Il prof. R. de Mattei interviene nel dibattito sul Concilio
(su Riscossa Cristiana del 13-07-2012) Il dibattito che
si è riaperto sul Concilio, dopo la pubblicazione dell’articolo di Paolo
Pasqualucci (Il “discorso critico” che la gerarchia non vuol fare.
Recensione a: Brunero Gherardini, “Concilio Vaticano II . Il discorso mancato.
Ed. Lindau”) e i successivi interventi di Mons. Brunero Gherardini, di P.
Giovanni Cavalcoli e di Cristina Siccardi, si arricchisce ora del contributo del
prof. Roberto de Mattei, che ci ha inviato la seguente lettera, che volentieri
pubblichiamo:
Caro direttore,
associandomi ai recenti interventi di Mons. Brunero Gherardini e
della dott.ssa Cristina Siccardi nel dibattito da Lei aperto su Riscossa
Cristiana, osservo:
Il rev. padre Giovanni Cavalcoli è un valente
teologo, ma sul punto continua a produrre articoli e lettere in cui ripete un
unico ritornello: quello secondo cui i documenti del Concilio Vaticano
II che hanno come oggetto la fede (o la morale) sono infallibili, o quasi, a
causa dell’autorità da cui promanano e della materia di cui trattano. Non basta
però ripetere mille volte un’opinione perché sia vera. E l’opinione teologica di
padre Cavalcoli è in contrasto con l’insegnamento della buona teologia.
Nessun Concilio, infatti, si occupò di questo
argomento come il Vaticano I. La promulgazione del dogma
dell’infallibilità avvenuta con la costituzione Pastor Aeternus del 18 luglio
1870, fu preceduta da un’ampia discussione e da una lunga relazione finale in
cui mons. Vincenzo Gasser, vescovo di Bressanone, chiarì bene requisiti e limiti
dell’infallibilità di un Papa e, di conseguenza, di un Concilio a Lui
unito[1].
Perché una dottrina possa essere considerata
infallibile – spiegò il Relatore – devono verificarsi tre requisiti, nel
soggetto, nell’oggetto e nel modo d’insegnamento:1) che il Papa, con o
senza il Concilio a lui unito, parli come capo della Chiesa universale; 2) che
la materia in cui si esprime riguardi la fede o i costumi; 3) che su
quest’oggetto intenda pronunziare un giudizio definitivo.
Con queste precisazioni mons. Gasser intendeva
rispondere alle numerose obiezioni, soprattutto di carattere storico, dei Padri
conciliari “anti-infallibilisti”. Essi citavano i casi dei Papi Onorio
e Liberio, o del Concilio di Costanza, che, di fatto, si allontanarono dalla
fede ortodossa per negare con ciò il dogma dell’infallibilità. Ma ad essi venne
opportunamente risposto che i Papi e i Concili che avevano errato non lo avevano
mai fatto “ex cathedra”, esercitando la prerogativa della infallibilità. In
questi casi, non si verificarono dunque tutte le condizioni richieste per
l’infallibilità[2]. Se nei casi dei Papi Liberio ed Onorio, nei documenti,
suggellati da approvazione pontificia del Concilio Costantinopolitano I o di
Costanza, vi era stato errore, ciò era dovuto appunto alla fallibilità (o non
infallibilità) di quei documenti.
Non è sufficiente l’autorità che promana un
documento (Papa e/o Concilio), e l’oggetto del Magistero (fede e morale) per
definirlo infallibile (o quasi): è necessario anche un terzo elemento,
il modo di insegnamento. È sufficiente che manchi uno dei tre requisiti indicati
dalla costituzione Pastor Aeternus perché il Magistero non possa essere
considerato infallibile, ma fallibile senza che questo significhi
necessariamente sbagliato. Coloro che vogliono “infallibilizzare” gli atti del
Magistero ragionano esattamente come i negatori dell’infallibilità. Tra questi
sembra essere anche il rev. padre Cavalcoli.
Roberto de Mattei
[1] Mansi, vol. 52, coll. 1204-1232; cfr. in particolare col.
1214.
[2] Umberto Betti, La costituzione dommatica Pastor Aeternus del
Concilio Vaticano I, Pontificio Ateneo Antoniano, Roma 1961, pp. 644-646.