Pubblichiamo l'intervista rilasciata dai due giornalisti licenziati da "Radio Maria": corrediamo l'articolo con le immagini dell'Abbazia di San Pietro in Wisques, Pas-de-Calais, Francia dove nei giorni 10 e 11 Ottobre scorsi si è celebrato il passaggio alla vita tradizionale. La vita della Tradizione continua.
Intervista a Gnocchi e Palmaro
(di Luciano Capone su Libero
del 12-10-2013) Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, due giornalisti cattolici,
hanno rotto l’unanimismo mediatico favorevole a Papa Francesco con un articolo
su Il Foglio dal titolo «Questo
Papa non ci piace». I due hanno mosso dure, ma precise critiche ad alcune
prese di posizione e agli strappi del Pontefice, pagando le opinioni espresse
con un’epurazione da Radio Maria, emittente dove da 10 anni conducevano
trasmissioni sulla bioetica e sul Vangelo.
Partiamo dall’articolo, cos’ha fatto e detto il Papa
che non piace a due giornalisti cattolici?
«Ci sono due aspetti problematici: la forma e i contenuti.
Francesco ha assunto comportamenti e uno stile che portano alla dissoluzione del
pontificato nella sua struttura formale, e che tendono a ridurre il papa a uno
dei vescovi, e non al “dolce Cristo in terra” di cui parlava Santa Caterina. Sul
piano dei contenuti, nelle interviste a Civiltà cattolica e a Repubblica ci sono
non solo ambiguità ma oggettivi errori filosofici e dottrinali. Parliamoci da
giornalisti, stiamo dibattendo sul classico caso di una non notizia. Qui ci sono
due cattolici battezzati che ascoltano per mesi quanto dice il papa e, per mesi,
si trovano a disagio perché quanto sentono stride evidentemente con quanto
sostiene la dottrina. Alla fine, visto che fanno il mestiere di scrivere e
commentare, scrivono e commentano. Non lo prevede solo una delle regole base
dell’informazione, ma lo prevede anche il diritto canonico. La lettera e
l’intervista a Scalfari, l’intervista a Civiltà Cattolica sono solo gli ultimi
esempi più eclatanti. Hanno fatto il giro del mondo, hanno fatto gridare alla
rivoluzione, hanno lasciato di sasso migliaia e migliaia di fedeli, quindi di
anime, e nessuno trova niente da dire? La notizia invece è il coro unanime di
osanna che va da certi cattolici conservatori fino a Pannella passando per Enzo
Bianchi e Hans Kung».
Avete criticato l’intervista rilasciata ad Eugenio
Scalfari. Non andava bene l’intervista o l’intervistatore?
«La scelta di Eugenio Scalfari è singolare e lascia interdetti
molti cattolici. Egli infatti non è solo un laico o un non credente, ma uno
storico antagonista del cattolicesimo. La Repubblica è il quotidiano simbolo di
quella cultura radical chic che ha fatto di divorzio e aborto le colonne di una
nuova società nichilista, nella quale non c’è più posto per Cristo e i
sacramenti. Diverso sarebbe stato incontrare in modo riservato Scalfari, e
parlare con lui in vista del suo bene. E nella speranza della sua conversione».
Quanto all’intervista del Papa a Civiltà cattolica,
dite che le frasi sull’aborto contrappongono dottrina e misericordia. Cosa vuol
dire?
«La prima forma di carità è la verità. Il buon medico non
nasconde al malato la gravità della sua patologia, affinché si curi. Dio
desidera senza sosta di perdonarci, ma pretende il nostro pentimento, il
riconoscere che abbiamo peccato. Una Chiesa che tacesse sulla morale per non
scontrarsi con il mondo mancherebbe di carità verso i peccatori. È facile dire
che trecento morti a Lampedusa sono “una vergogna”. Più difficile dire che
trecento bambini abortiti legalmente in Italia ogni giorno sono una vergogna
ancor più grande».
Per questo ed altro ve la siete presa con i
“normalisti”, i cattolici che, a differenza della stampa laica, non avrebbero
visto la rivoluzione rispetto al magistero della Chiesa. Ma cos’è cambiato in
realtà?
«Ce la siamo presa con quelli che abbiamo definito normalisti
per un motivo molto semplice. Questi signori, da sei mesi, non fanno che mettere
pezze agli svarioni di papa Francesco. Sulla coscienza, su etica e bioetica,
sulla vita religiosa. Fatta salva la buona fede e le buone intenzioni, producono
un danno tremendo perché, dicendo che tutto è normale e che non c’è nulla di
nuovo, iniettando dosi di cattolicità là dove non ci sono, finiscono per far
passare per cattoliche le affermazioni nude e crude del papa. Si illudono,
poveretti, di essere mediaticamente più forti di Bergoglio e pensano che le loro
correzioni arrivino al destinatario. Ma non hanno capito proprio niente di che
cosa è la macchina massmediatica. contemporanea. Non sono loro a correggere il
papa, è il papa a fagocitare loro».
Ma se il papa farebbe addirittura affermazioni non
cattoliche, perché i normalisti fanno finta di non vedere tutto ciò?
«Perché al centro del problema c’è niente meno che il Papa.
Giustamente i cattolici lo considerano la guida della Chiesa nella storia, e non
vorrebbero mai doverlo criticare. Per intenderci: se l’intervista a Civiltà
Cattolica fosse stata rilasciata da un teologo o perfino da un vescovo, sarebbe
stata contestata nelle molte parti che non quadrano».
Ma, interviste a parte, avete criticato anche
l’interpretazione che il Papa dà del Concilio Vaticano II. Non è una critica
troppo forte?
