Inchiesta sulla nascita di Gesù
di Antonio Socci
Le tracce anagrafiche di Gesù ci portano sul Campidoglio di Roma, da dove si gode una veduta mozzafiato dei Fori imperiali. Il fazzoletto di terra tra il Tabularium - che sta alle fondamenta dell'attuale municipio - e l'Aerarium del Tempio di Saturno, duemila anni fa era il centro del mondo. In quel punto erano custoditi i documenti del censimento di Augusto, secondo Tertulliano "teste fedelissimo della natività di Nostro Signore".
Era lì dunque la registrazione anagrafica della nascita - fatta da due giovani ebrei - di un bambino chiamato Yehòshua', Gesù, che significava "Dio salvatore". Incendi e distruzioni hanno perduto quei documenti. Sempre lì dovette trovarsi anche la relazione a Tiberio che Ponzio Pilato scrisse verso il 35 d.C. per giustificare processo ed esecuzione dello stesso Gesù. Da cui venne la proposta di Tiberio al Senato di riconoscere quel Gesù come dio, ossia di legittimare il culto di Cristo che si stava diffondendo. Il Senato rispose di no. La notizia è contenuta in un passo dell'Apologetico (V,2) di Tertulliano ed è stata recentemente dimostrata attendibile da un'autorevole storica, Marta Sordi.
Ma torniamo a quel censimento. Negli studi della "Scuola di Madrid" - sintetizzati nel libro "La vita di Gesù" di Josè Miguel Garcia - trova soluzione anche il problema cronologico del censimento che finora non si sapeva quando collocare e pareva storicamente dubbio.
Perché Giuseppe e Maria devono andare a Betlemme il cui nome, beth-lehem, in ebraico significa "città del pane"? Perché Erode, per conto dei romani, ha imposto un giuramento-censimento. Le autorità di Betlemme pretendono che della famiglia di Davide non manchi nessuno: Giuseppe è un discendente dell'antico casato reale che è tenuto particolarmente d'occhio. Soprattutto in questi anni nei quali - a causa di alcune profezie e di alcuni segni - si è fatta fortissima l'idea che il Messia stia per arrivare. Si sa infatti che il "liberatore" che gli ebrei aspettano è di sangue reale. E dunque quelli della famiglia di Re David sono tutti "sospetti".
E' per queste origini che la famiglia di Gesù, pur essendo diventata modesta e umile, custodisce gelosamente le genealogie che non a caso si trovano riportate nei vangeli. Genealogie che raccontano storie terribili, su cui i vangeli non sorvolano affatto. Tanto da stupire quel poeta cattolico che fu Charles Péguy: "bisogna riconoscerlo, la genealogia carnale di Gesù è spaventosa... E' in parte ciò che dà al mistero dell'Incarnazione tutto il suo valore, tutta la sua profondità, tutto il suo impeto, il suo carico di umanità. Di carnale". Secondo uno studio recente nelle origini familiari di Gesù troviamo la stessa tribù discendente da Caino, il primo omicida della storia. In Numeri 24, 21 si dice che i Qeniti sono i discendenti di Caino, verranno assorbiti dal popolo ebraico e la loro terra è dove poi sorgerà Betlemme. In un passo successivo (34,19) con Giosuè sono raccolti, per la spartizione della terra conquistata, i capi delle dodici tribù d'Israele. A capo della tribù di Giuda sta Kaleb detto il Qenizita, a cui Giosuè assegna una porzione della terra di Giuda. I Qeniti, spiega Tommaso Federici, sono dunque "una sottotribù di Giuda, la loro terra sta nella 'parte montagnosa', con capitale Hebron. Essa comprendeva la Betlemme di Kaleb, attraverso la sua sposa Efrata". Dunque "i Davididi sono i Qeniti o Cainiti". Ecco - commenta Federici "sopra quale abisso è disceso l'Immortale Eterno per assumere la carne dei peccatori. Cristo Signore così riassume in sé ogni Caino d'ogni tempo, per salvarlo". Gesù dunque è "il segno" che Dio aveva posto sopra Caino "per cui questi ha salva la vita". Nel profeta Isaia leggiamo infatti: "Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori... è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti". Nello stesso ceppo familiare di Gesù sono riassunti "sia Israele, sia Giuda, sia i pagani ed i peccatori più lontani. Di fatto" spiega Federici "a Betlemme, Booz, antenato di David, sposando Rut la Moabita, dunque pagana e idolatra, l'inserisce a pieno titolo nel popolo di Dio, tanto che diventa antenata di David".
