ATTACCO A RATZINGER: CUI PRODEST?
di Francesco Colafemmina
Che il Papa sia sotto attacco sin dalla sua elezione al soglio di Pietro nell'aprile del 2005, credo sia ormai evidente a tutti. Nessuno, tuttavia, aveva ancora raccolto in maniera sistematica ed approfondita la lunga serie di agguati, colpi bassi, vere e proprie campagne mediatiche ostili, volti a indebolire il pontificato di Papa Benedetto XVI, succedutisi durante gli ultimi cinque anni. Ci hanno pensato i vaticanisti Paolo Rodari e Andrea Tornielli con il loro nuovo saggio dal titolo "Attacco a Ratzinger".
Il volume racconta da un punto di vista estremamente obiettivo tutti i principali "incidenti" con cui l'attuale pontefice ha dovuto man mano fare i conti. Incidenti il cui riverbero o la cui stessa creazione in ambito mediatico, ne hanno favorito l'impatto piuttosto negativo sulla percezione generale dello stato di salute della Chiesa Cattolica e sul giudizio dei fedeli. I due giornalisti non vogliono però ricorrere alle facili strade del complottismo. Pertanto nessuna illazione o supposizione viene avanzata direttamente sulle cause occulte o palesi di questi attacchi a intervalli costanti. Una ragione in più per sforzarsi di comprendere il senso dei fatti descritti nella loro inchiesta.
1. Il Papa è da sempre sotto attacco? Come ha ricordato recentemente anche lo storico Alberto Melloni, già conferenziere del Grande Oriente d'Italia, nonché dossettiano d'annata, la "compassione" indirizzata verso la figura del Pontefice parrebbe costituire una sorta di archetipo psicologico del fedele cattolico. In fondo, il Papa è o non è il catalizzatore umano di quella "inadeguatezza" della Chiesa che è causa di conflitti ed attacchi?
Purtroppo però la questione non è così semplice. Gli attacchi evidenziati da Tornielli e Rodari costituiscono un oggetto di grande interesse per una duplice ragione: sono singolari per la loro intensità, frequenza e qualità, e sono volti a screditare la figura dell'attuale pontefice prima ancora che l'intera Chiesa Cattolica.
E' per queste due ragioni che gli attacchi a Ratzinger costituiscono un unicum nella storia recente del papato. D'altronde, anche in epoche più remote, ma sempre "moderne", gli attacchi a Papi come Pio VI e Pio IX, erano mossi da specifici ambienti politici e settari. Ma a quell'epoca i Papi potevano ancora contare sul supporto di Nazioni cattoliche, di un clero florido e credibile, di una società non secolarizzata e ancora fortemente ancorata alla fede. Oggi il completo mutamento dei costumi sociali, degli assetti politici ed istituzionali mondiali, nonché della forza umana all'interno della Chiesa (calo di vocazioni e arretramento della fede specie in Occidente), comporta una ancor più palpabile unicità degli attacchi rivolti a Papa Ratzinger.
Converrà perciò capire per quali misteriose ragioni questi attacchi siano rivolti alla Chiesa non direttamente, bensì indirettamente, ossia colpendo la persona stessa di Joseph Ratzinger. Dovremmo quindi domandarci: a. Perché questo Papa è più attaccato dei suoi predecessori? b. Perché si attacca così fortemente proprio questo Papa?
La prima domanda vuole stabilire un confronto col passato. La seconda si concentra sulla specificità dell'insegnamento e dell'azione dell'uomo Joseph Ratzinger. A queste due domande bisognerebbe però aggiungere le seguenti: c. Questi attacchi nascono dall'interno della Chiesa o dall'esterno? d. Chi trae vantaggio da tali attacchi?
Cercherò di trovare una risposta all'ultima domanda, il cui prodest?. Rispondere oggi a questa domanda sarebbe forse un po' da sciocchi. Credo, infatti, che i profittatori dell'indebolimento della personalità mediatica di Papa Ratzinger, preferiscano ancora restare dietro le quinte. Ma intanto cerchiamo di tratteggiarne la fisionomia.
La storia ci insegna che il più delle volte complotti e manomissioni alla corte di un re sono stati operati o da aspiranti al trono frustrati nelle loro aspettative, o dall'aristocrazia di corte vogliosa di innovazioni e di guadagno di potere, o da nemici esterni al regno, capaci di portare tra le loro fila alcuni fedeli cortigiani del re sotto scacco. Chiaramente, rispetto al passato, il vero problema della Chiesa Cattolica e dell'attuale papato riguarda un fattore storicamente nuovo, come la comunicazione. Dunque, aggiungiamo che gli attacchi possono essere - diciamo così - "provocati", ma non finalmente "causati" da una cattiva comunicazione.
