martedì 25 ottobre 2016

ad resurgendum

Speranza o certezza nell'Al di là?
La porta del CIelo
Miei cari lettori, non turbatevi e non stancatevi se ripeto che il nostro Cristianesimo, in Europa Occidentale, è gravemente malato. Non faccio che constatarlo di continuo, ad ogni piè sospinto. Ieri ho partecipato ad un evento luttuoso, evento coperto da molti rischi.

Il rischio di una liturgia banale non c'era: la messa era quella tradizionale (la “tridentina”), fatta con molta pietà e raccoglimento.

Il rischio di un sacerdote secolarizzato non c'era: il buon prete che ha celebrato era quanto di meglio si potesse trovare in tutto il Friuli (e non sto scherzando né facendo un complimento o un'esagerazione), uomo pio, umile e con un profondo senso delle tradizioni.

Il rischio di essere in una chiesa-garage non c'era: la chiesa della celebrazione era un piccolo salotto antico, calda e accogliente.

Insomma, questo evento luttuoso era celebrato con una liturgia che sicuramente Dio ha gradito.

Ciononostante, c'è stato qualcosa che, ad un certo punto, mi ha fatto sobbalzare. L'ottimo prete, in un istante della sua appropriata omelia, ha accennato che “bisogna avere speranza nell'Al di là”. Le mie orecchie hanno sentito la frase ma, più delle orecchie, il mio cuore ha assaporato lo spirito con cui veniva detta. Ho sentito la natura troppo mentale di tale frase: partiva dalla mente, come affermazione frutto di logica, e vi ritornava chiudendosi logicamente su se stessa e facendo leva su un dovere morale di tipo religioso. Era qualcosa di molto piatto. Immediatamente il mio cuore ha sussultato e mi sono detto: “Bisogna avere la speranza nell'Al di là? No! Si ha la certezza nell'Al di là!”.

Coincidenza volle che la sera ho avuto modo di sentire un ottimo amico, intellettuale, storico e filosofo ma, soprattutto, uomo spirituale. Costui, senza sapere di questa mia esperienza mattinale, ha toccato lo stesso tasto. Ho capito, allora, che questo tema era molto importante, fondamentale, al punto che si gioca tutto qui.

Ma perché inconsapevolmente quest'ottimo prete ha parlato di una speranza (di ordine intellettuale) mentre io ho reagito proponendo una certezza? È presto detto.

Nei secoli, all'interno del mondo cattolico c'è stato un progressivo allontanamento e diffidenza dall'esperienza mistica con la quale un animo religioso si accosta al Dio ineffabile e ne percepisce la reale presenza. Questo allontanamento, marcato anche dalla condanna al Quietismo nel XVII secolo, ha accentuato l'impegno nel sociale e l'intellettualizzazione del Cristianesimo. Il Cristianesimo è divenuto sempre più un'agenzia morale (ci si deve comportare “bene” per meritare il Paradiso) e un'accademia teologico-intellettuale. Non meraviglia che Kant abbia estremizzato i termini di un discorso che, logicamente, andava nella sua direzione con la sua opera “La religione entro i limiti della semplice ragione”. Sintetizzo per sommi capi un discorso molto complesso ma, ciononostante, il lettore capirà che qui a rimetterci le penne è proprio l'escatologia Cristiana, l'Al di là stesso. Tutto si esaurisce e si motiva nell'Al di qua.

In un quadro di questo tipo non fa meraviglia che anche un ottimo prete ne esca impolverato, che faccia leva su una concezione morale e si muova su un piano logico-intellettuale.

Al contrario, l'Al di là, come Dio stesso, appartiene alla mistica cristiana, al campo delle percezioni interiori, quelle percezioni che, poi, costruiscono le certezze. In origine la speranza cristiana stessa si fonda su tali certezze al punto che la si può così sintetizzare: siccome io Ti sento per grazia, spero nella tua bontà verso di me, nella possibilità che Tu mi accolga eternamente nella tua gioia.

Ma se prescindiamo dall'esperienza del Divino, quindi dalla prospettiva mistico-spirituale, tutto diviene “dovere” morale, convenzione religiosa, cosa che si “deve pensare”. No, il Cristianesimo non è un pensiero, è un'esperienza. Il pensiero viene dopo e, a mio avviso, non è neppure così importante, dal momento che un pensiero può essere benissimo combattuto con un altro pensiero ma l'esperienza si afferma per se stessa e non può essere contraddetta da nulla. Infatti i farisei potevano pure argomentare contro Cristo, al cieco nato, ma costui gli oppose la forza di un'evidenza esperienziale: "Una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo" (Gv 9, 25). Ecco perché un cristiano provato ha la certezza dell'Al di là, non una sua misera e umbratile “speranza intellettuale” appoggiata a concetti e parole.

Ma se si indica diversamente, se il baricentro della vita cristiana sta altrove, si capisce benissimo che si finisce per giungere ad un quadro generale che, in Occidente, non tiene più e trascina tutto dietro di sé. 
La mistica bizantina, al contrario, ci riporta nella retta prassi, non perché è bizantina o perché è orientale ma perché riporta ad un senso autentico del Cristianesimo, ad una prassi antica, a quanto dovrebbe sempre essere. Con essa si può dire: “Io [o Dio] ti conoscevo per sentito dire ma ora i miei occhi ti vedono” (Gb 42,5).

Se certi ambienti ecclesiali non ci portano fino alle soglie di questa percezione hanno fallito totalmente e non hanno più alcun senso. Al contrario, la Chiesa nella sua vera e intima essenza non può che fondarsi su Dio e sulla sua reale percezione, non può che accompagnare già su questa terra alle soglie del paradiso, dalle fessure delle cui porte intravvediamo luce. Ecco perché sant'Ambrogio si permetteva di contrastare l'imperatore rispondendogli: “O Imperatore voi rendete culto [pagano] a ciò che non conoscete, noi [cristiani], al contrario, rendiamo culto a ciò che conosciamo”. Sicuramente la conoscenza di Ambrogio non era una conoscenza prettamente intellettuale ma intuitivo-spirituale, l'unica che ci permette di avere certezza nelle cose di fede! Si insegna questo nei nostri ambienti e nei nostri seminari? No di certo e i prodotti si vedono dal momento che pure i praticanti sono feriti da lancinanti dubbi e lo stesso papa (ahimé!) giunge a giustificarli affermando  che se non si dubita si è un poco scemotti, vera e propria blasfemìa, questa ...
 