La predilezione di Dio non è caduta sui migliori, ma su dei peccatori. Fra i figli di Giacobbe viene scelto Giuda, il quartogenito, uno dei fratelli che avevano venduto Giuseppe. Uno la cui moralità crolla platealmente nell'unione con la nuora, Tamar, unione da cui discende legalmente Gesù. Della sua genealogia fanno parte poi dei re idolatri, immorali e qualcuno criminale. Lo stesso Davide, il più grande dei re e il più amato da Dio, commette peccati e delitti spaventosi. Le donne della genealogia di Gesù scriveva il cardinale Van Thuan "colpiscono per le loro storie, sono donne che si trovano tutte in una situazione irregolare e di disordine morale: Tamar è una peccatrice, che con l'inganno ha avuto una unione incestuosa col suocero Giuda; Raab è la prostituta di Gerico che accoglie e nasconde le due spie israelite inviate da Giosuè e viene ammessa nel popolo ebraico; Rut è una straniera; della quarta donna... 'quella che era stata moglie di Urìa', si tratta di Betsabea, la compagna di adulterio di David".
Sembra una storia terribile, eppure è la storia della salvezza. La storia da cui è nato Gesù che ha voluto riservarsi - totalmente puri e santi - solo gli ultimi rampolli di quei clan familiari: Maria e Giuseppe. Che dunque arrivano a Betlemme dove nasce Gesù. A lungo si è ritenuto che il 25 dicembre fosse una data convenzionale, scelta per contrastare le feste pagane del Natale Solis invicti (da identificare forse con Mitra, forse con l'imperatore romano). Ma recentemente una scoperta archeologica fatta tra i papiri di Qumran ha clamorosamente suggerito la possibile esattezza di quella data. Dal "Libro dei Giubilei" uno studioso israeliano, Shemarjahu Talmon ha ricostruito la successione dei 24 turni sacerdotali relativi al servizio nel Tempio di Gerusalemme e ha scoperto che "il turno di Abia" corrispondeva all'ultima settimana di settembre.
Notizia importante perché si lega a una informazione cronologica del Vangelo di Luca (1,5) secondo cui Zaccaria, il padre di Giovanni Battista e marito di Elisabetta, appartenente alla tribù sacerdotale di Abia, vide l'angelo, che annunciava il concepimento di Giovanni, proprio mentre "officiava davanti al Signore nel turno della sua classe". Quindi a fine settembre.
Il rito bizantino che da secoli fa memoria dell'annuncio a Zaccaria il 23 settembre deriva dunque da un'antica memoria, forse una tradizione orale. La Chiesa tutta poi celebra nove mesi dopo la nascita del Battista e tutta la liturgia cristiana è impostata su questa data giacché Luca (1, 26) spiega che l'annuncio a Maria avviene quando Elisabetta era al sesto mese di gravidanza. In effetti la Chiesa celebra l'Annunciazione il 25 marzo e il Natale del Signore nove mesi dopo, il 25 dicembre (lo attesta già un calendario liturgico del 326 d.C.). Ne discende che se ha fondatezza storica l'annuncio a Zaccaria il 23 settembre, a catena - come ha dimostrato Antonio Ammassari - acquisiscono storicità anche la data dell'Annunciazione e quella del Natale.
