La “Humani Generis” di Pio XII: il Terzo Sillabo
Introduzione
Qualcuno non pago di accusare di liberalismo la dottrina sociale di Pio XII si spinge addirittura a criticare come moderata e progressista la Humani generis, che invece viene definita comunemente “il terzo Sillabo, dopo la Pascendi”, vediamo se tale accusa contenga un fondamento di verità.
La Pascendi e la Humani generis
Se si studia il significato dell’Enciclica Humani generis (12 agosto 1950) e la si mette in rapporto con la Pascendi di S. Pio X (8 settembre 1907), si costata che quest’ultima condanna il modernismo classico, il quale voleva sposare il dogma cattolico con la filosofia moderna (da Cartesio a Hegel), mentre la prima condanna la tentata conciliazione del cattolicesimo addirittura colla filosofia nichilistica contemporanea o post-moderna del Novecento (da Nietzsche e Freud allo Strutturalismo odierno).
Secondo p. Gemelli la Humani generis è un «documento solenne, che deve essere collocato accanto alla Aeterni Patris di Leone XIII ed alla Pascendi di Pio X, poiché indica e dichiara quale sia il pensiero della Chiesa cattolica di fronte ai problemi del pensiero moderno». Anche mons. Antonio Piolanti scriveva: «sono molto celebri le encicliche di Leone XIII, che toccano i problemi più vitali della costituzione ecclesiastica, della vita sociale e politica, per esempio la Aeterni Patris sulla filosofia tomistica […]. È molto nota la grande enciclica Pascendi con la quale S. Pio X condannò il modernismo. Numerose e profonde le encicliche di Pio XI , che fanno un bel riscontro a quelle di Leone XIII […]. Piena di Sapienza […] è la Humani generis di Pio XII sui nuovi errori».
Nonostante, ciò qualcuno critica, a sproposito, l’Enciclica come debole e addirittura modernizzante proprio come criticava, a sproposito, Leone XIII per il Ralliément e Pio XI per la scomunica dell’Action Française.
La ‘pars construens’ della Humani generis
Il significato e il valore storico della Humani generis vanno individuati nella risposta all’accusa rivolta alla Chiesa di non comprendere le esigenze del pensiero contemporaneo, della vita moderna e di essersi separata dall’uomo a lei coevo e dunque fossilizzata. L’Enciclica, invece di acconsentire alla tentazione lanciatale dal mondo moderno ed accettare la modernità dialogando con essa e aggiornandosi o adattandosi alle esigenze nichilistiche dell’uomo contemporaneo, risponde a quest’accusa, che si ripresenta costantemente (ed è stata puntualmente confutata) nel corso della storia della Chiesa, mostrando positivamente (pars construens) quali problemi ponga la filosofia moderna e contemporanea e poi condannando negativamente (pars destruens) gli errori di tali filosofie. È pertanto falso ed ingiusto vedere nella Humani generis solo una condanna della “nuova teologia” o neo-modernismo.
Tuttavia, contro l’ammonimento della Humani generis, alla vigilia del Concilio Vaticano II la maggior parte dei teologi e anche dei vescovi si son messi a “dialogare” col pensiero moderno, adottandone il linguaggio e persino la filosofia o mentalità, illudendosi di farsi accettare dal mondo, magari edulcorando alcune verità evangeliche troppo esigenti. Ma il mondo moderno, nonostante l’aggiornamento e l’adattamento, non ha accettato il Vangelo, la Chiesa e il Papato, anzi li ha odiati ancor di più e rispettati sempre meno. Le tappe della sovversione intellettuale e morale che scandiscono la storia a partire dagli anni Sessanta sono impressionanti: il Sessantotto; la legalizzazione del divorzio e dell’aborto; la liberalizzazione delle droghe, degli espianti degli organi da pazienti che respirano e il cui il cuore batte ancora, purché l’elettroencefalogramma segnali che la corteccia cerebrale (non la sostanza profonda del cervello, constatabile solo con tomografia) sia piatta; la legalizzazione dei matrimoni omosessuali, delle adozioni di bambini da parte di coppie omosessuali; l’introduzione della maleducazione o pervertimento sessuale dei bambini sin dalla scuola elementare… insomma più l’ambiente ecclesiale si è adattato e più il mondo lo ha disprezzato e lo ha combattuto.