 
 

sabato 22 ottobre 2016

e l'Impero cadde

L'IMPERO ROMANO CADDE A CAUSA DEL DECADIMENTO MORALE (ABORTI, DIVORZI, POCHI NATI, OMOSESSUALITA' SPUDORATA, AUMENTO DELLE TASSE, IMMIGRAZIONE SELVAGGIA... VI RICORDA QUALCOSA?)

Con una piccola differenza: allora i barbari che presero l'Impero non avevano una cultura forte e riconoscevano la superiorità di quella romana, mentre gli odierni immigrati islamici pensano che la cultura superiore sia la loro
Autore: Rino Cammilleri
Già esaurito e in ristampa, il libro dello storico Michel De Jaeghere Gli ultimi giorni dell'Impero Romano che arriva ora in Italia (Leg, pagg. 624, euro 34), è uscito due anni fa in Francia e, là, ha sollevato un putiferio.
Perché? Perché l'autore dimostra che quella civiltà collassò per le seguenti cause:
a) crollo demografico, per far fronte al quale si inaugurò
b) una persecuzione fiscale che
c) distrusse l'economia; allora si cercò vanamente di ovviare tramite
d) l'immigrazione massiccia. Che però si trascurò di governare.

NON FU IL CRISTIANESIMO A ERODERE L'IMPERO ROMANO
Se tutto questo ci ricorda qualcosa, abbiamo azzeccato anche il motivo per cui gli intellò politicamente corretti d'oltralpe sono insorti. La vecchia tesi di Edward Gibbon, che è settecentesca e perciò più vecchia del cucco, forse poteva andar bene a Marx, ma non ha mai retto: non fu il cristianesimo a erodere l'Impero Romano, per la semplice ragione che la nuova religione era minoritaria e tale rimase a lungo anche dopo Costantino. L'Impero cessò ufficialmente nel V secolo, quando i cristiani erano neanche il dieci per cento della popolazione. Solo nella pars Orientis erano maggioranza. Infatti, Bisanzio resse altri mille anni: quelli che combattevano per difenderla erano tutti cristiani. E pure a Occidente erano cristiani soldati (inutilmente) vittoriosi come Ezio e Stilicone.

TUTTO COMINCIÒ COL DECLINO DEMOGRAFICO
Michel De Jaeghere, direttore del Figaro Histoire, fa capire che tutto cominciò col declino demografico. I legionari, tornati a casa dopo anni di leva, mal si adattavano a una condizione di lavoratori che, quanto a profitto, li metteva a livelli quasi servili. Così andavano a ingrossare la plebe urbana, cui panem et circenses gratuiti non mancavano. Le virtù stoiche della pietas e della fidelitas alla res publica vennero meno, e il contagio, al solito, partì dalle élites. Nelle classi alte si diffuse l'edonismo, per cui i figli sono una palla al piede. Coi costumi ellenistici dilagarono contraccezione, concubinaggio e divorzio, tant'è che Augusto dovette emanare leggi contro il celibato. Inutili. Anche perché, secondo i medesimi costumi, l'omosessualità era aumentata in modo esponenziale. Roma al tempo di Cesare aveva un milione di abitanti: sotto Romolo Augustolo, l'ultimo imperatore d'Occidente, solo ventimila. Già nel II secolo dopo Cristo l'aborto aveva raggiunto livelli parossistici e, da misura estrema per nascondere relazioni illecite, era diventato l'estremo contraccettivo. Solo i cristiani vi si opponevano, ma erano pochi e pure periodicamente decimati dalle persecuzioni. Così, ogni volta i censori dovevano constatare che di gente da tassare e/o da mandare a difendere il limes ce n'era sempre meno. Le regioni di confine divennero lande semivuote, tentazione fortissima per i barbari dell'altra parte. Si pensò allora di arruolarli: ammessi ai benefici della civiltà romana, ci avrebbero pensato loro a difendere le frontiere. E ci si ritrovò con intere legioni composte da barbari che non tardarono a chiedersi perché dovevano obbedire a generali romani e non ai loro capi naturali. Metà di loro erano germanici, e si sentivano più affini a quelli che dovevano combattere. La spinta all'espansione era cessata quando i romani si erano resi conto che, schiavi a parte, in Europa c'era poco da depredare. I barbari, invece, vedevano i mercanti precedere le legioni portando robe che li sbalordivano (e ingolosivano). Si sa come è andata a finire.

LA MAZZATA FINALE
Intanto, che fa il fisco per far fronte al mancato introito (dovuto alla denatalità)? La cosa più facile (e stupida) del mondo: aumenta le tasse. Solo che gli schiavi non le pagano, e sono il 35% della popolazione. Gli schiavi non fanno nemmeno il soldato. I piccoli proprietari, rovinati, abbandonano le colture, molti diventano latrones (cosa che aumenta il bisogno di soldati). Il romano medio cessa di amare una res publica che lo opprime e lo affama, e non vede perché debba difenderla. Nel IV secolo gli imperatori cristiani cercarono di tamponare la falla principale con leggi contro il lassismo morale, intervenendo sui divorzi, gli adulteri, perfino multando chi rompeva le promesse matrimoniali. Ma ormai era troppo tardi, la mentalità incistata e diffusa vi si opponeva. Già al tempo di Costantino le antiche casate aristocratiche erano praticamente estinte. L'unica rimasta era la gens Acilia, non a caso cristiana. Solo una cosa può estinguere una civiltà, diceva Arnold Toynbee: il suicidio. Quando nessuno crede più all'idea che l'aveva edificata. Troppo sinistro è il paragone con l'oggi, sul quale, anzi, il sociologo delle religioni Massimo Introvigne in un suo commento al libro di De Jaeghere ha infierito affondando il coltello nella piaga: i barbari che presero l'Impero non avevano una «cultura forte» e riconoscevano la superiorità di quella romana. Infatti, ne conservarono la nostalgia e, alla prima occasione, ripristinarono l'Impero (Sacro e) Romano. Si può dire lo stesso degli odierni immigrati islamici? I quali pensano che la «cultura superiore» sia la loro?

Titolo originale: L'impero romano? Cadde per i pochi nati e i troppi stranieri
Fonte: Il Giornale, 30/09/2016

giovedì 29 settembre 2016

La realtà è di Dio: l'obbligatorietà della Messa. - Editoriale di "Radicati nella fede", Ottobre 2016.


LA REALTA' E' DI DIO:
L'OBBLIGATORIETA' DELLA MESSA.

