La verità della filiazione Divina in Cristo, che è intrinsecamente
soprannaturale, costituisce la sintesi di tutta la rivelazione Divina. La
filiazione Divina è sempre un dono gratuito della grazia, il dono più sublime
di Dio per l’umanità. Questo dono si ottiene, però, unicamente attraverso la
fede personale in Cristo e attraverso la ricezione del battesimo, come insegnò
il Signore stesso: «In verità, in verità Io ti dico, se uno non nasce da acqua e
Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è
carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho
detto: dovete nascere dall’alto» (Giov. 3, 5-7).
Nei decenni passati si sentiva spesso – persino dalla
bocca di alcuni rappresentanti della gerarchia ecclesiastica – dichiarazioni
sulla teoria dei “cristiani anonimi”. Questa teoria dice quanto segue: la
missione della Chiesa nel mondo consisterebbe ultimamente nel suscitare la
consapevolezza che tutti gli uomini devono avere della loro salvezza in Cristo
e conseguentemente della loro filiazione Divina. Giacché, secondo questa stessa
teoria, ogni essere umano possiederebbe già la filiazione Divina nella
profondità della propria persona. Tuttavia, una tale teoria contraddice
direttamente la Rivelazione Divina, come la insegnò Cristo e come i Suoi
Apostoli e la Chiesa hanno sempre trasmesso per due mille anni immutabilmente e
senza ombra di dubbio.
Nel suo saggio “La Chiesa dai Giudei e
Gentili” (Die Kirche aus Juden und Heiden) Erik Peterson, il noto
convertita ed esegeta, già da tempo (nel
1933) metteva in guardia contro il pericolo di una tale teoria,
quando affermò, che non si può ridurre l’essere cristiano (“Christsein”)
all’ordine naturale, nel quale i frutti della redenzione, operata da Gesù
Cristo, sarebbero generalmente imputati ad ogni essere umano come una sorta di
eredità, solamente perché egli condividerebbe la natura umana con il Verbo
incarnato. Tuttavia, la filiazione Divina non è un risultato automatico,
garantito attraverso l’appartenenza alla razza umana.
Sant’Atanasio (cf. Oratio contra Arianos II, 59)
ci lasciò una semplice e allo stesso tempo precisa spiegazione della differenza
tra lo stato naturale degli uomini come creature di Dio e la gloria dell’essere
figli di Dio in Cristo. Sant’Atanasio sviluppa il suo
pensiero partendo dalle parole del santo Vangelo secondo Giovanni, che
dice: “Egli ha dato potere di diventare figli di Dio a quelli che
credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere
di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Giov. 1, 12-13). Giovanni usa
l’espressione “sono stati generati” per dire che l’uomo diviene figlio di Dio
non per natura ma per adozione. Questo fatto dimostra l’amore di Dio, poiché
Colui che è loro creatore diviene poi tramite la grazia anche loro Padre. Ciò
accade, come l’Apostolo dice, quando gli uomini ricevono nel loro cuore lo
Spirito del Figlio Incarnato, che grida in loro: “Abba, Padre!” Sant’Atanasio
continua nella sua riflessione dicendo: Come esseri creati gli uomini
possono divenire figli di Dio esclusivamente attraverso la fede e il
battesimo, ricevendo lo Spirito del vero e naturale Figlio di Dio. Precisamente
per questa ragione il Verbo si fece carne, per fare gli uomini capaci
dell’adozione filiale e della partecipazione alla natura Divina. Di
conseguenza, per natura Dio, in senso stretto, non è il Padre degli
esseri umani. Solo colui chi accetta coscientemente Cristo ed è battezzato,
sarà capace di gridare in verità: “Abba, Padre” (Rom. 8, 15; Gal. 4, 6).
Fin dall’inizio della Chiesa esisteva l’asserzione,
come testimonia Tertulliano: “Non si nasce cristiano, cristiano si diviene” (Apol.,
18, 5). E San Cipriano di Cartagine ha accertatamente formulato questa verità,
dicendo: «Non può avere Dio per Padre chi non ha la
Chiesa per Madre» (De unit., 6).
Il compito più urgente della Chiesa ai nostri giorni
consiste nel prendere cura del cambiamento del clima spirituale e del
clima di migrazione spirituale, ovverosia che il clima
della non-fede in Gesù Cristo e il clima di rigetto della
regalità di Cristo si tramutino in un clima di fede
esplicita in Gesù Cristo e di accettazione della Sua regalità, e che
gli uomini possano migrare dalla miseria della schiavitù spirituale della non-fede
alla felicità di essere figli di Dio e dalla vita in peccato
migrare nello stato di grazia santificante. Questi sono i migranti
dei quali dobbiamo urgentemente prendere cura.
