di Cristina Siccardi
«Non avete letto ciò che dice la Bibbia? Dice che
Dio fin dal principio maschio e femmina li creò. Perciò l’uomo lascerà suo padre
e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una cosa sola. Così essi
non sono più due ma un unico essere. Perciò l’uomo non separi ciò che Dio ha
unito» questa la risposta che diede Gesù ai farisei che per metterlo alla
prova gli domandarono: «Un uomo può divorziare dalla propria moglie per un
motivo qualsiasi?» (Mt 19,3-6).
Su questo insegnamento la Chiesa ha istituito il
sacramento del matrimonio e in questo comandamento di Cristo hanno creduto
miliardi di persone cattoliche in tutti i tempi e in ogni luogo. Molti, anche
se sono rimasti soli perché uno dei due sposi ha abbandonato il tetto
coniugale, hanno continuato a vivere l’indissolubilità delle nozze con grande
dignità ed alcuni con grande eroicità. Fra questi ultimi desideriamo ricordare
una figura femminile di forte fede e forte tempra.
Katharina Hasslinger nacque a Vienna il 10 marzo 1906
da una famiglia che serviva militarmente la patria da più generazioni. Nel 1936
si trasferì a Napoli dove conobbe il futuro consorte, il medico chirurgo
Corrado Tangari, che sposerà ventiquattro giorni prima dell’Armistizio, il 16
agosto 1943.
Durante la celebrazione nuziale ella si offrì come
vittima per la santificazione del sacramento del matrimonio… infatti, si immolò
realmente: il marito l’abbandonò per un’altra donna e lei rimase fedele, fino
all’ultimo dei suoi giorni, al giuramento fatto davanti a Dio e agli uomini.
Katharina, seppur separata e non per sua volontà, rimase comunque legata al
marito e continuò ad informare il consorte sui suoi giorni, i suoi spostamenti,
le sue attività. Gli scriveva con grande frequenza e quelle lettere, piene di
spiritualità, di sensibilità e di bene immortale, sono rimaste a dimostrazione
che il sacramento del matrimonio non è un’idea, ma una realtà concreta.
La maggior parte delle persone, oggi, non concepiscono
più né la pazienza, né la sopportazione, né il sacrificio nella vita coniugale
e proprio per tale ragione il senso del matrimonio crolla inesorabilmente…
Khatarina Tangari ha continuato a crederci e il Signore l’ha premiata con
un’esistenza ricchissima e votata al Regno di Dio, e nulla è più grande sulla
terra che operare per Lui, l’Amore autentico ed eterno.
Soltanto 3 mesi dopo le nozze, il 5 novembre 1943,
Katharina viene arrestata dagli Alleati come spia. È condotta davanti a un
tribunale militare, che il 9 marzo 1944 la condanna a morte. Tuttavia ella si
affida totalmente a Dio. Molto intelligente e acculturata, conosce bene sette
lingue e in inglese si difende per nove ore davanti al tribunale militare,
composto da tredici ufficiali; grazie alle sue idonee risposte, la pena
capitale viene commutata nella carcerazione: dieci mesi nel campo di prigionia
di Padula, undici mesi a Terni e poi Riccione, fino al 12 ottobre 1946.
Fu Katharina Tangari a curare la traduzione tedesca
della Storia della letteratura italiana di Giovanni Papini per la casa
editrice austriaca Pustet di Salisburgo. Ma studiò anche medicina e fu di
fondamentale sostegno proprio al marito, per il quale redasse quaranta studi
scientifici, in seguito pubblicati con il nome di Corrado Tangari. Lei, con la
vocazione per il matrimonio e sempre innamorata come il primo giorno delle
nozze, continuò a credere nell’anello che portava al dito, a dispetto di ogni
condizione: da carcerata come da persona libera.
Negli anni Cinquanta Katharina fa una scoperta
eccezionale: incontra Padre Pio, dal quale rimane spiritualmente rapita. Lei
stessa lascia testimonianza di quando sentì per la prima volta pronunciare il
nome di colui che diverrà suo direttore spirituale: «Nella Quaresima del
1949 sentii per la prima volta parlare di PADRE PIO. Fu durante un mio viaggio
di ritorno dall’Austria, nel treno Vienna-Roma. A Venezia, alcuni ufficiali di
Marina presero posto nel mio scompartimento. Uno di loro mi domandò:“Signora,
Lei è straniera?”. E, senza attendere la mia risposta, proseguì: “Vi sono molte
cose belle all’estero, però ciò che abbiamo noi, gli stranieri non l’hanno!”.