Pubblichiamo l'editoriale di Ottobre 2016


LA REALTA' E' DI DIO: 
L'OBBLIGATORIETA' DELLA MESSA.
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 10 - Ottobre 2016

 Hanno umanizzato la Messa e poi l'hanno resa facoltativa: potremmo sintetizzare così la tragica parabola discendente del cattolicesimo ammodernato.

 Intanto urge ricordare che la Messa cattolica, quella vera, poggia tutta sulla realtà e non su moti spirituali soggettivi.

 È reale il mondo che non si è fatto da sé; è reale Dio, Creatore e Signore di tutto ciò che esiste. È reale, realissimo, che il mondo, dopo la caduta del Peccato Originale, è salvato da Gesù Cristo. Attenti però: il mondo è salvato da Cristo in modo reale, non retorico cioè per modo di dire; è salvato con una azione storica redentiva: la sua Incarnazione Passione e Morte al Calvario.
 L'azione salvifica di Gesù Cristo poi risponde al realismo della riparazione: Dio è stato offeso in modo inaudito dagli uomini, e solo il Dio fatto uomo può riparare una simile offesa, sostituendosi a noi sulla Croce. La Messa cattolica è la perpetuazione di questa riparazione che salva: Gesù Cristo continua ad offrirsi al Padre in sacrificio propiziatorio affinché per noi ci sia il perdono del Padre; e la propiziazione continua, lungo la storia, su tutti gli altari cattolici del mondo.

  Il cristiano di duemila anni ha vissuto dentro questo realismo che riconosce che tutto è fatto e dipende da Dio; e che tutto può rinascere dopo il peccato solo nel sangue di Cristo offerto.

 È per questo realismo che al centro di tutto il Cristianesimo mise la Messa, e non si sognò mai di renderla facoltativa.
 E il Cristianesimo diffuse la celebrazione della Messa in tutto il mondo facendola diventare il centro della vita degli uomini, delle loro giornate e del loro tempo; la fece il centro della Civiltà umana e non solo della Chiesa. Anche la struttura delle città e dei villaggi fu intorno alle Chiese, perché dentro vi si celebrava quotidianamente la Messa.
 E ogni atto della vita degli uomini fu segnato dalla Messa cattolica.

 Sì, perché la Messa vive di questi due riconoscimenti: Dio Creatore  e Cristo Redentore.

 E il cristiano, ragionevolmente realista, non si è mai sognato che qualcuno, normale di mente, potesse mettere in dubbio che tutta la realtà dipenda da Dio. A tal proposito San Paolo scrive: “Essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa” (Rm 1,21). Il Concilio Vaticano I cita proprio questo brano di San Paolo per ricordare che l'esistenza di Dio può essere riconosciuta con la ragione e che l'uomo è quindi inescusabile quando professa una laicità atea o agnostica.

 Ma qualcosa di strano è accaduto nel mondo cattolico: hanno voluto umanizzare la Messa, e questo realismo è naufragato nel soggettivismo.

 Hanno, ed è evidente nella riforma liturgica di fine anni '60, incentrato la Messa sull'uomo che prega e non su Dio che salva. Hanno così trasformato l'azione di Cristo, che salva dall'abisso, in un incontro personale dell'uomo che cerca Dio. È il grande inganno: la nuova messa diventa un'azione puramente religiosa che nasce da una fede individuale; e non è più principalmente l'azione di Dio che fa esistere il mondo.
 Padre Pio diceva: “Il mondo può stare anche senza il sole, ma non senza la santa Messa”.

 Una messa ridotta a preghiera dell'uomo può benissimo diventare facoltativa, anzi lo è già ampiamente diventata. Una messa così mutilata può essere una delle tante preghiere inventate dall'uomo che cerca Dio, e diventa spaventosamente facoltativa, destinata solo a chi ne sente il bisogno.

 Ma la Messa di Cristo, che sostiene e salva il mondo, facoltativa non lo sarà mai, anche se preti e fedeli moderni inneggeranno alla libertà di coscienza. Non sarà mai facoltativa per l'uomo e per la Chiesa che riconoscono la realtà.

 Le recenti polemiche sulle mancate messe d'inizio anno nelle scuole di stato, in nome della laicità italiana, rivelano pienamente questa crisi.

 È una crisi che nasce tutta in casa cattolica: il cristianesimo ammodernato ha reso tutto spiritualista e soggettivo, per cui gli alunni che riconoscono ancora Dio devono andare a Messa fuori dall'orario scolastico. E magari uno stuolo di ecclesiastici sosterrà che questo è giusto per rispettare le libertà individuali.
 Però questo non sarà mai il cattolicesimo.

 Il cattolicesimo di sempre dice invece che la virtù di religione nasce dalla giustizia: l'uomo che non si è fatto da sé, e che non si può salvare con le sue forze dalla morte, deve pubblicamente compiere il suo omaggio a Dio, rendendogli un culto pubblico. E la ragione deve riconoscere la fondatezza della Rivelazione cristiana, storicamente verificabile, e quindi riconoscere pubblicamente il Dio di Gesù Cristo. Solo così l'uomo sarà giusto.

 Uno stato che rende invece privato tutto questo, non può essere uno stato giusto. Mina al fondamento la possibilità della civiltà; e rende impossibile la cultura, che nasce dall'intelligenza dell'uomo.

  Il mondo può stare anche senza il sole, ma non senza la santa Messa: e la nostra civiltà e cultura sono già finite perché si sono private di questo sole.

 Come ci piacerebbe poter discutere di questo con tanti, che hanno ormai ceduto al fideismo dei nuovi dogmi laici. Ci piacerebbe poterne parlare con i preti, con i genitori cattolici, con i politici, con tutte le persone di buona volontà che stanno rassegnandosi a questa tragica deriva.

 Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli: è chiaro che Nostro Signore Gesù Cristo posa tutto sul riconoscimento della realtà e della Sua presenza, contro tutte le fantasie delle mode ideologiche del momento.

 La Chiesa è posta nel mondo per riportare gli uomini alla realtà che è Dio, non per osannare le libertà individuali.
 La Chiesa è posta nel mondo per porre la centralità e l'obbligatorietà della Messa

mercoledì 7 settembre 2016

6° PELLEGRINAGGIO DELLA TRADIZIONE A OROPA


Riceviamo e pubblichiamo

6° PELLEGRINAGGIO
DELLA TRADIZIONE
A OROPA

Sabato 8 Ottobre 2016


 Rinnoviamo l'invito al Pellegrinaggio annuale della Tradizione ad Oropa. 