Dal recente libro di Garcia si apprende pure la verità sul luogo della nascita di Gesù. Il contesto deve essere non una grotta, ma la grande casa paterna di Giuseppe a Betlemme. "Tali case erano costituite da un'unica grande stanza, dove le persone occupavano una specie di piattaforma rialzata, mentre in un'estremità si trovavano gli animali di cui la famiglia aveva bisogno per lavorare. E per questi animali era ovvio che ci fosse una mangiatoia".
Probabilmente Giuseppe e la giovane partoriente, per avere un po' di riservatezza e più caldo, furono alloggiati in questa parte della casa e il bambino fu posto in quella mangiatoia. E' con una storia così ordinaria, così normale, che Dio - per i cristiani - è venuto nel mondo. E con lui la bellezza, la bontà e la salvezza. Incontrarlo è il senso della vita. Scrive Péguy: "Felici coloro che bevevano lo sguardo dei tuoi occhi"."
(tratto da: Il Giornale del 23.12.2005)
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25 dicembre è data storica
di Tommaso Federici
Non fu una scelta arbitraria per soppiantare antiche feste pagane. Quando la Chiesa celebra la nascita di Gesù nella terza decade di dicembre, attinge all'ininterrotta memoria delle prime comunità cristiane riguardo ai fatti evangelici e ai luoghi in cui accaddero. Tommaso Federici, professore emerito di teologia biblica, fa il punto su indizi e recenti scoperte che confermano la storicità della data del Natale
Un preambolo
In genere si assumeva e si assume senza discutere la notizia già antica secondo cui la celebrazione del Natale del Signore nella prima metà del secolo IV fu introdotta dalla Chiesa di Roma per motivi ideologici. Infatti sarebbe stata posta al 25 dicembre per contrastare una pericolosa festa pagana, il Natale Solis invicti (fosse Mitra, come è probabile, o fosse una titolatura di un imperatore romano). Tale festa era stata fissata al solstizio invernale (21-22 dicembre), quando il sole riprendeva il suo corso trionfale verso il suo sempre maggiore risplendere. Quindi in ambito cristiano, risalendo di 9 mesi, si era posta al 25 marzo la celebrazione dell'annuncio dell'Angelo a Maria Vergine di Nazareth, e la sua Immacolata Concezione [il concepimento verginale,(1)] del Figlio e Salvatore. In conseguenza, sei mesi prima della nascita del Signore si era posta anche la memoria della nascita del suo precursore e profeta e battezzatore Giovanni.
D'altra parte, l'Occidente cristiano non celebrava l'annuncio della nascita di Giovanni al padre, il sacerdote Zaccaria. Che invece, e da lunghissima data, è commemorato nell'Oriente siro alla prima domenica del "Tempo dell'Annuncio (Sûbarâ)", che comprende in altre cinque domeniche l'annunciazione a Maria Vergine, la visitazione, la nascita del Battista, l'annuncio a Giuseppe, la genealogia del Signore secondo Matteo.
L'Oriente bizantino, e sempre da data immemoriale, celebra invece al 23 settembre anche l'annuncio a Zaccaria.
Si hanno in successione quattro date evangeliche che inseguendosi si intersecano, ossia I) l'annuncio a Zaccaria e II) sei mesi dopo l'annunciazione a Maria, III) rispettivamente nove e tre mesi dopo le prime due date, la nascita del Battista, e IV) rispettivamente sei mesi dopo quest'ultima data, e naturalmente nove mesi dopo l'annunciazione, la Nascita del Signore e Salvatore.
Il referente per così dire "liturgico" di tutto questo sarebbe quindi il Natale del Signore, al 25 dicembre, sulla cui base, si assume, furono disposte le feste dell'annunciazione nove mesi prima, e della nascita del Battista sei mesi prima. Gli storici e i liturgisti su questo svolgono diverse ipotesi più o meno accolte. Il problema è che già nei secoli II-IV erano state avanzate diverse datazioni, che tenevano conto di computi astronomici, o di idee teologiche.
