazio o di salute, la Comunione può essere ricevuta anche stando in ginocchio».
Il Papa riempie gli stadi, ma le chiese si svuotano
di Magdi Cristiano Allam
di Magdi Cristiano Allam
Wojtyla era un fenomeno mediatico, Ratzinger no. Il suo compito è un altro: combattere il relativismo
Ieri mattina per la prima volta ho assistito alla messa del Papa in uno stadio, quello di Serravalle nella Repubblica di San Marino. L’organizzazione è stata perfetta, l’accoglienza buona con tutti, l’attenzione nei miei confronti particolarmente calorosa. Tutto ha funzionato nel migliore dei modi, compreso il tempo, imprevedibile fino all'ultimo, che è stato clemente, con una temperatura calda mitigata da un venticello.
Ci sono andato innanzitutto per il fascino che Benedetto XVI esercita da sempre su di me per la sua straordinaria capacità di incarnare il binomio indissolubile tra fede e ragione, sin da quando era ancora il cardinale Joseph Ratzinger ed io ero ancora un musulmano che inseguiva il sogno di coniugare l’islam con i valori non negoziabili finendo per diventare il nemico numero uno dei fanatici di Allah in Italia; un fascino che mi ha illuminato dentro culminando nel dono della fede in Gesù e nel regalo incommensurabile del battesimo ricevuto dalle stesse mani del Vicario di Cristo.
Così come ci sono andato per la stima e l’amicizia che mi lega a monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, uno dei pochi alti prelati «islamicamente scorretti» in seno alla Chiesa, un missionario cristiano che con l’apostolato e le opere è votato alla lotta contro la «dittatura del relativismo», come sapientemente la definisce Benedetto XVI, dedito ad affermare la certezza del primato della verità assoluta in Cristo che non lascia pertanto alcun dubbio circa l’esclusione dell’islam dall’essere una religione rivelata o su Maometto dall’essere un autentico profeta ispirato da Dio.
Quando fui inaspettamente invitato quale esperto di questioni islamiche da Bruno Vespa, durante l’agonia di Giovanni Paolo II a pochi giorni dalla sua morte il 2 aprile 2005, a dibattere alla trasmissione Porta a Porta su chi avrebbe potuto essere il successore, mi sorpresi sentirmi rispondere: «Papa Wojtyla è stato il Papa che più di altri è riuscito a riempire le piazze, il suo successore dovrà essere capace di riempire le chiese». Mi sorpresi perché pur non essendo un vaticanista o comunque un esperto della Chiesa cattolica, intuii che il male profondo era il relativismo religioso che aveva trasformato Giovanni Paolo II in una sorta di divo internazionale percepito come affascinante per la sua straordinaria maestria comunicativa capace di farsi amare e di infondere l'amore ovunque nel mondo. Ma al tempo stesso il cristianesimo si riduceva ad essere un fenomeno mediatico, con la conseguenza che è calato l'interesse per la dimensione spirituale, è venuta meno la pratica religiosa dei cattolici e sono crollate le vocazioni. Ho pertanto salutato con gioia e considerato un dono della Provvidenza l'elezione di Benedetto XVI quale paladino della difesa dei dogmi della fede.
Ebbene ieri mi sono sentito in difficoltà percependo un clima da tifoseria nell'accoglienza riservata al Sommo Pontefice al suo ingresso nello stadio, all'inizio e alla fine della Santa Messa. Mi ha colpito il richiamo fatto all'altoparlante da una responsabile dell'organizzazione a non interrompere la cerimonia religiosa con gli applausi. Significativa è stata la sua raccomandazione a non richiedere l'ostia benedetta in mano, di accoglierla direttamente in bocca, per evitare il rischio della «profanazione». Effettivamente constato che in tante chiese in varie parti d'Italia i sacerdoti danno indifferentemente l'ostia in bocca o in mano a secondo della richiesta del fedele. Ebbene se l'indicazione del Papa è che l'ostia va data direttamente in bocca, dovrebbero essere i sacerdoti a saperlo e a farlo. Persino ieri ho visto un sacerdote che, nonostante ci fosse stato un richiamo pubblico, ha dato l'ostia in mano ad un fedele!
L'insieme della cerimonia religiosa è stata uno spettacolo riuscitissimo, con una mirabile sintonia di quattro cori, con l'esercito dei fotografi e teleoperatori che accresce la suggestione per la straordinarietà dell'evento. Ma come fedele il livello della mia partecipazione è stato parziale. È difficile competere, oltretutto in uno spazio immenso, con tenori e soprani. Li si ascolta con ammirazione come si farebbe andando ad un concerto, ma viene meno il coinvolgimento del fedele e il suo sentirsi parte di una comunità dedita alla preghiera e al raccoglimento in vista della comunione con Cristo nato, morto e risorto.
E poi ho avuto la netta sensazione che quel ruolo non si addice proprio al Papa filosofo e teologo impegnato nella sfida epocale contro la dittatura del relativismo. Fa tenerezza e rabbia vederlo chiuso in un gabbiotto anti-proiettile per il pericolo, sempre in agguato, che possa essere assassinato dai terroristi islamici. Ma si tocca con mano il limite personale nell'essere un uomo di spettacolo, capace di affascinare ed entusiasmare per come ti guarda o si muove a prescindere da ciò che dice. Benedetto XVI non lo è e non lo sarà.
Cosa voglio dire? Che se veramente vogliamo vincere la battaglia contro il relativismo religioso e riscattare la solidità della fede in Cristo, non distraiamo il Papa coinvolgendolo in questi spettacoli negli stadi e nelle piazze. Perché più saranno di successo sul piano mediatico e più allontaneranno i fedeli dalle chiese. Il posto del Papa è nelle chiese a diretto contatto con i sacerdoti e con i fedeli, affinché i sacerdoti riscoprano il precetto dell'obbedienza al Vicario di Cristo che hanno sostituito con quello del seguire la propria coscienza, ed affinché i fedeli si sentano confortati dalla bontà della propria scelta di fede in virtù della presenza di testimoni che risultano credibili se ciò che proclamano dal pulpito corrisponde a ciò in cui credono e si traduce in ciò che concretamente fanno.