 Sabato 8 ottobre ci ritroveremo nella Basilica Nuova per la S. Messa solenne alle ore 10,30. 

 Non lasciamo cadere questo gesto ricco di valore: solo mendicando la grazia di Dio ai piedi di Maria Santissima la nostra fatica può dirsi cristiana.



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Il Santuario di Oropa si trova in Provincia di Biella a 14 Km dal capoluogo.

mercoledì 31 agosto 2016

La Chiesa povera - Editoriale di "Radicati nella fede", Settembre 2016.



LA CHIESA POVERA

Pubblichiamo l'editoriale di Settembre 2016


LA CHIESA POVERA
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 9 - Settembre 2016

 Ogni tanto torna di moda parlare di chiesa povera, per i poveri.

 Si sa che, normalmente, quelli che amano parlare di chiesa povera sono i ricchi, sono quelli che poveri non sono. Chi ha assaggiato la fatica della povertà economica, non ama la povertà e non la augura a nessuno, nemmeno alla chiesa.

 Sono i borghesi che, per rifarsi un'anima a buon prezzo, hanno bisogno di un fremito di commozione sulla povertà altrui, e per un'invidia mista a un laicismo acido pretendono che la chiesa sia economicamente povera.

 Così dicendo non vogliamo affermare che la povertà, non la miseria!, non sia un valore; la povertà è uno dei consigli evangelici, che con la castità e l'obbedienza segna il cammino di perfezione della vita religiosa. E per tutti, anche per chi non è in convento, è da coltivare con estrema attenzione: la sobrietà, la modestia e la morigeratezza quanto sono necessarie alla vita cristiana di tutti!

 Ma a che serve la povertà? A non sperare in se stessi, ma unicamente nella Grazia di Dio.

 Questo è il punto. La povertà, con anche il suo aspetto di sobrietà economica, non serve in se stessa, serve perché rimette l'uomo nella posizione più vera, quella della sua totale dipendenza da Dio. Ed è innegabile che chi è in difficoltà economica, il povero, può capire di più cosa sia questa dipendenza, questo dover sperare in un Altro; e Dio diventa per lui più concretamente Provvidenza.

 Ma questo non è mai automatico; e lo è meno che mai nel mondo odierno post-comunista, che ahimè comunista resta, che ha chiuso la povertà nella prigione della lotta di classe e della lotta per i diritti personali, e così facendo ha ucciso con l'ateismo la povertà; l’ha uccisa, non l'ha risolta!

 Anche la Chiesa non può vivere la questione della povertà come il mondo post-comunista, che resta malato di comunismo.

 Chiesa povera vuol dire chiesa semplice, che non ha altra sicurezza che quella che le viene dalla grazia di Cristo e dalla Divina Rivelazione.

 I poveri non hanno tempo da perdere, non hanno voglia di elucubrazioni pseudo-intellettuali. Per loro la vita urge, devono arrivare al dunque e presto, per mangiare e vivere.

 E non è così anche del cristiano, quando è seriamente impegnato con la vita? Quando si è coscienti che la vita è una lotta drammatica, non si perde tempo, non ci si intrattiene sull'inutile o sul futile, si vuole giungere subito alla questione della salvezza, alla questione della grazia che salva.

 Chiesa povera è allora quella impegnata sul fronte della grazia, sul fronte della salvezza delle anime, con gli strumenti dati da Dio: predicazione e sacramenti.

 Ma l'orizzonte si fa sempre più scuro: dov'è questa Chiesa preoccupata della salvezza delle anime? Sembra che la maggiore parte del clero e del laicato impegnato sia occupata nel servizio al mondo. La predicazione ufficiale parla di pace del mondo, di fraternità universale, di umanità consapevole... un linguaggio degno del mondo massonico e della propaganda marxista di decenni fa.

 No, questa chiesa impegnata in qualcosa d'altro non è una chiesa povera, anche se fa volontariato per i poveri. Non è una chiesa povera, anche se apre a dismisura centri di accoglienza, perché  ha perso la radice della vera povertà, che è sperare solo in Dio.

 “Non possiedo né oro né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo alzati e cammina” (At 3,6) Nel nome di Gesù Cristo... così agisce San Pietro con lo storpio alla porta del tempio, così agisce la Chiesa di sempre difronte ai mali del mondo: dona la grazia che salva, invitando alla conversione, quella vera.

 Quando invece la chiesa si imborghesisce parla dei poveri, ma non vive la povertà che ha come cuore il miracolo della grazia. Parla dei poveri la chiesa ammodernata, ma è borghese nel midollo, perché cerca i mezzi umani per essere come gli altri club sociali. E anche quando parla di grazia di Dio, ne parla come un cappello aggiunto al suo pelagiano impegno tutto umano. Non è una chiesa povera, perché la grazia di Dio, quella che discende dalla Croce di Cristo e dai sacramenti, non diventa mai il principio di giudizio e di azione.

 Eppure saremo salvi se accoglieremo la grazia di Dio, e vivremo di conseguenza.

 Domandiamo a Dio la grazia di vedere tornare la chiesa a questa nobile povertà. Alla povertà coraggiosa che domanda ai peccatori di tornare a Cristo, e a coloro che non lo conoscono ancora di convertirsi a lui, unico Redentore.

 E supplichiamo i pastori legittimi della Chiesa perché ci lascino vivere così: non ci interessano i borghesi che amano avere un po' di commozione per i poveri, no - non ci interessano davvero. Vogliamo vivere da poveri, cioè integralmente cattolici, credendo pienamente nell'efficacia della grazia di Dio; credendo nell'assoluta necessità dei sacramenti; posando la vita sulla potenza della preghiera vissuta e insegnata.
 Ci interessa vivere di questo, e non di altre elucubrazioni pastorali.

 La mia casa sarà casa di preghiera: ecco la chiesa povera.

venerdì 26 agosto 2016

preghiera e penitenza


Preghiera e penitenza
Perseverate nella nuova "crociata del Rosario", "crociata di preghiera e di penitenza"

 

"Contiamo sulla vostra generosità per riunire nuovamente un mazzo di almeno dodici milioni di rosari:

perché la Chiesa sia liberata dai mali che la opprimono o che la minacciano in un prossimo futuro;

perché la Russia venga consacrata e giunga presto il Trionfo dell'Immacolata".