Dato che non riuscii ad indovinare a che cosa alludesse l’ufficiale, lo pregai
di dirmelo, ed egli, quasi solennemente, affermò: “Noi abbiamo PADRE PIO!”.
PADRE PIO? Non avevo mai prima sentito questo nome.
L’ufficiale mi raccontò alcuni fatti così meravigliosi della vita di Padre Pio,
che, incuriosita, gli domandai chi fosse.
“È un Padre Cappuccino – mi rispose – che da anni
porta le stimmate di Gesù!”».
A Bologna gli ufficiali scesero dal treno. Non ci fu
più il tempo per chiedere l’indirizzo di Padre Pio e colui che le aveva fatto
la rivelazione ebbe soltanto modo di dirle: «Lei troverà Padre Pio! Lo
troverà certamente!» (K. Tangari, Il Messaggio di Padre Pio, Editore
Amis de saint François de Sales, p. 7).
E fu così. Per settanta volte vide Padre Pio. «Il
bene che ho ricevuto da Padre Pio non appartiene soltanto a me, in quanto
ritengo che il bene che riceviamo non è mai esclusivamente per noi, ma lo
riceviamo anche per darlo agli altri. La vita di Padre Pio, così piena di
sacrifici, di rinunzie e di sofferenze, è una fonte viva naturale e gratuita di
benefici per noi, benefici spirituali, corporali e materiali, secondo le nostre
necessità. Oltre a ciò, la vita di Padre Pio è un richiamo, spesso severo ma
anche salutare, rivolto alla nostra condotta di vita. Fin dal primo momento, San
Giovanni Rotondo mi è sembrato una strana Cattedra sulla quale Padre Pio, rude
e semplice, di poche parole ma di grande esempio, ci offre il suo insegnamento,
che è un invito realistico alla semplicità, una esortazione ad affrontare i
nostri problemi con i mezzi che ci offre la Fede – in primo luogo la preghiera
e la fiducia nell’efficacia di essa – un richiamo insistente a seguire Gesù nei
Suoi comandamenti e sacramenti. Amare Gesù e vivere sempre di più nella grazia
di Dio: ecco quanto esige Padre Pio da noi che andiamo a San Giovanni Rotondo a
visitarlo. Ed ogni volta che riusciamo a mettere in pratica il suo
insegnamento, non possiamo fare a meno di constatare con meraviglia la
straordinaria efficacia di esso. Così, gli incontri con Padre Pio sono come
tappe benefiche che ci rendono più contenti, più infervorati, più adatti ad
affrontare e risolvere le cose della vita» (Ibidem, pp. 8-9).
Nel 1951 si reca a Vienna, in visita ai suoi familiari
e coglie l’occasione per recarsi in pellegrinaggio al Santuario mariano di
Mariazell, nel cuore della Mitteleuropa, a 870 metri di altezza, situato in una
verde conca della Stiria, alle estreme propaggini delle Alpi Orientali, una
delle più frequentate mete devozionali dell’Europa Centrale. È lì per pregare
la Vergine Santissima, protettrice dell’Austria, occupata dalle truppe
straniere.
Katharina viene arrestata ad un posto di controllo
russo, ma, miracolosamente, viene liberata e per tale grazia ella promette di
compiere, nel primo sabato di ogni novembre, un pellegrinaggio proprio alla
Madonna di Mariazell, un voto che adempirà fino 1988 e che farà sempre a piedi
nudi, per sette chilometri: dal luogo della liberazione miracolosa fino al
Santuario di Mariazell.
Padre Pio comprende che la sua figlia spirituale può essere
uno strumento meraviglioso di apostolato e di conforto per chi è perseguitato
oltre cortina, là dove opera la «Chiesa del silenzio» nei territori a
dominazione sovietica. Questo apostolato, così rischioso e pericoloso, inizia
nel 1964. Oltrepassa più di cento volte le frontiere dei paesi comunisti con 7
o 8 valige colme di rosari, immaginette sacre e tutto ciò che poteva aiutare i
sacerdoti vessati, incarcerati e privi di tutto. Passava la frontiera in treno
o in corriera e, quando era possibile, pregava in ginocchio per ottenere dal
Signore che la polizia e i doganieri la lasciassero passare. Affidò il suo
apostolato nei diversi Paesi dell’Est al Bambin Gesù di Praga.