Una data "storica" esterna, ossia che non fosse biblica, patristica e liturgica, e che portasse una conferma agli studiosi, non era ancora conosciuta.
Un riferimento: l'annuncio a Zaccaria
Luca ha una certa sua cura di situare la storia. Così ad esempio cita "l'editto di Cesare Augusto" per il lungo censimento di Quirino (circa il 7-6 a. C.), durante il quale avvenne la nascita del Signore (Lc 2, 1-2). Inoltre rimanda all'anno quindicesimo di Tiberio Cesare (circa il 27-28 d. C.), quando Giovanni il Battista cominciò la sua predicazione preparatoria del Signore (Lc 3, 1). E annota: "E lo stesso Gesù era cominciante [il suo ministero dopo il Battesimo, Lc 3, 21-22] quasi di anni 30" (Lc 3, 23), di fatto avendo circa 33 o 34 anni.
Secondo la sua suggestiva narrazione evangelica, lo stesso Angelo del Signore, Gabriele, sei mesi prima dell'annunciazione a Maria (Lc 1, 26-38), alla conclusione della solenne celebrazione sacrificale quotidiana aveva annunciato nel santuario all'anziano sacerdote Zaccaria che la sua sposa, sterile e anziana, Elisabetta, avrebbe concepito un figlio, destinato a preparare un popolo a Colui che doveva venire (Lc 1, 5-25). Luca si preoccupa di situare questo fatto con una precisione che rimanda a un dato conosciuto da tutti. Così narra che Zaccaria apparteneva alla "classe [sacerdotale, ephêmería] di Abia" (Lc 1, 5), e mentre gli appare Gabriele "esercitava sacerdotalmente nel turno [táxis] del suo ordine [ephêmería]" (Lc 1, 8).
Così rimanda a un fatto generale senza difficoltà, e a uno specifico e puntuale, che presenta un problema. Il primo fatto, noto a tutti, era che nel santuario di Gerusalemme, secondo la narrazione del cronista, David stesso aveva disposto che i "figli di Aronne" fossero distinti in 24 táxeis, ebraico sebaot, i "turni" perenni (1 Cr 24, 1-7.19). Tali "classi", avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio liturgico per una settimana, "da sabato a sabato", due volte l'anno. L'elenco delle classi sacerdotali fino alla distruzione del tempio (anno 70 d. C.) secondo il testo dei Settanta era stabilito per sorteggio, così: I) Iarib, II) Ideia, III) Charim, IV) Seorim, V) Mechia, VI) Miamin, VII) Kos, VIII) Abia, IX) Giosuè, X) Senechia, XI) Eliasib, XII) Iakim, XIII) Occhoffa, XIV) Isbaal, XV) Belga, XVI) Emmer, XVII) Chezir, XVIII) Afessi, XIX) Fetaia, XX) Ezekil, XXI) Iachin, XXII) Gamoul, XXIII) Dalaia, XXIV) Maasai (l'elenco, in 1 Cr 24, 7-18).
Il secondo fatto è che Zaccaria quindi apparteneva al "turno di Abia", l'VIII. Il problema che pone questo è che Luca scrive quando il tempio è ancora in attività, e quindi tutti potevano conoscere le sue funzioni, e non annota "quando" stava in esercizio il "turno di Abia". Inoltre, non dice in quale dei due avvicendamenti annuali Zaccaria ricevette l'annuncio dell'Angelo nel santuario. E sembra che lungo i secoli nessuno abbia avuto cura di riportare la memoria, o di fare qualche ricerca. La stessa Comunità madre, la Chiesa di Gerusalemme, giudeo-cristiana di lingua aramaica, che tradizionalmente (almeno per due secoli) era guidata dai parenti di sangue di Gesù, Giacomo e i suoi successori, non sembra che si curasse di questo particolare, che per i contemporanei andava da sé.