Precisa le sue intenzioni con queste parole: "affinché

questa prova terribile sia abbreviata;

la cappa modernista che circonda la Chiesa – almeno dal Vaticano II – venga strappata;

le Autorità svolgano il loro ruolo salvifico presso le anime;

la Chiesa ritrovi il suo splendore e la sua bellezza spirituale;

le anime del mondo intero possano udire la Buona Novella che converte, ricevere i Sacramenti che salvano ritrovando l'unico ovile". 

 


 


Cari Amici e Benefattori, L’entusiasmo che constatiamo nel mondo intero per la nostra Crociata del Rosario ci riempie di consolazione e ci incita a ritornare ancora una volta su questo soggetto con voi. Se sollecitiamo il Cielo con questa moltitudine di Ave Maria è sicuramente perché l’ora è grave. Abbiamo la certezza della vittoria della Madonna poiché Ella stessa lo ha promesso, ma gli eventi che si sono succeduti da circa un secolo, da quando questo trionfo è stato annunciato a Fatima, ci obbligano a supporre che altri mali potrebbero ancora colpire l’umanità prima di questa vittoria Eppure il messaggio dato a Fatima dalla Madre di Dio era molto semplice: se il mondo non si convertirà sarà castigato, «ci sarà una seconda guerra, più terribile della prima». Il mondo non si è convertito e la risposta di Dio non si è fatta attendere a lungo. Dalla Seconda Guerra Mondiale il mondo non si è ancora convertito. Se si pensa che la Russia si è convertita, bisognerebbe allora spiegarci in che cosa essa si è convertita, e a chi... al liberalismo economico? Dopo quasi cent’anni, costatiamo che il mondo non è certamente divenuto migliore, al contrario. La guerra di coloro che non hanno la fede continua in maniera più aspra, ma ha preso un aspetto del tutto inatteso: la demolizione prosegue in particolare grazie ad una sovversione, un’infiltrazione interna alla Chiesa. La Santa Chiesa, nostra Madre, si sta trasformando in un ammasso di rovine spirituali, mentre la facciata esterna ancora si mantiene più o meno bene, ingannando così la moltitudine sul suo stato reale.Pochi uomini, molto pochi purtroppo, comprendono che la terribile crisi della Chiesa dal Concilio Vaticano II è una punizione più terribile di tutte le altre, poiché questa volta la catastrofe è spirituale; ciò che è ferito, ciò che è ucciso senza rumore e in un’indifferenza peggiore della morte, sono le anime. La perdita della grazia in un’anima è la catastrofe più terribile che possa capitare, ma non fa rumore sensibile, non si percepisce. E la voce delle sentinelle ha taciuto. L’appello alla conversione, alla penitenza, alla fuga dal peccato, dalle tentazioni e dal mondo, ha ceduto il posto ad una compiacenza o almeno ad una simpatia verso il mondo. C’è una vera volontà di fare la pace con il mondo moderno. La missione di salvezza ha ceduto il passo ad una nuova sorta di missione umanitaria; si tratta di aiutare gli uomini di tutte le condizioni, di tutte le religioni a vivere bene e insieme sulla terra. Non c’è alcun dubbio: tutto ciò che riguarda il messaggio della Madonna a Fatima, ciò che è chiamato il “segreto di Fatima”, non è un argomento chiuso. Sicuramente quello che viviamo è necessariamente iscritto in quell’insieme di eventi che terminerà alla fine con il trionfo di Maria. Come questo avverrà? Come lo vedremo? Sappiamo in ogni caso che ciò avverrà attraverso la conversione della Russia, secondo le parole stesse della Madonna. Nel 1917 a Roma gli empi celebravano i 200 anni della Massoneria e i 400 anni del Protestantesimo, con delle sfilate particolarmente virulente contro la Santa Sede. I manifestanti vociferavano e proclamavano il regno di Satana sul Vaticano ed il Sommo Pontefice. Ancora seminarista,

 

 Massimiliano Kolbe assisteva a questi dolorosi eventi e diceva: «Quest’odio mortale contro la Chiesa di Gesù Cristo e contro il suo Vicario non è una semplice ragazzata di individui disturbati, ma un’azione sistematica che viene dal principio della massoneria: “distruggete ogni religione qualunque essa sia, soprattutto la religione cattolica”» (Pisma Ojca Maksymiliana Marii Kolbego franciszkanina, Niepokalanow, maszynopsis, 1970). «È possibile che i nostri nemici debbano dispiegare tanta attività, fino ad avere la superiorità, mentre noi restiamo senza far niente, tutt’al più applicati a pregare, senza metterci all’opera? Non abbiamo forse delle armi più potenti, la protezione del Cielo, della Vergine Immacolata? L’Immacolata, vittoriosa e trionfatrice su tutte le eresie, non cederà il posto al nemico che rialza la testa, se troverà dei servitori fedeli e docili ai suoi ordini: riporterà nuove vittorie più grandi di tutto quello che si può immaginare. Dobbiamo divenire strumenti docili tra le sue mani, impiegando tutti i mezzi leciti, introducendoci dappertutto con la parola, la diffusione della stampa mariana e della medaglia miracolosa, valorizzando la nostra azione con la preghiera e con il buon esempio» (Testimonianza del P. Pignalberi riportata nel processo di beatificazione). Egli fondò la Milizia dell’Immacolata soltanto qualche giorno dopo l’apparizione del 13 ottobre della Madonna a Fatima, quando si verificò il grande miracolo del sole. Sarà infatti il 16 ottobre che, con sei compagni di seminario, si consacrerà al Cuore Immacolato di Maria per ricondurre a Dio il mondo intero per mezzo dell’Immacolata.Quando si considera il legame fra il messaggio di Fatima e la risposta del francescano polacco, non si può che essere impressionati, leggendo il suo atto di consacrazione: «O Immacolata, Regina del cielo e della terra, rifugio dei peccatori e Madre nostra amorosissima, cui Dio volle affidare l’intera economia della misericordia, io N. …, indegno peccatore, mi prostro ai tuoi piedi supplicandoti umilmente di volermi accettare tutto e completamente come cosa e proprietà tua, e di fare con me e con tutte le facoltà della mia anima e del mio corpo, con la mia vita, morte ed eternità, ciò che ti piace. Disponi pure, se vuoi, di tutto me stesso senza alcuna riserva per compiere ciò che è stato detto di te: “Ella ti schiaccerà il capo” (Gn 3, 15), come pure: “Tu sola hai distrutto tutte le eresie del mondo intero” (Ufficio della B.V. Maria), affinché nelle tue mani immacolate e misericordiosissime io divenga uno strumento utile per innestare ed incrementare il più fortemente possibile la tua gloria in tante anime smarrite e indifferenti e per estendere, in tal modo, quanto più è possibile il benedetto Regno del Sacratissimo Cuore di Gesù. Dove tu entri, infatti, ottieni la grazia della conversione e della santificazione, poiché ogni grazia scorre attraverso le tue mani dal Cuore dolcissimo di Gesù fino a noi» (Scritti di Massimiliano Kolbe, Nuova edizione volume unico, ENMI, Roma 1997). Con tale spirito, cari fedeli, noi abbiamo lanciato questa Crociata del Rosario. Ma la preghiera non ne è che una parte. Non dimentichiamo gli altri due elementi che sono anch’essi molto importanti: la penitenza e la devozione al Cuore Immacolato di Maria. Vogliamo riparare con la mortificazione le ingiurie fatte a Maria; vogliamo, in unione con il suo Cuore Addolorato, associarci il più strettamente possibile al Sacrificio della Croce di Nostro Signore, poiché è in esso che si realizza la nostra salvezza. Siamo così nel cuore del messaggio di Fatima: «Dio vuole introdurre la devozione al mio Cuore Immacolato». Forse non si insiste abbastanza su quest’ultimo aspetto, che a noi sembra ancora più importante della consacrazione della Russia, e che è la seconda condizione indicata da Maria al Papa per il suo trionfo: consacrare la Russia e promuovere la devozione al suo Cuore Immacolato. 