Il cristianesimo è l’unica religione voluta da Dio. Pertanto, il cristianesimo non può
mai essere messo in modo complementare accanto alle
altre religioni. Violerebbe la verità della Divina Rivelazione, come
essa è inconfondibilmente affermata nel Primo Comandamento del Decalogo, chi
sostenesse la tesi che Dio vorrebbe la diversità di religioni. Conforme
alla volontà di Cristo la fede in Lui e nel Suo Divino insegnamento deve
sostituire le altre religioni, tuttavia non con forza, ma con una
persuasione amorevole, come lo esprime l’inno delle Lodi della festa di Cristo
Re: “Non Ille regna cladibus, non vi metuque subdidit: alto levatus stipite,
amore traxit omnia” (“Non con la spada, la forza
e la paura Egli sottomette i popoli, ma esaltato nella Croce attira
amorosamente tutte le cose a Se”).
C’è solo una via verso Dio, e questa è Gesù Cristo, giacché Egli stesso disse: “Io
sono la Via” (Giov. 14, 6). C’è solo una verità, e questa è Gesù Cristo,
giacché Egli stesso disse: “Io sono la Verità” (Giov. 14, 6). C’è solo una vita
veramente soprannaturale, e questa è Gesù Cristo, giacché Egli stesso disse:
“Io sono la Vita” (Giov. 14, 6).
Il Figlio di Dio Incarnato ha insegnato che fuori
della fede in Lui non vi può essere una vera religione gradita a Dio:
“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato” (Giov. 10, 9).
Dio ha comandato a tutti gli uomini, senza eccezione, diascoltare Suo
Figlio: “Questi è il Figlio Mio amato: ascoltatelo!” (Mc. 9, 7). Dio non ha
detto: “Potete ascoltare il Mio Figlio o altri fondatori di religioni,
giacché è la Mia volontà che ci siano differenti religioni.” Dio ha
vietato di riconoscere la legittimità della religione di altri dèi:
“Non avrai altri dèi di fronte a me” (Ex. 20, 3) e “Quale comunione può essere
fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione
fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli?” (2 Cor.
6, 14-16). Se le altre religioni corrisponderebbero
altrettanto alla volontà di Dio, non ci sarebbe stato la condanna Divina
della religione del vitello d’oro al tempo di Mosé (cf. Ex. 32, 4-20); allora,
i cristiani di oggi potrebbero impunemente coltivare la religione di un nuovo
vitello d’oro, giacché tutte le religioni sarebbero, secondo tale teoria,
altrettanto gradite a Dio.
Dio diede agli Apostoli e attraverso loro alla Chiesa
per tutti i tempi l’ordine solenne di istruire tutte le nazioni e i seguaci di
tutte le religioni nell’unica vera fede, insegnando loro ad osservare tutti i
Suoi comandamenti Divini e battezzarli (cf. Mt. 28, 19-20). Fin dall’inizio
della predicazione degli Apostoli e del primo Papa, l’Apostolo San Pietro, la
Chiesa ha sempre proclamato che in nessun altro nome c’è salvezza, vale a
dire, non c’è nessun’altra fede sotto il cielo, nella quale gli
uomini possono essere salvati, che nel Nome e nella fede in Gesù Cristo
(cf. At. 4, 12).
Con le parole di Sant’Agostino la Chiesa insegnava in
tutti i tempi: “Solo la religione cristiana indica la via aperta a tutti per la
salvezza dell’anima. Senza di essa non se ne salva alcuna. Questa è
la via regia, perché essa soltanto conduce non a un regno vacillante per
altezza terrena ma a un regno duraturo nella stabile eternità”(De civitate
Dei, 10, 32, 1).