Errori fondamentali della filosofia contemporanea
Pio XII con l’Enciclica Humani generis insegna che la filosofia moderno/contemporanea è costituita da due errori i quali la rendono inconciliabile colla retta ragione e la fede della Chiesa romana: a) il relativismo teoretico/pratico; b) il rifiuto del soprannaturale come dono gratuito di un Dio personale e trascendente, unito alla stolta presunzione di auto-divinizzazione dell’uomo (soprannaturalismo esagerato e panteista) in nome di un immanentismo il quale ritiene la grazia “dovuta alla natura” e che accoglie in sé le varie correnti della modernità (Cartesio-Hegel), dall’idealismo assoluto allo storicismo, dal materialismo dialettico a tutti i sistemi irrazionalistici, volontaristici e nichilistici che caratterizzano la post-modernità (Nietzsche-Freud).
Modernità/post-modernità; Modernismo/neo-modernismo
I valori presunti assoluti, ma in realtà soggettivi e puramente logici, su cui si era fondata la filosofia moderna o idealismo razionalista, il quale pensava di poter tutto capire colla sola ragione umana, «si sono eclissati nell’atmosfera del Novecento. Mai nella storia si è assistito a una simile negazione. La ribellione a Dio [modernità] ha originato la derisione dell’assolutezza anche dei valori umani [post-modernità], travolti dal turbine della relatività, fra il sorriso infecondo dello scetticismo». Ci si spiega, così, anche la coerenza logica di tale processo o suicidio della sovversione della filosofia moderna, poiché a partire da certi princìpi (razionalismo soggettivista della modernità: Dio è un prodotto dell’Io pensante) non si può che giungere a certe conclusioni (nichilismo della post-modernità: bisogna distruggere anche l’Io pensante e le sue categorie soggettive o le sue idee aprioristiche); in breve: “chi semina vento, raccoglie tempesta”. Tuttavia l’epoca moderna (Seicento-Ottocento), pur rigettando il Dio oggettivo, reale, personale e trascendente il mondo in nome dell’Io assoluto o del soggettivismo idealistico, almeno voleva salvare i valori umani, dopo aver immanentizzato quelli soprannaturali. Ma tale pretesa era chimerica, poiché senza un Dio reale oggettivamente esistente, personale e trascendente il mondo la fondazione di una “morale autonoma” (Kant) non può reggere a lungo, in quanto essa varia col cambiar dell’uomo ed è simile ad “una canna agitata dal vento”. La post-modernità è la prova provata della inconsistenza della filosofia moderna, del soggettivismo che vuol prendere il posto di Dio. Di un “dio” senza la “D” ossia dell’Io.
Padre Pio, diceva che il nome più consono del diavolo è “Io”, quando si dice: “Io faccio, Io so, Io posso, lì c’è il diavolo; Io, Io, Io”. Ora, la modernità è stata fondata esattamente sul primato dell’Io (“Ego cogito”) rispetto alla realtà (“ergo Ego sum”), sino ad arrivare all’Io assoluto il quale pensando crea l’oggetto (Hegel). Ma, nonostante ciò, ci si illudeva di poter mantenere perlomeno una certa dirittura etica anche se puramente autonoma e soggettiva, la quale invece è stata abbattuta dalla post-modernità nichilistica e distruttrice dell’essere, della ragione e della morale, proprio come la modernità aveva pensato di abbattere il Dio realmente esistente, oggettivo, personale e trascendente: “Chi di spada ferisce di spada perisce”. Questo è lo scacco della modernità, insito nel suo sistema soggettivistico e immanentistico. Tale chimera è del tutto simile a quella di chi pensasse di poter attraccare una nave non sulla stabilità del fondale marino (essere oggettivo e reale), ma sulla mutabilità e scorrevolezza delle onde (soggettivismo relativistico). Dopo un po’ la nave se ne va al largo. Così è stato per la modernità, che ha fondato la “ragion pratica” non su Dio, l’essere oggettivo e stabile, non sulle sostanze immutabili, ma sull’Io empirico o sulle categorie soggettive, che cambiano e si evolvono continuamente. Ebbene essa è stata portata al largo e poi assalita e travolta dalla burrasca della post-modernità o filosofia contemporanea, la quale ha distrutto con furia nichilistica anche ogni resto e parvenza di idea soggettiva di essere, di logica e di etica. Gli ultimi decenni hanno rinnegato tali valori (idealmente) basilari, anche se disancorati dal reale e dall’essere.