Gli insegnamenti di Lourdes sono la penitenza e la preghiera, in particolare il S. Rosario per la conversione dei peccatori. Ecco due brevi citazioni che ci fanno compredere la gravità del peccato. «Bernadette si era inginocchiata un poʼ al di sotto della volta. Coloro che lʼaccompagnarono la videro rattristarsi di nuovo. Su che cosa lʼaveva intrattenuta la Santa Vergine? Bisogna concludere, considerando ciò che seguì, che ella fece passare sotto gli occhi della sua pura confidente il quadro spaventoso dei peccati degli uomini e lʼurgenza di sante espiazioni. Bernadette, in lacrime, si rialzò e con le mani giunte sulla sua corona del rosario, sembrò volersi rivolgere alla folla. Infatti, le persone più vicine poterono sentire la sua voce durante lʼestasi. Una parola ritornava sulla sua labbra tremanti: “Penitenza... penitenza... penitenza!”. La parola passò da persona a persona». Bernadette aveva visto piangere la “Signora” di Massabielle sul peccato e i peccatori, ella ignorava lʼalfabeto, ma aveva capito il gran dovere della riparazione e della preghiera.

Il 17 luglio 1917 a Fatima in Portogallo, la Madonna fece vedere lʼinferno a tre bambini: Francesco, Giacinta e Lucia, e poco dopo aggiunse: «Avete visto lʼinferno dove vanno le anime dei poveri peccatori. Per salvarle Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se farete quello che vi dirò, molte anime si salveranno ed avranno pace. La guerra sta per finire, ma se non smetteranno di offendere Dio, nel regno di Pio XI ne comincerà una peggiore». La S. Vergine apparendo più volte in ospedale a Giacinta le disse diverse cose tra le quali ricordiamo: «Verranno certe mode che offenderanno molto Gesù... I peccati che portano più anime allʼ inferno sono i peccati della carne... Se gli uomini sapessero ciò che è lʼeternità farebbero di tutto per cambiar vita».

 Che la Madonna del Rosario, il Cuore Immacolato di Maria vi protegga e vi benedica.

 + Bernard Fellay

 Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X


 

venerdì 19 agosto 2016

qualcosa che è in piena decomposizione


 

distruzione di una chiesa in Francia
«Provate, staccate il crocifisso, fate scendere dal suo piedistallo la statua della Vergine Immacolata, chiudete il tabernacolo e dalle vostre scuole fate uscire Gesù Cristo. Uscirà, questo divino proscritto; ma non uscirà da solo. Dietro di Lui se ne andranno il pudore, il rispetto, la pietà filiale e l'amor di patria. E sapete cosa resterà? Prima di tutto rimarrà l'impudicizia e, con l'impudicizia, un'immoralità il cui flusso impuro crescerà sempre di più perché non ci sarà più una diga. In effetti, l'esperienza quotidiana è che la barbarie sta arrivando. Non siamo che all'inizio, ma aspettate ancora dieci anni, dieci anni di scuola senza Dio, ossia senza legge e senza fede, e allora potrete chinarvi e guardare qualcosa che è in piena decomposizione: sarà la Francia di quei tempi»

Mons. Louis Baunard, 1828-1905
 
Il Signore, d'altronde, ci aveva già avvisato: «Senza di me non potete far nulla» (Vangelo san Giovanni, cap. 15, v.8).

sabato 6 agosto 2016

Katéchon cercasi

Doppiamente vittima
Don Jacques Hamel è stato vittima non soltanto dei due fanatici musulmani a piede libero che lo hanno sgozzato durante la Messa lo scorso 26 luglio. Ora il suo martirio viene sfruttato dai centri di potere mondialisti e dai chierici loro servi per imprimere una nuova spinta alla studiata strategia del sincretismo religioso e della confusione delle identità. Vien da pensare che il barbaro assassinio del sacerdote ottuagenario sia stato pianificato a tavolino, visti la prontezza con cui le autorità supreme dell’Islam francese si sono autoinvitate a Messa e il servilismo con cui i presuli trans- e cisalpini hanno accettato l’ordine di invasione delle nostre chiese nel giorno del Signore da parte di chi Lo nega come Figlio di Dio e senza sosta attacca la fede cristiana in questo punto preciso. Ben felici di poter recitare le loro bestemmie nel cuore del culto cattolico, gli imam non si sono fatti sfuggire l’occasione in barba alla proibizione coranica, che la giurisprudenza sospende soltanto nel caso in cui presenziare a riti di infedeli possa attirare adepti all’Islam.


