La riforma della Liturgia Romana
di Klaus Gamber
«La Liturgia Romana è rimasta pressoché immutata attraverso i secoli nella sua
sobria e piuttosto austera forma risalente ai primi cristiani.
Essa s’identifica con il Rito più antico. Nel corso dei secoli, molti
Papi hanno contribuito alla sua configurazione: San Damaso papa (+384), per
esempio, e successivamente soprattutto San Gregorio Magno (+604) […]. La
Liturgia damasiano-gregoriana è quella che è stata celebrata nella Chiesa
latina sino alla riforma liturgica dei nostri giorni. Non è quindi esatto
parlare di abolizione del Messale di “San Pio V”. A differenza di quanto è
avvenuto oggi in maniera spaventosa, i cambiamenti apportati al Missale
Romanum nel corso di quasi 1400 anni non hanno toccato il Rito della
Messa: si è bensì trattato solo di arricchimenti, per l’aggiunta di
feste, di Propri di Messe e di singole preghiere […]. Non esiste in senso
stretto una “Messa Tridentina” o “di San Pio V”, per il fatto che non è mai
stato promulgato un nuovo Ordo Missae, in seguito al Concilio di
Trento, da San Pio V. Il Messale che San Pio V fece approntare fu il Messale
della Curia Romana, in uso a Roma da molti secoli e che i Francescani avevano
già introdotto in gran parte dell’ Occidente; un Messale, tuttavia, che non era
mai stato imposto universalmente, in modo unilaterale dal Papa. […]. Sino a
Paolo VI, i Papi non hanno mai apportato alcun cambiamento all’Ordo
Missae, ma solo ai Propri delle Messe per le singole festività. […]. Noi
parliamo piuttosto di Ritus Romanus e lo contrapponiamo al Ritus
Modernus. […]. L’unico punto su cui tutti i Papi, dal secolo V in poi,
hanno insistito è stata l’ estensione di questo Canone Romano alla Chiesa
universale, sempre ribadendo che esso risale all’Apostolo Pietro. […].
Il rito Romano si può definire come l’insieme delle forme obbligatorie del Culto
che, risalenti in ultima analisi a N. S. Gesù Cristo, si sono
sviluppate nei dettagli a partire da una Tradizione apostolica comune,
e sono state più tardi sancite dall’Autorità ecclesiastica. […]. Un Rito che
nasce da una Tradizione apostolica comune […] non può essere rifatto ‘ex
novo’ nella sua globalità. […]. Ha il Papa il diritto di mutare un Rito
che risale alla Tradizione apostolica e che si è formato nel corso dei
secoli? […]. Con l’Ordo Missae del 1969 è stato creato un nuovo
Rito. L’Ordo tradizionale è stato totalmente trasformato e addirittura,
alcuni anni dopo, proscritto. Ci si domanda: un così radicale rifacimento è
ancora nel quadro della Tradizione della Chiesa? No. […]. Nessun
documento della Chiesa, neppure il Codice di Diritto Canonico, dice
espressamente che il Papa, in quanto Supremo Pastore della Chiesa, ha il
diritto di abolire il Rito tradizionale. Alla ‘plena et suprema
potestas’ del Papa sono chiaramente posti dei limiti […]. Più di un autore
(Gaetano, Suarez) esprime l’ opinione che non rientra nei poteri del Papa
l’abolizione del Rito tradizionale. […]. Di certo non è compito
della Sede Apostolica distruggere un Rito di Tradizione apostolica,
ma suo dovere è quello di mantenerlo e tramandarlo. […]. Nella Chiesa
orientale e occidentale non si è mai celebrato versus populum, ma ci si
è volti ad Orientem […]. Che il celebrante debba rivolgere il viso al
popolo fu sostenuto per la prima volta da Martin Lutero. […]» (Klaus
Gamber, La riforma della Liturgia Romana. Cenni Storici –
Problematica, 1979, tr. it., Roma, Una Voce, giugno/ dicembre 1980).