Post-modernità come rifiuto anche del soggettivismo
L’epoca contemporanea, ossia il Novecento, è caratterizzata dal primato dell’economico, del pratico, del fare, del relativo, manca di ogni assolutezza o valore basilare, anche puramente umano e soggettivo, come la ragione e la vita, per assumere dimensioni animalesche, puramente istintive, brute e passionali e distruggere ogni reliquia di “valore”, fosse pure solamente ideale, nominale e non reale. «Le correnti vitalistiche, ludiche [Nietzsche], anti-intellettualistiche, attivistiche, pansessualistiche [Freud] non hanno dubitato, contro la razionalità puramente logica del reale ieri affermata [Cartesio/Kant/Hegel], di sostenere l’irrazionalità di quest’ultimo, la sua assurdità, come pure non hanno avuto paura di negare ogni principio etico, dopo aver abbandonato il piano di una moralità puramente autonoma, soggettiva e razionale, e di proclamare i diritti dell’immoralismo più crudo». Si è anche negato il valore della volontà razionale ridotta a puro istinto animalesco o sentimento.
Il modernismo sta all’idealismo come il neomodernismo sta al nichilismo
Giustamente, quindi, la differenza tra neo-modernismo o Nouvelle théologie, condannata dalla Humani generis (1950), e modernismo classico, condannato da S. Pio X colla Pascendi (1907), è la stessa che intercorre tra modernità soggettivista ma ancora presumente o illusa di poter mantenere una certa logica, etica e una vita puramente umana (anche se disarcionate dal reale e dall’essere oggettivo) e la post-modernità o filosofia contemporanea, la quale vuole distruggere anche queste vestigia del tutto soggettive e non più reali di valori umani (pensiero, morale, vita, essere). Anche Jacques Maritain ha osservato che “il modernismo rispetto al neomodernismo era un semplice raffreddore da fieno” (Il contadino della Garonna, 1966).
Il pericolo mortale della nuova teologia
La grandezza dell’insegnamento positivo, e non solo della condanna negativa degli errori contemporanei, della Humani generis è quella di aver cercato, purtroppo invano, di far capire ai “nuovi a-teologi” che il loro soggettivismo e immanentismo filosofico avrebbero condotto inevitabilmente alla “a-teologia” della “morte di Dio” prevista da Nietsche nei primi del Novecento (“siete voi che lo avete ucciso”, avrebbe detto Zarathustra ai ‘periti’ conciliari). Come la morale autonoma e laica è una contraddictio in terminis, ma la a-morale per principio è ancora più disastrosa, così il modernismo, che cerca di sposare il dogma cattolico col soggettivismo idealistico, è contraddittorio e svuota l’essenza del cristianesimo dall’interno (S. Pio X, Pascendi, 1907), ma il neomodernismo, che vuol distruggere pure le ultime vestigia del cattolicesimo trascendentale o aprioristicamente kantiano, è ancora più dirompente e avrebbe fatto tabula rasa del cattolicesimo (Pio XII, Humani generis, 1950) si fieri potest. Infatti, dal Seicento sino ai primi del Novecento esistevano ancora almeno le idee di “Dio”, patria, famiglia, matrimonio, bene e male, ma con il Novecento e nella seconda sua metà anche le idee di queste realtà, che la modernità aveva svuotato di consistenza reale dandone loro una puramente logica, vengono messe in discussione, anzi aggredite per essere annichilite anche soggettivisticamente o logicamente: è l’idea stessa di Dio, morale, patria che deve essere distrutta, dopo che la modernità aveva sostituito alla realtà ontologica il concetto logico di questi valori.
Neo-modernismo
La modernità e il modernismo classico dicevano: “Dio esiste perché Io lo penso” (Kant, Ragion pura), e quindi “Io debbo comportarmi eticamente bene” (Ragion pratica); la post-modernità e il neo-modernismo dicono: “se Dio non esiste realmente la sua idea è un oppio, va distrutta e tutto è permesso moralmente” (Nietzsche, Freud, Francesco I). Come si vede, quella attuale o contemporanea è la filosofia e la teologia della crisi e del nulla, a fatti e non solo a parole, nella vita pubblica e non solo in quella privata, munita con forza di legge; mentre quella della modernità perlomeno salvava le idee soggettive degli enti reali.