Il "turno di Abia" con data certa
Nel 1953 la grande specialista francese Annie Jaubert, nell'articolo «Le calendrier des Jubilées et de la secte de Qumran. Ses origines bibliques», in «Vetus Testamentum», Suppl. 3 (1953) pp. 250-264, aveva studiato il calendario del Libro dei Giubilei, un apocrifo ebraico assai importante, che risaliva alla fine del sec. II a.C. Ora numerosi frammenti di testo di tale calendario, ritrovati nelle grotte di Qumran, dimostravano non solo che esso era stato fatto proprio dagli Esseni che lì vivevano (circa sec. II a. C.-sec. I d. C.), ma che esso era ancora in uso. Detto calendario è solare, e non dà nomi ai mesi, ma li chiamava con il numero di successione. La studiosa aveva pubblicato poi su questo diversi altri articoli importanti; vedi anche la sua voce "Calendario di Qumran", in "Enciclopedia della Bibbia" 2 (1969) pp. 35- 38. E in una celebre monografia, "La date de la Cène, Calendrier biblique et liturgie chrétienne", Études Bibliques, Paris 1957, aveva anche ricostruito la successione degli eventi della settimana santa, individuando in modo convincente (salvo dissensi di qualcuno) al martedì, e non al giovedì, la data della cena del Signore.
Da parte sua, anche lo specialista Shemarjahu Talmon, dell'Università Ebraica di Gerusalemme, aveva lavorato sui documenti di Qumran e sul calendario dei Giubilei, ed era riuscito a precisare lo svolgersi settimanale dell'ordine dei 24 turni sacerdotali nel tempio, allora ancora in funzione. I suoi risultati erano consegnati nell'articolo "The Calendar Reckoning of the Sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls", in "Scripta Hierosolymitana", vol. IV, Jerusalem 1958, pp. 162-199; si tratta di uno studio accurato e importante, ma, si deve dire, passato pressoché inosservato dal grande circuito, ma non ad Annie Jaubert. Ora, la lista che il professor Talmon ricostruisce indica che il "turno di Abia (Ab-Jah)", prescritto per due volte l'anno, ricorreva così: I) la prima volta, dall'8 al 14 del terzo mese del calendario, e II) la seconda volta dal 24 al 30 dell'ottavo mese del calendario. Ora, secondo il calendario solare (non lunare, come è l'attuale calendario ebraico), questa seconda volta corrisponde circa all'ultima decade di settembre.
Come annota anche Antonio Ammassari, "Alle origini del calendario natalizio", in "Euntes Docete" 45 (1992) pp. 11-16, Luca, con l'indicazione sul "turno di Abia", risale a una preziosa tradizione giudeo-cristiana gerosolimitana, che da narratore accurato di storia (Lc 1, 1-4) ha rintracciato, e offre la possibilità di ricostruire alcune date storiche.
Così il rito bizantino al 23 settembre fa memoria dell'annuncio a Zaccaria, e conserva una data storica certa, e pressoché precisa (forse con un decalco di uno o due giorni).
Date storiche del Nuovo Testamento
La principale datazione storica sulla vita del Signore verte sull'evento principale: la sua resurrezione nel resoconto unanime dei quattro Evangeli (e del resto della Tradizione apostolica del Nuovo Testamento, vedi 1Cor 15, 3-7) avvenne all'alba della domenica 9 aprile dell'anno 30 d.C., data astronomica certa, e quindi quella della sua morte avvenne circa alle 15 pomeridiane del venerdì 7 aprile del medesimo anno 30.
Secondo i dati ricavati dall'indagine recente come sopra accennata, viene un intreccio impressionante di altre date storiche.
Il ciclo di Giovanni il Battista ha la data storica accertata (circa) del 24 settembre del nostro calendario gregoriano dell'anno 7-6 a. C. per l'annuncio divino concesso a suo padre Zaccaria. Nel computo attuale, sarebbe nell'autunno dell'1 a. C., ma si sa che dal VI secolo vi fu un errore di circa sei o cinque anni sulla data reale dell'anno della nascita del Signore.
