Si ha a volte la netta sensazione che una forza estranea, non cattolica, antiromana occupi la nostra vera Patria, la Chiesa; si ha a volte la percezione che si debba darsi alla macchia e cominciare una lotta partigiana, andare in montagna come fecero alcuni valorosi al tempo dell'occupazione nazista; si ma quali montagne raggiungere? Quest'articolo lo dice chiaramente...
La fede in Cristo e la Liturgia
Si ripete continuamente che i nostri sono tempi di confusione religiosa.
Anch'io lo credo, ma dalla confusione non se ne esce se non lo si vuole. Oggi
più che mai molti dei cosiddetti “capi” della Cristianità non sono in grado di
aiutare le persone, presi come sono da una mentalità sempre più secolarizzata.
Dove rivolgersi? Verso la liturgia tradizionale la quale continua a dare la sua
perenne testimonianza ed esortazione.
La liturgia, infatti, non è altro che la fede celebrata, il dogma divenuto
poesia e canto da porgere al cuore dei fedeli. Chi la vive con attenzione non
può non venirne illuminato, se è nell'oscurità dell'ignoranza, o abbeverato, se
ha sete di verità.
Non si contentarono del tradimento, o Cristo, i figli degli ebrei, ma
scuotevano la testa schernendo e beffeggiando. Tu dunque, Signore, rendi loro
secondo le loro opere, perché non hanno compreso la tua condiscendenza.
Né la terra che si scosse, né le rocce che si spezzarono convinsero gli
ebrei, né il velo del tempio né la resurrezione dai morti. Tu dunque, Signore,
rendi loro secondo le loro opere, perché non hanno compreso la tua
condiscendenza” (Ufficio della santa Passione, Antifona 11).
La centralità e insostituibilità di Cristo, la sua unità in seno alla
Trinità, sono condizioni indispensabili per la salvezza del singolo che, a
giusta ragione, può così pregare:
“Unico Padre dell'Unico Figlio Unigenito, e Unica luce, riflesso dell'Unica
luce, e tu che unicamente sei il santo Spirito dell'Unico Dio, essendo
veramente Signore dal Signore; o Triade santa Monade salva me che proclamo la
tua divinità!” (Doxastikon della nona ode del Mattutino del Giovedì prima della
Domenica delle Palme).
Davanti alla fede in Cristo, ci sono state schiere di martiri che giunsero
al disprezzo della propria vita, pur di mantenere intatto il credo della
Chiesa. La liturgia bizantina li celebra continuamente. Ecco un esempio:
“Senza temere né fuoco, né spada né morte, avete mantenuto ferma la
confessione che salva rinvigoriti da Cristo, o beati” (Mattutino del sabato
della terza settimana di Quaresima).
In una sola frase si sottolinea che la confessione della vera fede genera
la salvezza per la quale, opportunamente o inopportunamente, i martiri hanno
dato testimonianza fino alla tragica conseguenza di versare il proprio sangue.
Anche questo fatto, celebrato nella liturgia, diviene esortazione, parenesi e
ricordo da non dimenticare ma, semmai, da imitare.
Nella pratica dei santi, all'ascesi si associa un vero e proprio “eros” per
l'ortodossia della fede: essi sono nemici giurati di ogni comportamento
compromissorio che possa alterare o minimamente corrompere la dottrina. La
liturgia, che trasmette questa tradizione vitale, in tal senso, diviene più
eloquente che mai:
“... Gioisci, sapiente Atanasio, tu che trai il nome dall'immortalità, tu
che hai cacciato dal gregge di Cristo, come un lupo, Ario vaniloquente, colpendolo
con la fionda elastica delle tue dottrine divinamente sapienti. Gioisci astro
fulgidissimo, difensore della Sempre-Vergine, tu che con voce stentorea l'hai
splendidamente proclamata Madre di Dio in mezzo al sacro sinodo di Efeso, e hai
ridotto a nulla le chiacchiere di Nestorio, o beatissimo
Cirillo....” (Doxastikon dei santi al Mattutino).
E ancora, rivolgendosi a san Giovanni Damasceno, polemico verso l'Islam allora nascente, la liturgia insegna che solo la vera fede glorifica Dio, non altre:
"Hai rovesciato con la tua sapienza le eresie, o beatissimo, o sapientissimo Giovanni, e hai donato alla Chiesa una dottrina ortodossa, perché rettamente definisca e glorifichi la Triade, Monade trisipostatica, in una sola sostanza" (Exapostilarion del santo al Mattutino).
E ancora, rivolgendosi a san Giovanni Damasceno, polemico verso l'Islam allora nascente, la liturgia insegna che solo la vera fede glorifica Dio, non altre:
"Hai rovesciato con la tua sapienza le eresie, o beatissimo, o sapientissimo Giovanni, e hai donato alla Chiesa una dottrina ortodossa, perché rettamente definisca e glorifichi la Triade, Monade trisipostatica, in una sola sostanza" (Exapostilarion del santo al Mattutino).
Questa testimonianza donataci ancor oggi da una liturgia tradizionale (in
questo caso quella bizantina) pare essere totalmente oscurata laddove la
liturgia è stata appannata, umanisticizzata e manipolata e i pastori si sono
corrotti alle dottrine mondane di un umanismo dolcificato e irenistico ma
mortalmente letale per la fede. La fortuna di avere ancora oggi queste
tradizioni vive, ci pone in mano un'arma con la quale, conoscendo il vero
spirito della Chiesa, siamo in grado di proteggerci da quanto Chiesa non è ma
la sta invadendo e sovvertendo dal suo interno.
La dottrina di sempre si staglia nella sua solenne immobilità per insegnare
e confermare nella fede chi lo desidera. Nessuna tenebra potrà cancellare tale
luce, nessuna confusione delle menti potrà svigorire la forza di questa
testimonianza.
Il mondo può tremare e crollare, gli ecclesiastici potranno inebriarsi al
vino della mondanità ma le montagne della fede – trasmesseci dalla tradizione
liturgica – sono ancora là. Non resta che raggiungerle.