«Ci atteniamo ai fatti: con il Vaticano II la Chiesa dichiara
apertamente di volersi aprire al mondo e di rispondere alle sue aspettative. Un
capovolgimento che in questi decenni ha prodotto i suoi risultati: i seminari si
sono svuotati, in molti di essi si insegnano dottrine non cattoliche, e in
cattedra si mettono, come volle Carlo Maria Martini, i non credenti».
Imputate a Bergoglio anche l’eccessivo feeling con i
mass media. Non pensate invece che stia rafforzando l’immagine della
Chiesa?
«Qui la risposta è sempre quella di McLuhan: i media creano una finzione che diventa un facsimile del Corpo Mistico, e lui la chiama “un’assordante manifestazione dell’anticristo”».
«Qui la risposta è sempre quella di McLuhan: i media creano una finzione che diventa un facsimile del Corpo Mistico, e lui la chiama “un’assordante manifestazione dell’anticristo”».
Ma ieri il Papa nella sua predica ha insistito sul fatto che il
Diavolo è una realtà e non una metafora, dicendo che “Chi non è con Gesù, è
contro Gesù, non ci sono atteggiamenti a metà”. Non è in contraddizione con la
vostra immagine di “Papa progressista”?
«In questi mesi Papa Francesco ha detto molte cose cattoliche. Ma questo è normale: è il Papa. Ma nel nostro articolo abbiamo messo a confronto quanto dice sulla coscienza papa Francesco e quanto nel 1993 ha scritto papa Giovanni Paolo II nell’enciclica “Veritatis splendor”. Ebbene, uno dice esattamente il contrario dell’altro e pensiamo che nessun contorcimento della mente più contorta possa dire che, in fondo, sono la stessa cosa. Fino a oggi, nessuno è entrato nel merito di quanto abbiamo scritto. Nessuno ha trovato da ridire su una sola riga. Un gentile signore ci ha anche invitato pubblicamente ad andare a confessarci. Ma lo sa, questo signore, che ci è capitato di dire queste cose in confessione e di sentirci dire dal confessore che la pensa allo stesso modo, ma non lo può dire a nessuno? E dovrebbe sapere, questo signore, quante lettere e telefonate abbiamo ricevuto da cattolici che non ne potevano più e ci ringraziano per quanto abbiamo scritto».
«In questi mesi Papa Francesco ha detto molte cose cattoliche. Ma questo è normale: è il Papa. Ma nel nostro articolo abbiamo messo a confronto quanto dice sulla coscienza papa Francesco e quanto nel 1993 ha scritto papa Giovanni Paolo II nell’enciclica “Veritatis splendor”. Ebbene, uno dice esattamente il contrario dell’altro e pensiamo che nessun contorcimento della mente più contorta possa dire che, in fondo, sono la stessa cosa. Fino a oggi, nessuno è entrato nel merito di quanto abbiamo scritto. Nessuno ha trovato da ridire su una sola riga. Un gentile signore ci ha anche invitato pubblicamente ad andare a confessarci. Ma lo sa, questo signore, che ci è capitato di dire queste cose in confessione e di sentirci dire dal confessore che la pensa allo stesso modo, ma non lo può dire a nessuno? E dovrebbe sapere, questo signore, quante lettere e telefonate abbiamo ricevuto da cattolici che non ne potevano più e ci ringraziano per quanto abbiamo scritto».
Queste considerazioni vi sono costate l’epurazione da
Radio Maria. Era una decisione che potevano evitare o l’avevate messa in conto
prima di esporvi?
«Ci avevamo pensato, ma non era possibile tacere oltre. Eravamo
amici di padre Livio Fanzaga prima di questa vicenda e lo siamo anche adesso.
Lui è il direttore della radio e lui stabilisce la linea editoriale. Se questa
linea prevede che il papa non si possa criticare neanche se parla di calcio,
evidentemente due come noi sono fuori posto. Ma ci permettiamo anche di dire che
questa linea proprio non la condividiamo. Non si può soffocare l’intelligenza e
non si possono censurare a priori domande più che legittime. Questo non fa bene
al mondo cattolico e non fa bene alla Chiesa. Se c’è qualche cosa che lascia
l’amaro in bocca è che, dopo dieci anni di collaborazione, la telefonata sia
arrivata due ore dopo l’uscita dell’articolo, senza neanche un momento per
pensarci. Dieci anni in cui abbiamo avuto la libertà di dire tutto quello che
ritenevamo opportuno anche su temi scottanti. Ecco, questa immediatezza fa
male».
Pensate che la vostra espulsione sia stata decisa
altrove?
«Bisognerebbe chiederlo a padre Livio, che è un bravo sacerdote
e una persona per bene».
Ma si può stare in una radio cattolica e criticare il
Papa?
«Certo che sì, a patto che le critiche non siano contrarie alla
dottrina della Chiesa. Se Paolo di Tarso non avesse criticato il primo papa,
oggi noi cattolici saremmo tutti circoncisi, perché San Pietro voleva stabilire
questa norma. Se Santa Caterina non avesse rimbrottato i papi, oggi Avignone
sarebbe ancora la sede del papato».
Il Papa ha dialogato con tantissime persone, anche con
diversi atei militanti, vi aspettate una sua telefonata? Che voglia ascoltare le
ragioni di due cattolici intransigenti e che magari intervenire per ridarvi la
trasmissione in radio?
«Pensiamo che sia molto meglio che il Papa si dedichi al suo
ministero: confermare il suo gregge nella vera fede, far tornare i cattolici a
conoscere i catechismo e la dottrina, e operare affinché i lontani si
convertano».