venerdì 10 novembre 2017

L’improbabilità e la sciagura



 

Del Cristianesimo si possono elencare tre caratte­ristiche: la prima che esso è improbabile, la seconda che è una storia di sciagure e la terza caratteristica, che bilancia le prime due, è che esso ha cambiato la storia umana, ha costruito attorno a se la storia una e universale dell'umano. La Passione insomma, «scia­gurata» ed «improbabile», ha dominato la storia attra­verso la sua improbabilità e le sue sconfitte.

La prova delle origini divine del Cristianesimo è data dall'unione dei due aspetti: da un lato l'improba­bilità e la sciagura, dall'altro la centralità storica. Si è sempre potuto dubitare del futuro del Cristianesimo, anche oggi, ed ogni volta le ragioni del dubbio sono state diverse. Nell'epoca moderna, il Cristianesimo era improbabile perché negato dalla scienza e sostituito dalla rivoluzione. All'inizio del terzo millennio si può pensare che esso non reggerà alla forza della pressione demografica islamica, del crescere dei Paesi non cri­stiani d'Oriente come la Cina e l'India, impenetrabili fino ad ora all'annuncio cristiano.

In ogni momento il Cristianesimo è stato segnato dalla sua improbabilità, minato da tutte le ostilità che ha incontrato. Inoltre, esso non si è difeso da se stes­so: poiché ammetteva la filosofia e la ragione, ha dovuto sopportare il peso della divisione che la differen­za razionale inevitabilmente porta con sé. Ha accetta­to, ed anzi introdotto nel mondo, la possibilità di pen­sare Dio come se fosse un oggetto della mente e quindi ha subito le aporie del pensiero. Non ha mai potuto censurare la libertà di ricerca sulla Rivelazione e, quando lo ha tentato, non vi e riuscito, appunto perché la Rivelazione di Dio libera i pensieri su Dio e rende il Mistero spazio della ragione.

I nemici interni del Cristianesimo, quelli che na­scevano dalla sua stessa essenza, sono stati più perico­losi dei nemici esterni. Esso ha conosciuto al tempo stesso i dubbi della ragione e la potenza della persecu­zione; il secolo XX è un esempio eminente di questo fatto.

Sempre improbabile e sempre segnato dalla scia­gura, ma centro di tutta la storia che trova sempre nuovi motivi per negarlo e deformarlo, disgregandolo con la ragione o annientandolo con l'uso del potere politico contro di esso, il Cristianesimo ha ottenuto il singolare risultato di essere disprezzato senza mai essere divenuto oggetto di indifferenza. Coloro che lo ri­gettano sono molti di più di quelli che lo accolgono, e tuttavia il rigetto diviene un segno dell'identità di chi lo rigetta.

Oggi sembra non esistere più una apologetica cri­stiana: la teologia postconciliare l'ha distrutta, stabi­lendo che ogni uomo è un «cristiano anonimo» e che quindi la fede non e più necessaria alla salvezza; che essa non deriva dall'annuncio, ma è implicita nella ra­gione e nella natura umana. Una apologetica cristiana suppone che il Cristianesimo sia un fatto antecedente alla ragione e che la ragione possa apprezzarlo solo ri­conoscendolo come diverso da sé. Così, per il Cristia­nesimo, l'improbabile e lo scandaloso sono il principio della sapienza, e per questo la Passione e la Croce con­tengono in sé, in compendio, tutto il Cristianesimo.

L'apologetica cristiana consiste perciò nella storia delle sue sconfitte - che erano tutte probabili - e della sua sopravvivenza, che è stata ed è sempre improbabile.

 

(Gianni Baget Bozzo, Verità dimenticate, Ancora, 2005, p. 15- 17)