Visto però che la comunicazione rientra sempre nell'attività interna alla "corte" pontificia, la "provocazione" dell'attacco può anche coincidere con la sua "causa", nel momento in cui si sappia che talune comunicazioni sono mediamente in grado di produrre effetti dannosi per l'immagine del pontefice. Sicché o gli errori di comunicazione sono dovuti ad imperizia o sono dovuti ad una volontà esplicita di danneggiare il Pontefice.
Per capire come stiano le cose su quest'ultimo punto, è opportuno però dare uno sguardo all'intero sistema comunicativo della Santa Sede. Questo sistema è sempre fallace o lo è solo in casi specifici? In poche parole gli errori li commette solo quando nella comunicazione è coinvolto il Papa o anche in altri casi?
Prima di dare una risposta a quest'ulteriore quesito, domandiamoci chi sia il responsabile finale della comunicazione della Santa Sede. E' o non è il Cardinal Segretario di Stato? Non si tratta dunque di una figura istituzionale di spicco all'interno della "corte" pontificia? Sicché possiamo concludere il ragionamento sulla possibile causa degli attacchi da ascrivere ad una cattiva comunicazione della Santa Sede, affermando che una volta che il re è nudo - ovvero si è ampiamente dimostrato che la comunicazione della Santa Sede fa spesso acqua da tutte le parti ed espone ancor più spesso ad attacchi mediatici il Santo Padre - non ci si può più nascondere dietro un dito. Così l'imperizia non può che trasformarsi in responsabilità (errare humanum est, perseverare diabolicum!).
Ritorniamo perciò alla casistica già espressa: preparazione di un cambio al vertice (giochi preparatori per il prossimo Conclave), rivendicazioni dell'aristocrazia (collegialità richiesta dai Vescovi), complicità con agenti esterni (infiltrazioni lobbistiche in Vaticano). Esaminiamo quindi nel dettaglio questi tre casi, a mio parere interconnessi tra di loro.
2. Sfogliando le pagine di "Attacco a Ratzinger" (titolo che emblematicamente spiega l'indirizzo personale e non istituzionale di tali attacchi) si può agilmente delineare, in via preliminare, il profilo ideologico dell'attaccante. Anzitutto l'attaccante è un tipico conformista: non ambisce a creare "problemi" e "discussioni" sia in ambito politico che religioso. Ama l'irenismo e il dialogo fini a se stessi e vuole che la Chiesa conviva pacificamente con le altre religioni senza proclamare la sua unica verità (esempio Ratisbona). E' totalmente contrario alla cosiddetta "riforma della riforma" e ambisce ad una piena e completa attuazione della riforma liturgica del Concilio Vaticano II (casi Linz, Williamson, Summorum Pontificum). Qua e là fa emergere insoddisfazione e voglia di apertura dinanzi alle ferree norme etiche della Chiesa, in particolare quando si parla di contraccezione e aborto, comunione per separati e divorziati (vedi caso Preservativo africano, ma si potrebbero citare altri casi di contestazione al Papa omessi nel dossier Rodari-Tornielli per la loro minore intensità). Inoltre l'attaccante tipo è interessato ad indebolire l'autorità del Pontefice utilizzando la questione pedofilia: i vescovi sono costretti ad agire in modo omertoso da documenti pontifici (come la Crimen sollicitationis). La questione pedofilia aiuta inoltre l'attaccante a rivendicare l'abolizione del celibato dei sacerdoti (vedi anche le dichiarazioni di Schoenborn in merito). Il profilo è dunque chiarissimo. Manca però una sorta di analisi in positivo degli attacchi. Ossia: quando il Papa non è stato attaccato, ma, al contrario, osannato? Possiamo dire senza tema di smentite che il Papa è stato osannato a livello mondiale quando è stata pubblicata la Caritas in veritate. Ricordate? Dal governatore della banca d'Italia Mario Draghi al premier britannico Gordon Brown, da Giulio Tremonti al presidente Barack Obama, per non parlare del gotha della finanza: tutti si sono sperticati nell'apprezzare ed osannare il rilancio delle energie rinnovabili, l'auspicio di uno sviluppo sostenibile, la critica degli eccessi speculativi, il finale voto perché si dia vita ad un organismo sovranazionale in grado di occuparsi di immigrazione, economia e via dicendo. Questi temi, impossibile negarlo, devono stare molto a cuore all'attaccante di Ratzinger. D'altronde quell'enciclica l'ha prodotta fisicamente il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace (come fece allora notare il critico George Weigel) e lo stesso Papa la rimandò indietro insoddisfatto per ben tre volte.