Ora è la filosofia contemporanea e non il magistero – risponde Pio XII ai neomodernisti – che conduce alla morte; di tale eccidio dell’essere, della ragione e della morale, non è colpevole la Chiesa, la quale invece porta alla vita intellettuale, morale, spirituale ed eterna. Questo è il messaggio positivo e più grande della Humani generis, che è stato disprezzato, non ascoltato o volutamente frainteso. Essa, quindi, è stata non solo opportuna, vera e giusta, ma realmente profetica e costruttiva, ossia ha previsto e lanciato un grido di allarme pieno di preoccupazione e di speranza al tempo stesso: se accetterete la filosofia contemporanea e post-moderna, sprofonderete nella distruzione della natura e nella perdita della grazia che è inizio di dannazione eterna; se invece tornerete alle fonti pure della divina Rivelazione, della patristica e della scolastica (specialmente tomistica) inizierete il cammino che porta dalla ragione alla fede, dalla natura alla grazia e da questa in Paradiso. Come nel 1939/40 Pio XII aveva esclamato: “tutto può essere ancora salvato con la pace e nulla può esserlo con la guerra”, così nel 1950 ci ha lasciato detto: “tutto è perduto col neomodernismo o post-modernità, tutto può essere restaurato col neotomismo o classicità”. Purtroppo come nel 1940 non lo si ascoltò e la civiltà europea è sprofondata nella neobarbarie dei vincitori che ci hanno svuotati della nostra tradizione culturale, filosofica, giuridica e spirituale; così nel 1950 lo si osteggiò e nel 1960 lo si contraddisse facendo tabula rasa della filosofia e teologia scolastica per sposare la post-modernità che ci ha portato inevitabilmente alla distruzione e alla morte dell’essere, della ragione, della morale e persino dell’idea di Dio, il quale, essendo invece reale, tace ma non acconsente, tollera e attende di mostrare all’umanità la vacuità delle sue pretese soggettivistiche, immanentistiche, antropocentriche e deicide, nella maniera che riterrà più opportuna: castigo e misericordia per i pentiti di cuore.
Purtroppo Giovanni XXIII ha ascoltato la sirena tentatrice della post-modernità e si è messo a dialogare con essa, portando la confusione e “il fumo di satana anche dentro il Tempio di Dio”. Questa è la tragedia del Concilio Vaticano II: “abbattere i bastioni”, la “mano tesa”, l’ “adattamento”, il “dialogo” con la modernità e post-modernità, il rigetto de jure e de facto della Humani generis (propugnato da tutti i nuovi teologi, anche i più modernisticamente “conservatori” – Daniélou, Balthasar, Ratzinger – nel 1950 e sino ad ora, senza ripensamenti o pentimenti), e la canonizzazione dei nuovi teologi, che hanno fatto il Concilio in qualità di “periti” ufficialmente nominati, i quali sono stati creati poi cardinali (de Lubac, Congar, Daniélou, Ratzinger), pur non avendo cambiato opinione sugli errori da loro sostenuti e condannati dalla Humani generis.
Pio XII segno di contraddizione
Padre Battista Mondin ha scritto: «raramente nella storia della Chiesa è capitato che il giudizio su un Pontefice abbia subìto, dopo la sua morte, un rovesciamento così radicale come è toccato a Pio XII. Tutti ricordiamo la stima altissima da cui era circondato mentre viveva. Era considerato superiore a quasi tutti i Pontefici che l’avevano preceduto in questo secolo. Era opinione comune che sarebbe stato quasi impossibile trovare un successore pari a lui. Ma poi vennero i giorni tristi della sua morte, l’elezione di Giovanni XXIII, il Concilio riformatore». Purtroppo l’avversione a Pio XII era iniziata, anzi esplosa già con la promulgazione della Humani generis (12 agosto 1950) da parte di alcuni teologi d’oltralpe i quali non accettarono l’enciclica pacelliana e il magistero della Chiesa (soprattutto il Sillabo, la Aeterni Patris e la Pascendi), anzi vi si opposero positivamente perseverando nelle loro teorie neo-moderniste, che hanno portato all’attuale stato comatoso della teologia come scienza che non studia più Dio quale oggetto reale, ma quale frutto soggettivo dell’ a-“teologo” o del mis-“credente”.
È triste che anche in ambiente tradizionale qualcuno presti orecchio a simili deliramenti, secondo i quali Pio XII (come Leone XIII e Pio XI) sarebbe un Papa… liberale.
L’adattamento
Il risultato di tale adattamento alla modernità è stato catastrofico anche in ambiente ecclesiastico; basta non voler chiudere gli occhi sulla situazione di degrado dottrinale e morale in cui versano gli uomini di Chiesa o la Chiesa nella sua componente umana e la mancanza di credito di cui gode oggi il cattolicesimo. Quindi la Humani generis ha non solo scorto negativamente la gravità degli errori contemporanei e le conseguenze disastrose cui avrebbero portato, ma ha fornito positivamente il rimedio per uscire da tali flagelli: il ritorno alle vere fonti del cristianesimo, la patristica integrata e ultimata dalla scolastica, sotto la guida del magistero della Chiesa.
Essa ribadisce e spinge a rivalutare
- a) il valore della ragione umana, che – se non può conoscere tutto di ogni cosa – può nondimeno giungere a conoscere con certezza l’essenza delle cose, e perciò rappresenta l’ancora di salvezza nel mare del dubbio universale;
- b) il valore perenne della sana filosofia scolastica e specialmente tomistica, fondata sui princìpi primi e per sé noti, perché solo una retta ragione e volontà, illuminate e rafforzate dalla fede e carità soprannaturali, potranno risolvere i problemi dell’uomo contemporaneo.