Il 15 aprile 1971 venne arrestata alla frontiera della
Cecoslovacchia. Dopo sessantasei interrogatori, fu condannata a quindici mesi
di prigione. Il biografo Yves Chiron (Katharina Tangari, Publications du
Courrier de Rome, Versailles 2006) spiega che Katharina, dopo il durissimo
carcere che la marcò a fuoco, si accostò alla lettura di opere concernenti
l’esperienza carceraria, in particolare Le mie prigioni di Silvio
Pellico; Una giornata di Ivan Denissovitch di Alexandre Soljenitsyne e
in seguito, dello stesso autore, Arcipelago Gulag.
Nel Diario delle devozioni, il 21 agosto 1977
la protagonista delle violenze comuniste scrisse: «Terminé la lecture du IIIe
volume de L’Archipel du Goulag! C’est une grâce! Un vrai miracle! Que le
Seigneur soit béni et remercié de nous avoir donné cet écrivain!» (Katharina
Tangari, p. 332) («Terminata la lettura del terzo volume dell’Arcipelago
Gulag! È una grazia, un vero miracolo! Che il Signore sia benedetto e
ringraziato di averci donato questo scrittore!»).
La sua indomabile attività apostolica viene arrestata:
le viene vietato di entrare nei Paesi dell’Est per dieci anni. Ma questa donna,
impavida e attenta ad operare soltanto per la Santa causa della Città di Dio,
fa una sorprendente scoperta: anche qui esistono sacerdoti perseguitati, che
nell’umiliazione continuano a celebrare la Santa Messa tridentina e continuano
a professare la Fede di sempre, ad insegnare la dottrina cattolica di sempre, a
sostenere le ragioni evangeliche di sempre e ad avere uno spirito
soprannaturale, nonostante i rivoluzionari tempi culturali ed ecclesiastici imbevuti
di secolarismo e relativismo. Ma a Katharina, come a molti altri, risuonavano
le parole di Gesù: «Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati
perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo» (Gv 17,
14).
Nel 1974 inizia a frequentare Ecône, il primo
Seminario della Fraternità Sacerdotale San Pio X e da qui prende avvio
un’attività instancabile di aiuto e sostegno ai sacerdoti della Fraternità
stessa. In 15 anni realizzerà un lavoro liturgico immenso, fornendo a un
elevato numero di cappelle tradizionali tutto il necessario per le funzioni
(calici, pissidi, ostensori, paramenti, candelabri…), procurando poi ad ogni
novello sacerdote il camice, la pianeta, l’astuccio per la comunione ai malati,
la valigia-cappella. Insomma, Katharina Hasslinger Tangari, scoperto il tesoro
della Tradizione, si prodiga in ogni modo per rendere maggior Gloria a Dio.
Vive in povertà, ma fidente nella Divina Provvidenza,
riesce a procurare ciò che è necessario e a realizzare i suoi obiettivi; in
cambio degli aiuti economici, che giungono soprattutto dalla Svizzera, dalla
Germania, dall’Austria, ella offre Sante Messe, Rosari, sofferenze, digiuni.
Lei prega, instancabilmente, per gli amici e per i nemici. Sue mete di
pellegrinaggio predilette sono i Santuari del Bambino Gesù di Praga, Mariazell,
Altötting, Lourdes, Fatima, Pompei, la Scala Santa, Santa Maria in Cosmedin…
Ha lasciato un’innumerevole quantità di scritti,
diari, lettere, appunti, quaderni di devozione… una miniera di Fede e di pietà,
attimo per attimo. Tali documenti sono tutti a dimostrazione che la
persona, quando si vota a Dio e si pone al servizio dei Suoi disegni, non
può più essere spaventata da nulla, neppure da un marito che tradisce i suoi
propositi. E l’impossibile umano diventa il possibile celeste. Nell’anno in cui
cadde il Muro di Berlino, il 1989, il Signore chiuse i giorni di Katharina: era
il 1° dicembre. Lei stessa preparò la sua immaginetta funebre, scritta in
quattro lingue: «Tutto ciò che ho potuto fare di bene nella mia vita fu una
pura grazia di Dio, non meritata. Che tu, dolcissima Madre di Dio, hai voluto
darmi tanto amore per te, fu la mia più bella ricompensa».