Le seguenti parole del grande Papa Leone XIII rendono
testimonianza dello stesso immutabile insegnamento del Magistero in tutti i
tempi, quando egli affermò: “Il grand’errore moderno dell’indifferentismo
religioso e della parità di tutti i culti è la via opportunissima per
annientare le religioni tutte, e segnatamente la cattolica che, unica vera, non
può senz’enorme ingiustizia esser messa in un fascio con le altre”
(Enciclica Humanum genus, n. 16)
In tempi recenti il Magistero ha presentato
sostanzialmente lo stesso insegnamento immutabile nel Documento “Dominus Iesus”
(6 agosto 2000), dal quale citiamo rilevanti affermazioni:
- “Spesso
si identifica la fede teologale, che è accoglienza della verità rivelata
da Dio Uno e Trino, e la credenza nelle altre religioni, che è esperienza
religiosa ancora alla ricerca della verità assoluta e priva ancora
dell’assenso a Dio che si rivela. Questo è uno dei motivi per cui si tende
a ridurre, fino talvolta ad annullarle, le differenze tra il cristianesimo
e le altre religioni” (n. 7) “Risulterebbero contrarie alla fede cristiana
e cattolica quelle proposte di soluzione, che prospettassero un agire
salvifico di Dio al di fuori dell’unica mediazione di Cristo” (n. 14) “Non
rare volte si propone di evitare in teologia termini come « unicità », «
universalità », « assolutezza », il cui uso darebbe l’impressione di
enfasi eccessiva circa il significato e il valore dell’evento salvifico di
Gesù Cristo nei confronti delle altre religioni. In realtà , questo
linguaggio esprime semplicemente la fedeltà al dato rivelato” (n. 15)
“Sarebbe contrario alla fede cattolica considerare la Chiesa come una
via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni, le
quali sarebbero complementari alla Chiesa, anzi sostanzialmente
equivalenti ad essa, pur se convergenti con questa verso il Regno di Dio
escatologico” (n. 21) “La verità di fede esclude radicalmente quella
mentalità indifferentista «improntata a un relativismo religioso che porta
a ritenere che “una religione vale l’altra”» (Giovanni Paolo
II, Enciclica Redemptoris missio, 36)” (n. 22).
Gli Apostoli e innumerevoli martiri cristiani di tutti
i tempi, specialmente quelli dei primi tre secoli, si avrebbero risparmiati il
martirio se avessero detto: “La religione pagana e il suo culto è una via
che anche corrisponde alla volontà di Dio”. Non ci sarebbe stato, per esempio,
una Francia cristiana, “la figlia primogenita della Chiesa,” se San Remigio
avesse detto a Clodoveo, re dei Franchi: “Non devi abbandonare la tua religione
pagana; puoi praticare insieme alla tua religione pagana la religione di
Cristo”. In realtà il santo vescovo parlò diversamente, anche se in modo
piuttosto brusco: “Adora ciò che hai bruciato e brucia ciò che hai adorato!”
La vera fratellanza universale può esistere solamente
in Cristo, vale a dire tra persone battezzate. La piena gloria della filiazione
Divina sarà raggiunta solo nella visione beatifica di Dio in cielo, come la
Sacra Scrittura lo insegna: «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per
essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci
conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di
Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando
egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come
egli è» (1 Giov. 3, 1-2).
Nessuna autorità sulla terra – nemmeno la suprema
autorità della Chiesa – ha il diritto di dispensare qualsiasi seguace di
un’altra religione dalla fede esplicita in Gesù Cristo, cioè dalla fede nel
Figlio Incarnato di Dio e nell’unico Redentore degli uomini con l’assicurazione
che le religioni differenti sono come tali volute da Dio stesso. Indelebili – perché scritte con il
dito di Dio e cristalline nel suo significato – rimangono, tuttavia, le parole
del Figlio di Dio: “Chi crede nel Figlio di Dio non è condannato ma chi non
crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito
Figlio di Dio” (Giov. 3, 18). Questa verità era valida fino ad ora in tutte le
generazioni cristiane e rimarrà valida fino alla fine dei tempi, indipendentemente
dal fatto che alcune persone nella Chiesa del nostro tempo così instabile,
codardo, sensazionalista e conformista, reinterpretino questa verità in un
senso contrario al tenore delle parole, spacciando con ciò questa
reinterpretazione come continuità nello sviluppo della dottrina.
Al di fuori della fede cristiana, nessun’altra
religione può essere un cammino vero e voluto da Dio, giacché questa è la volontà
esplicita di Dio, che tutti gli uomini credano nel Suo Figlio: “Questa infatti
è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la
vita eterna” (Giov. 6, 40). Al di fuori della fede cristiana nessun’altra
religione è capace di trasmettere la vera vita soprannaturale: “Questa è la
vita eterna: che conoscano Te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù
Cristo” (Giov. 17, 3).
8 febbraio 2019
+ Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare dell’arcidiocesi
di Maria Santissima in Astana