La nascita di Giovanni il Battista nove mesi dopo (Lc 1, 57-66), (circa) il 24 giugno, è una data storica.
Ma allora, nel ciclo di Cristo Signore, che Luca pone in forma di un dittico speculare con quello del Battista, l'annunciazione a Maria Vergine di Nazareth "nel mese sesto" dopo la concezione di Elisabetta (Lc 1, 28) risulta come un'altra data storica.
E in conseguenza, e finalmente,è una data storica la nascita del Signore al 25 dicembre, ossia 15 mesi dopo l'annuncio a Zaccaria, nove mesi dopo l'annunciazione alla Madre sempre vergine, sei mesi dopo la nascita di Giovanni il Battista.
La santa circoncisione otto giorni dopo la nascita, secondo la legge di Mosè (Lev 12, 1-3), è una data storica.
E così, quaranta giorni dopo la nascita, il 2 febbraio, la "presentazione" del Signore al tempio sempre secondo la legge di Mosè (Lev 12, 4-8), che segna l'hypapantê, l'Incontro con il suo popolo, è una data storica.
"Problemi liturgici"
La data del Natale ha intorno un nugolo di problemi. Anzitutto viene il fatto che in alcune Chiese si cumulò e talvolta si confuse il 25 dicembre con il 6 gennaio, giorno che cumulava la memoria degli eventi che contornavano la nascita del Salvatore.
Poi, soprattutto, la non chiara distinzione tra memoria di un fatto, che può durare generazioni, la devozione intorno a questo fatto, che si può esprimere con un culto non liturgico, e l'istituzione di una festa "liturgica" con data propria e con una vera e propria ufficiatura, che comprende la liturgia delle ore sante e quella dei divini misteri.
Qui va tenuto conto, come invece in genere si trascura, dell'incredibile memoria delle comunità cristiane quanto a eventi evangelici, e ai luoghi che videro il loro verificarsi.
L'Annunciazione, ad esempio, era entrata nella formulazione di alcuni "Simboli battesimali" più antichi già nel secolo II. Essa nella medesima epoca fu rappresentata nell'arte cristiana primitiva, come nella catacombe di Priscilla. A Nazareth stessa, come ormai ha dimostrato splendidamente l'archeologia, il luogo dell'Annunciazione fu conservato e venerato senza interruzione dalla comunità locale, e fu visitato da un ininterrotto afflusso di pellegrini devoti, che lungo i secoli lasciarono anche graffiti e scritte commoventi, fino ai giorni nostri. Quando si avviò il culto "liturgico" della Madre di Dio, nel V secolo inoltrato, si ebbe la grande festa "liturgica" dell'Euaggelismós, l'annunciazione a Maria. Questa acquistò tale straordinaria risonanza che in Occidente i Padri la annoverarono tra i "primordi della nostra redenzione" (con il Natale, i Magi e le nozze di Cana), e in Oriente fu considerata così solenne e quasi soverchiante, che la sua data nel rito bizantino abolisce la domenica e perfino il giovedì santo, cede solo al venerdì santo, e se cade alla domenica della Resurrezione divide la celebrazione così che si celebra metà del Canone pasquale e metà del Canone dell'Annunciazione.
A Betlemme già prima della costruzione della Basilica costantiniana (primo trentennio del IV secolo), la comunità cristiana aveva conservata la memoria e la venerazione ininterrotte del luogo della nascita del Signore.
In Egitto la Chiesa copta conserva con ininterrotta devozione la memoria dei luoghi dove la santa famiglia sostò nella sua fuga (Mt 2, 13-18), dove furono costruite chiese ancora officiate.