Un capo musulmano non può certo essere sincero con chi, secondo le sue convinzioni, va per forza convertito o sottoposto a tributo: egli non ne ha né avrà mai alcuna stima, così come non ne ha di quanti già gli sono soggetti e devono unicamente obbedire alle sue direttive; che siano consenzienti o meno non ha la minima importanza, basta eseguire meccanicamente dei precetti. Poi uno può pure sgozzare la moglie perché ha scambiato con altri uomini qualche messaggio col cellulare, come avvenuto in questi giorni in Francia; è un affare privato, la donna era sua proprietà. Figuratevi che stima e rispetto quel capo potrà avere per noi cristiani e per il nostro culto, che proclama al più alto grado ciò che per lui è una gravissima bestemmia: che Dio abbia un figlio e che quest’ultimo si sia fatto uomo per morire su una croce. Ma quanti preti e fedeli credono ancora realmente alla divinità di Cristo? Non sarà mica per questo che tanti non trovino nulla di sconvolgente nella profanazione di domenica scorsa, ma ne siano anzi entusiasti?


Secondo la teoria della finestra di Overton, è in questo modo che il potere impone surrettiziamente cambiamenti sociali e culturali al fine di condurre le masse verso situazioni nuove ma artificiali, innaturali, contrarie alla realtà delle cose, facendole a poco a poco percepire come fatti dapprima ammissibili, poi doverosi e infine obbligatori. Dagli incontri di “preghiera” interreligiosi sono arrivati al coinvolgimento di musulmani nella santa Messa – quando invece, nei primi secoli, anche i catecumeni ne erano allontanati dopo l’omelia. Quale sarà la prossima tappa del programma? Che i maomettani usino sistematicamente le nostre chiese come moschee, come già è loro concesso da alcuni parroci zelatori della cultura dell’incontro? Ciò che è certo, in ogni caso, è che d’ora in poi sarà impossibile far comprendere ai nostri fedeli – specie ai giovani e ai bambini – le differenze essenziali tra l’unica vera fede e le false credenze, come già la necessità di una piena appartenenza alla Chiesa Cattolica ai fini della salvezza eterna.


Anche la storia cristiana va riscritta da cima a fondo in conformità al nuovo credo. Come ho potuto apprendere dalla recita conclusiva dell’oratorio estivo in un ridente villaggio lombardo, il grande santo di Assisi (dopo aver lasciato tutto perché aveva trovato la sua felicità ad aiutare i poveri) andò da Saladino per cercare di porre fine alla guerra tra cristiani e musulmani. San Bonaventura, dal canto suo, narra con dovizia di particolari [qui] la sfida lanciata da san Francesco al sultano allo scopo di mostrargli la verità della fede cristiana e di provocarne la conversione; ma questa è di certo una rilettura ideologica successiva: il Poverello non poteva parlare che di pace. Queste idee, nella mente di un bambino, diventano certezze indiscutibili che si sedimentano poi come un tappo ermetico a qualsiasi tentativo di mostrargli la realtà storica; chi in seguito ci proverà sarà da lui guardato di sottecchi con sospetto o ironia: un povero matto o un invasato di destra… Come convincerlo, più a monte, che il brillante figlio di Pietro Bernardone cambiò vita perché sedotto da Cristo, piuttosto che per ragioni sociologiche e con una motivazione puramente soggettiva?


Nella stessa parrocchia, una conferenza sull’emergenza dell’ideologia gender e delle “unioni civili” ha suscitato diffidenza e prevenute prese di distanza: un’iniziativa politica non dovrebbe essere ospitata in chiesa. Un gruppo di famiglie cattoliche con numerosi figli e il loro relatore hanno così ricevuto un’accoglienza ben meno calorosa di quella che, altrove, è stata riservata agli islamici: troppo identitari, schierati, portatori di divisione, restii a quell’inclusione misericordiosa di cui, secondo il segretario dei vescovi italiani, sarebbe stato maestro Abramo. Dato che il soggetto in questione non può essere così ignorante da non conoscere la storia biblica, siamo di fronte a un’altra evidente mistificazione, come quella già subita da san Francesco. Quella gente ha tanta stima dei giovani che li tratta da perfetti cretini; se poi non fossero abbastanza informati sul sesso, eccoli a distribuire opuscoli a centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze che, passando una calda notte estiva ammucchiati su un prato, non devono averla occupata tutti solo sgranando rosari…


I nostri presunti Pastori si sono venduti al nemico, agitandosi come banderuole per assecondarlo in tutto come gira il vento. «Vattene, Satana», ha ripetuto più volte l’esangue don Jacques sul punto di  rendere l’anima a Dio. Possiamo facilmente immaginare che cosa il nemico del genere umano gli stesse sibilando nella mente: «Vedi come ti lascia crepare Colui che hai servito per tutta la vita? Peggio di un cane, proprio te che, con i tuoi ottantasei anni, ti ostinavi a rinnovare ogni giorno quell’atto che ha segnato la nostra rovina e ogni volta ci infligge una nuova sconfitta… Guarda come ti sta ricompensando: che aspetti a rinnegarlo?». Bisogna che noi ministri veniamo a trovarci tutti in una situazione del genere per respingere il diavolo e le sue seduzioni? Se tutte le religioni sono uguali e chiunque si salva senza fede né opere, i beni eterni non valgono un bel nulla e la Chiesa diventa un’organizzazione umanitaria che aiuta la gente a vivere meglio su questa terra. Se Dio non richiede almeno il desiderio della salvezza in chi, senza sua colpa, non conosce Cristo Salvatore, bisogna concludere che Egli la imponga anche a chi non la vuole, in modo ingiusto e arbitrario. Ciò non è degno né di Lui né dell’uomo.


Nessuno, ovviamente, fa di queste affermazioni in modo esplicito, ma certe azioni parlano molto meglio dei discorsi: in fin dei conti, il messaggio che è passato domenica scorsa è proprio questo. Molti chierici e religiosi, in realtà, sono stati formati in modo da odiare la Chiesa Cattolica e la sua storia per quello che sono, contrapponendo ad esse un ideale astratto e una revisione storica di chiara impronta marxista. Non cediamo però all’amarezza né allo scoraggiamento: sarebbe una mancanza di fede in Colui che tiene il mondo nelle mani e dirige la storia in modo infallibile. «Sono stati confutati e sono arrossiti tutti: insieme se ne sono andati in confusione i fabbricanti di errori. […] Verranno al Signore e saranno confutati quanti gli si oppongono» (Is 45, 16.24 Vulg.). Nella traduzione di san Girolamo, il profeta vede la futura vittoria di Dio come un fatto compiuto: la fede ci fa vedere già realizzato quanto da Lui promesso. Preghiamo perché non debba scorrere troppo sangue prima che, nel Suo stesso Popolo, si cominci a rinsavire, a cominciare dalle guide.
 

lunedì 1 agosto 2016

"Profetico" è ciò che sta al definitivo e non al cambiamento - Editoriale di "Radicati nella fede", Agosto 2016.



