Comunione
sulla mano:
un diritto del fedele?
Il
25 marzo 2004 la Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
ha promulgato l’istruzione Redemptionis Sacramentum, riguardo alcune
cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia. Il suo
alto valore normativo risulta con una certa evidenza dal tono globale ed è
esplicitato dalle parole conclusive:
Questa
Istruzione, redatta, per disposizione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II,
dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti d’intesa
con la Congregazione per la Dottrina della Fede, è stata approvata dallo stesso
Pontefice il 19 marzo 2004, nella solennità di san Giuseppe, il quale ne ha
disposto la pubblicazione e l’immediata osservanza da parte di tutti coloro a
cui spetta.
Premura
del beato Giovanni Paolo II che ne dispose la redazione, era evidentemente di
correggere prassi non pienamente accettabili e di porre argine a veri e propri
abusi circa la Santissima Eucaristia, e ciò spiegando i modi corretti da
adottare in relazione ad Essa. È un’istruzione ricca che merita di essere letta
e studiata interamente, ma al momento un tale studio esula dalle finalità e
dalle capacità di chi scrive. Pertanto ci soffermeremo brevemente su due punti
in particolare, la prassi della Comunione sulla mano e la purificazione dei
vasi sacri.
A
riguardo della prassi della Comunione sulla mano afferma che:
[92.]
Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa
Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei
Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso,
vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si
badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito
l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano
le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la
santa Comunione sulla mano dei fedeli.
E
immediatamente dopo, aggiunge che:
[93.]
È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli,
per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento cada.
Da
quanto affermato nei due punti consecutivi (92 e 93) sembra che si possa affermare
con una certa sicurezza che:
Vi
è un diritto del fedele a ricevere la comunione in bocca.
Vi
è un permesso di riceverla in mano. Si tratta quindi di una facoltà
concessa, una grazia, che per natura sua è ancora lontana dal costituire un
diritto e che, in quanto tale, può essere limitata o addirittura revocata
dall’autorità competente senza detrimento alcuno per la giustizia. Infatti, a
comprova di ciò, il documento subito impone delle limitazioni, come ad esempio
quella di badare con particolare attenzione che il comunicando assuma subito
l’ostia davanti al ministro.
Inoltre,
questa licenza data ai fedeli è soggetta al giudizio ultimo del
Sacerdote che si trova a distribuire il Sacramento. Infatti, il documento
aggiunge che “se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la
santa Comunione sulla mano dei fedeli”.
A
questo punto ci si potrebbe domandare cosa voglia dire il documento con
l’espressione “pericolo di profanazione”. Andando al senso proprio delle
parole, il vocabolario Treccani dona di profanazione due definizioni
affini entrambe attinenti al caso:
1.
Azione con cui si compromette, si offende o si annulla il carattere sacro di
una cosa, un luogo, una persona: la p. del tempio, degli altari, di una sacra
immagine; la p. di una Vestale. 2. In senso estens. e fig., mancanza di
rispetto verso chi o verso ciò che merita riguardo, venerazione.
Torniamo
ora a quanto affermato dall’istruzione: subito dopo aver ammonito di non
distribuire la santa Comunione in mano in caso di pericolo di profanazione,
essa aggiunge che è necessario l’uso del piattino per evitare che la sacra
Ostia o qualche suo frammento cada. Ora, forti del senso proprio del termine
profanazione sopra esposto, notiamo che la perentorietà dell’avviso di cui al
n.93, e il luogo dove è posto, lascia intendere che se non si evita la
possibile caduta di una sacra Ostia o di qualche suo frammento possa in certe
circostanze essere una profanazione. Infatti, un’incuria o anche un semplice
disinteresse della sorte dei suoi piccoli frammenti non sarebbe come offendere
il carattere sacro di essi? Di fatto un vecchio detto popolare recita che l’indifferenza
è il maggior disprezzo. Ciò non sarebbe una mancanza di rispetto verso
Gesù realmente presente anche nel più piccolo frammento?
Per
fare un esempio pratico, adatto al nostro caso, può succedere che il sacerdote
si trovi a dover distribuire particole friabili, ossia ricche di frammenti: in
tali casi, secondo la diretta esperienza dello scrivente, è davvero molto
elevato il pericolo che un frammento rimanga sulla mano del comunicando senza
che questi se ne accorga, oppure che voli via nel breve tragitto che l’Ostia
santa percorre dalla pisside alla mano o dalla mano del comunicante alla bocca.
Questo non solo perché l’uso del piattino, pur essendo necessario,
realisticamente non sempre è possibile ma anche perché, quando c’è, resta
comunque particolarmente difficoltoso usarlo in modo appropriato con coloro che
ricevono la santa Comunione in mano, essendo le mani poste più in basso del
mento e ben più ingombranti e rimanendo comunque congiunte a due lunghe braccia
protese. Non di rado il piattino viene infatti urtato o il ministrante rinuncia
semplicemente di sottoporlo.
Da
quanto esposto, dunque, sembrerebbe che per quanto riguarda il caso suddetto
delle ostie poco compatte e ricche di frammenti, ci si possa trovare nel reale
pericolo di una profanazione di ciò che di più santo e adorabile abbiamo: la
santa Eucaristia, che anche nella più piccola parte contiene Cristo tutto e
integro, in corpo, sangue, anima e divinità.
Tuttavia,
al di là dei casi specifici che si possono verificare, si deve notare che il
giudizio ultimo pratico sulla possibilità di distribuire la comunione
sulla mano, secondo quanto si evince dalla istruzione, compete alla coscienza
del singolo sacerdote, il quale è tenuto a valutare di volta in volta i singoli
casi concreti. Qualsiasi ingerenza o imposizione in merito, potrebbe dunque
sembrare ed essere recepita come un’illegittima violazione del foro interno.
D’altronde, nessun fedele potrebbe pretendere di ricevere la comunione in mano,
in quanto nessuno può reclamare un diritto che di fatto non esiste, e nessun
superiore può imporre questa prassi in modo indistinto, chiedendo quasi una sospensione
del giudizio, poiché nessuno può violare il sacrario della coscienza di un uomo
che appartiene solo al Signore.
p. Francesco M. Budani, FI