Non è affogando assieme che si salva un bagnante in difficoltà, ma occorre prima portarlo in salvo dai flutti che lo stanno per ghermire per poterlo poi rianimare. Non si può salvare l’uomo moderno e contemporaneo adattandosi e sprofondando negli errori della modernità e negli orrori della post-modernità, ma è solo tornando alla chiarezza cristallina della scolastica, specialmente tomistica, che si salva un intossicato da un fumo denso accecante ed asfissiante.
Conclusione
Il messaggio della Humani generis ci insegna
- 1°) che la Chiesa ha sempre capito le “esigenze” dell’uomo ferito dal peccato originale con le conseguenti tre concupiscenze (orgoglio, avarizia e sensualità) ed ha sempre cercato di porvi rimedio, aiutandolo a guarire da esse con la grazia soprannaturale, che si ottiene mediante i sacramenti e la preghiera, mai cedendo Essa all’errore e al peccato seguendo l’esempio datole da Gesù Cristo, che quando annunziò l’Eucaristia si sentì abbandonato da alcuni discepoli e vide titubanti gli stessi Apostoli. Ma Gesù invece di annacquare la verità la riaffermò con autorità e disse ai Dodici che, se non se la sentivano di assentire ad essa, erano liberi di andarsene anche loro e fu proprio così che li salvò;
- 2°) che le esigenze specifiche dell’uomo degli anni Cinquanta erano di orgoglio intellettuale (relativismo teorico/pratico) e spirituale (rifiuto o ‘pretesa intrinseca’ del soprannaturale);
- 3°) che i “valori” autonomi o soggettivi della modernità sono stati annichilati dalla post-modernità, la quale ha reso alla filosofia moderna ciò che essa aveva fatto alla filosofia classica e scolastica: se la modernità ha cancellato l’oggettività e la realtà ontologica di Dio e dell’aldilà, la post-modernità ha voluto distruggere persino l’idea soggettiva dell’ultramondano;
- 4°) che si è passati dai “valori” soggettivi o autonomi della modernità ai contro-valori della post-modernità: il “bene” soggettivo e puramente umano è diventato un contro-valore o un male da schiacciare e dalla morale autonoma si è passati all’immoralismo teorico/pratico per principio, il bene è diventato male e il male bene;
- 5°) che Giovanni XXIII e il Vaticano II invece di guarire l’uomo ferito dal peccato originale, hanno cercato di minimizzare e di assecondare le sue false idee e di rilassare i precetti morali che il Vangelo contiene ed “hanno reso la sua piaga cancrenosa”, come dice il proverbio;
- 6°) che come si può facilmente scorgere il neomodernismo è ben peggiore del modernismo (come la post-modernità lo è in rapporto alla modernità), poiché ha rimpiazzato la pur debole “idea soggettiva” di “bene” con il male voluto scientemente e per principio.
Infine – Attenzione! – per non accettare il neomodernismo, si può correre il pericolo
- a) di sostituire il magistero con il libero esame soggettivo;
- b) oppure di considerarsi inviati, ossia ci si auto-invia a salvare la Chiesa e ci si arroga, de facto, un’autorità che non si ha da Dio, dopo averla negata, de jure, a chi è stato canonicamente eletto a farne le veci in terra, anche se lo fa malamente.
La sana reazione invece consiste nel fare e credere ciò che la Chiesa ha sempre fatto, prima dell’attuale tsunami che ha sconvolto menti e cuori, richiamandosi al principio di non contraddizione (e mai al libero esame) che ci impedisce di affermare e negare una stessa cosa nello stesso tempo.
L’attuale situazione della Chiesa è un vero tormento e non ci deve portare a disprezzare la figura del Papa in quanto tale né il Papato, anzi dobbiamo difenderli quando sono attaccati da coloro che li odiano in quanto tali, nonostante le edulcorazioni e gli annacquamenti che sono stati apportati dai Papi del Vaticano II per rendersi simpatici all’uomo contemporaneo (“quando il sale diventa insipido viene buttato a terra e calpestato”).
Nello stesso tempo è lecito mostrare con rispetto le divergenze tra la Tradizione costante della Chiesa e l’insegnamento pastorale oggettivamente contraddittorio, senza pretendere con ciò di poter salvare la Chiesa.
Che Pio XII ci aiuti a mantenere la vera fede integra e pura, senza deviare per eccesso o per difetto!
d. Curzio #Nitoglia