"PROFETICO" E' CIO' CHE STA AL DEFINITIVO 
E NON AL CAMBIAMENTO

Pubblichiamo l'editoriale di Agosto 2016


"PROFETICO" E' CIO' CHE STA AL DEFINITIVO 
E NON AL CAMBIAMENTO
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 8 - Agosto 2016

 Profezia è vivere il definitivo e non ciò che cambia.
  Profezia è fedeltà al dogma e non ai tempi.

  Ti vogliono schiacciare in una falsa alternativa tra chi vorrebbe la Chiesa del passato e chi quella del futuro. No, noi vogliamo la Chiesa di sempre, che è quella del passato del presente e del futuro.

  È opprimente questo clima instauratosi nella Chiesa cattolica, che continua a porre un falso problema, quello della alternativa tra passato e futuro, schiacciando la coscienza dei cattolici in costruiti sensi di colpa, se si attardano al passato e non si adattano ad un presente rivoluzionario, che dovrebbe preparare il futuro. Ed è su questi sensi di colpa che annullano una giusta resistenza ai continui cambiamenti, che stanno smantellando la Chiesa.

  Ci dicono che non dobbiamo essere nostalgici, che la chiesa di un tempo non tornerà, che dobbiamo riprogrammarci per una chiesa del futuro; e per preparare la chiesa del futuro ci impongono di “togliere” molte delle cose che hanno fatto la solidità di generazioni di cristiani. È lo smantellamento, dolce o violento secondo le circostanze, di ciò che c'è ancora di stabile nel cattolicesimo, i dogmi - i comandamenti - la disciplina dei sacramenti - la funzione della gerarchia. Ma questo smantellamento non avviene con violenza, come nella rivoluzione protestante che eliminò verità di fede, gran parte dei sacramenti e il sacerdozio gerarchico. No, non avviene con una riforma esplicita, che si dichiarerebbe da se stessa eretica, ma avviene con la tattica della “fluidità”.

  Eh sì, è proprio così, tutto viene reso fluido, non negato, per essere cambiato. È la tattica del modernismo, è il modernismo pratico, che da dentro porta alla metastasi il cancro nella chiesa.

  E come ti rendono fluido il cattolicesimo, i suoi dogmi e la sua morale? Con il super dogma della Chiesa profetica.

  Non se ne può proprio più! Ogni volta che fai presente che si stanno dimenticando le verità rivelate, che si sta concedendo diritto di esistenza al peccato mortale, che si sta favorendo il sacrilegio nell'amministrazione dei sacramenti, che si sta sostenendo l'indifferentismo facendo credere che tutte le religioni vadano bene; ebbene, tutte le volte che sollevi questo doloroso problema, ti viene detto che devi accettare che la chiesa si apra al futuro, che devi accettare che la chiesa sia profetica non ripetendo il passato, ma cambiando continuamente.

  La stessa cosa accade quando si fa notare che questi cambiamenti, ammesso che non siano contro la Rivelazione divina (ma lo sono in evidenza, basta usare la ragione per capirlo!), non hanno nemmeno prodotto un incremento di vita cristiana, ma hanno svuotato definitivamente le chiese: anche qui ti dicono che il mutamento fa parte dell'instaurazione della chiesa del futuro, una chiesa con pochissime messe, pochissimi sacerdoti, con sacramenti generalizzati e alternativi, pronta sempre a ripensare se stessa in funzione della società che cambia. Ed ecco la chiesa del futuro, la chiesa fluida per un cristianesimo fluido.

  Ma la profezia non è questa cosa qui, questa è una schifezza inventata dai nipoti dei modernisti classici, che stanno portando alla distruzione ciò che ancora resta del cattolicesimo.

  La profezia invece è riferimento al fondamento che è Cristo.

  Profeti si è in riferimento all'opera di Dio in Gesù Cristo: profeta è chi vive tutto in Dio; chi sa che “la realtà invece è Cristo” e, vivendo dentro il mondo, fa della sua esistenza un richiamo per gli uomini, che vivono l'ingannevole illusione di una vita fuori dalla grazia del Signore. Profeta è chi è stabilito sulla roccia della fede cattolica, della fede trasmessa una volta per tutte ai santi, e sa che il futuro dipende dall'obbedienza, in tutto, al Dio che si è rivelato in Gesù Cristo.

  La profezia sta al fondamento dato, non al cambiamento. La profezia sta alla regola, non alla confusione. La profezia sta all'obbedienza a Dio e non ai tempi che cambiano. Per questo i monaci, gli uomini della regola, furono profeti per il loro tempo ed edificarono la cristianità, cercando solo Dio.

  La profezia sta alla definitività che è Cristo e alla definitività della vita eterna, altro che al cambiamento!
  Occorre avere una chiara consapevolezza di questo, per non essere ricattati moralmente dai modernisti pratici, che affollano ciò che resta della struttura della chiesa: la abitano da padroni per ultimarne lo smantellamento, e poco importa se ne sono coscienti o no.

  La chiarezza sulla falsità dell'idea di Chiesa profetica, deve portare a considerarne tutta la portata distruttiva. Questa caratterizzazione di “profetica” coinvolge tutto e tutto distrugge, a partire dalla gerarchia, passando per il sacerdozio, giungendo ai fedeli.

  In questa modernizzata mentalità cattolica non hai più il Papato della tradizione, dove il Papa custodisce il deposito della fede, ma un papato profetico, che dovrebbe guidare i cristiani di tutto il mondo verso le spiagge di una fede più liberamente abbracciante tutto e tutti.

  In questa modernizzata mentalità cattolica non hai più il sacerdozio cattolico, preoccupato di insegnare la fede e di amministrare la grazia dei sacramenti, curandone la retta ricezione, ma un sacerdozio profetico impegnato in continue rivoluzioni che dovrebbero rendere più interessante il cristianesimo ai cattolici borghesi e benestanti, perennemente annoiati.

  E alla fine i fedeli, o i laici come si usa oggi chiamarli, al seguito di un papato e di un sacerdozio così profetici, scompariranno dentro la palude di un mondo secolarizzato, che hanno strenuamente copiato per essere appunto profetici.

  Si chiude così la parabola del post-concilio, che vide un chiesa profetica, ma che dimenticò che la profezia è stabilità e non cambiamento. Stabilità fondata sulla roccia immutabile che è Cristo.