Mettendo quindi insieme i singoli tasselli di questo puzzle non emerge forse prepotentemente una vera e propria agenda per il prossimo papato? Non è chiaro come il sole che attraverso questi attacchi si è intenti a delineare i futuri indirizzi della Chiesa?
L'intreccio fortissimo fra creazione e percezione mediatica degli attacchi ha, d'altronde, un unico obiettivo: indebolire l'autorità personale dell'attuale pontefice e far coincidere l'ostilità nei suoi riguardi con una più diffusa ostilità nei riguardi delle sue scelte e dei suoi orientamenti.
Così si interconnettono interessi molteplici. a. Quello dei Vescovi, interessati a realizzare una piena e completa collegialità col Vescovo di Roma. Un interesse, quest'ultimo, che rimonta a molti anni fa e riverbera nel presente antiche tensioni fra poteri interni alla Chiesa di Roma.
b. L'interesse delle lobbies emanazione della finanza internazionale e di dominanti ambienti politici: come potrebbero, infatti, i Vescovi conservare un potere finanziario e in qualche modo istituzionale senza l'appoggio di tali lobbies? Gli investimenti che costantemente le curie episcopali di mezzo mondo portano avanti (specie nel settore immobiliare) sono forse autofinanziati? Nella maggior parte dei casi no.
Si instaura così nella base istituzionale della Chiesa Cattolica un necessario stato di non belligeranza fra poteri, la cui provvisorietà dipende dalla progressiva omogeneizzazione delle istanze da essi propugnate. In sintesi la Chiesa finisce per venire a patti con la finanza e le istituzioni laiciste, i cui obiettivi coincidono con l'attenuazione dell'esclusivismo religioso cattolico, l'adeguamento etico del cattolicesimo alla nuova moralità contemporanea, la trasformazione del ritualismo romano nel quale il rapporto col divino è relazione oggettiva, in liturgia intellettualistica e sociale, dove il rito e la fede si stemperano in uno spiritualismo vagamente new age infarcito di soggettivismo.
3. Quindi, in ultima analisi, è vero che non si può parlare esclusivamente di complotto o di semplice imperizia curiale, in riferimento ai molteplici attacchi subiti da Papa Ratzinger in questo quinquennio. Tuttavia, è innegabile che le trame di questo più grande fenomeno di trasformazione della Chiesa Cattolica siano estremamente chiare ed evidenti e in parte ovvie, data la parallela trasformazione della società e delle istituzioni politiche e finanziarie. E per comprendere quale tela andranno a tessere nel futuro, basta attenersi al presente disegno dell'ordito. Fuor di metafora: è possibile comprendere sin da ora dove e come culmineranno gli attacchi al Pontefice? Personalmente ho una teoria: credo che per demolire definitivamente l'autorità morale e dottrinale di Joseph Ratzinger basterebbe incrinarne la limpidezza umana. Ci hanno già provato in quest'ultimo anno cercando di coinvolgerlo in responsabilità gravi nel trattamento di casi di pedofilia, ipotizzando un coinvolgimento di suo fratello in casi di abusi nel coro di Ratisbona, rievocando sue presunte omissioni quand'era Arcivescovo di Monaco. Finora non ci sono riusciti. Sarebbe facile dire che non praevalebunt, se non fosse che queste forze negative sono talmente radicate nel seno della Chiesa da essere ormai indistinguibili, da non appartenere a chiare e nette fazioni. E' come se per attuare un cambiamento variamente auspicato da una maggioranza di Vescovi e sacerdoti, ognuno avesse deciso di sacrificare un po' dell'autorità di questo Pontefice, esponendolo alle ire di un mondo che lo giudica inadeguato. Questa divisione, questo stato di conflittualità interecclesiale non si risolverà facilmente perché è annoso e radicato, specie nel clero. Sono forse i fedeli, invece, i veri difensori di Papa Ratzinger? Non è forse a loro che è rimessa la responsabilità di amare questo pontefice e di difenderlo perinde ac cadaver, come un tempo dicevano i gesuiti?
Ritengo proprio di sì. Dunque armiamoci di rosari e cominciamo a pregare e a fare una sana opera di apologetica: il destino della Chiesa è certo nelle mani di Dio, ma è anche nelle nostre e contro questi attacchi la preghiera e la salda fede sono certamente le "armi" più belle che lo stesso Sommo Pontefice Benedetto XVI vorrebbe vederci impugnare!