Si può parlare qui dei luoghi santi della Palestina, in specie quelli di Gerusalemme: dell'Anástasis, la Resurrezione (così riduttivamente chiamato "santo sepolcro") e del Golgota, del Cenacolo, del "Monte della Galilea" che è quello dell'Ascensione, del Getsemani, di Betania, della piscina probatica (Gv 5, 1-9), dove fu costruita una chiesa, del luogo della "Dormizione" della Madre di Dio nel Cedron, e così via. Su tutti questi luoghi esiste una documentazione preziosa, impressionante e ininterrotta lungo i secoli fino a noi, dei pellegrini che li visitarono sempre con gravi sacrifici e pericoli, e lasciarono descrizioni e resoconti scritti della venerazione di cui erano oggetto, e degli usi della devozione degli abitanti e degli altri visitatori.
Il problema di grande interesse qui è la scelta delle date per le celebrazioni "liturgiche" vere e proprie. Quanto alla celebrazione "liturgica", nel senso visto sopra, del Signore, della sua Madre sempre vergine, di Giovanni il Battista, si trattò di scelte arbitrarie, provenienti da ideologie o da calcoli ingegnosi? Non pare. Il 23 settembre e il 24 giugno per l'annuncio e la nascita di Giovanni il Battista, e il 25 marzo e il 25 dicembre per l'annunciazione del Signore e per la sua nascita, non furono arbitrarie, e non provengono da ideologie di riporto. Le Chiese avevano conservato memorie ininterrotte, e quando decisero di renderle celebrazioni "liturgiche" non fecero che sanzionare un uso immemoriale della devozione popolare.
Va tenuto conto anche del fatto poco notato che le Chiese si comunicavano le "date" delle loro celebrazioni, e così ad esempio quelle delle "deposizioni dei martiri", che chiamavano il "natale dei martiri" alla gloria dei cielo. Per le grandi ricorrenze, come le feste del Signore, degli apostoli, dei martiri, dei santi vescovi delle Chiese locali, e dal secolo V anche di quelle della Madre di Dio, le Chiese adottarono volentieri le proposte delle Chiese sorelle. In pratica, pressoché tutte le grandi feste del Signore e della Madre di Dio vengono dall'Oriente palestinese, e, furono accettate con grande entusiasmo dalle Chiese dell'Impero, e prima dei grandi scismi del V secolo, anche dall'immensa cristianità dell'Impero parto. Il Natale, come sembra, venne da Roma, e fu accettato, sia pure con qualche esitazione, da tutte le Chiese.
Con questo, si vuole dire che le Chiese avevano la possibilità di controlli e di verifiche, e va detto che gli antichi padri nostri non erano affatto creduloni, ma spesso giustamente diffidenti, così da respingere ogni tentativo illecito e illegittimo di culto "non provato".
L'evangelista Luca in tutto questo ha una parte non piccola, quando con opportuni e abili accenni rimanda a luoghi ed eventi e date e persone.
(1)Il testo sembra cadere nell'errore di far coincidere la Concezione Immacolata di Maria con il concepimento verginale di Gesù. Ovviamente le due realtà sono strettamente congiunte, ma non è esatto lasciar intendere che l'Immacolata Concezione di Maria equivalga al concepimento del figlio Gesù senza il contributo dello sposo Giuseppe."Se vien qualcuno tra voi e non porta questa dottrina non lo ricevete in casa e nemmeno salutatelo "(Giov.IIª, 10).
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La nascita di Gesù
di Giuseppe Ricciotti
Un elemento assolutamente sicuro per fissare la data della nascita di Gesù è che egli nacque prima della morte di Erode il Grande, cioè prima del tempo tra la fine di marzo e il principio di aprile dell'anno 750 di Roma, 4 av. Cr., essendo certo che Erode morì in quel tempo (§ 12). Ma quanto tempo prima della morte di Erode era nato Gesù? Ricorrendo a vari argomenti si riesce a circoscrivere entro certi limiti il tempo utile anteriore al 750 di Roma.
Un argomento si può trarre dal comando di Erode che fece uccidere tutti i bambini nati in Beth-lehem da un biennio in giù (Matteo, 2, 16), ritenendo con ciò d'includervi sicuramente il bambino Gesù: dunque Gesù era nato molto meno di un biennio prima, giacché si può supporre a buon diritto che Erode abbondasse assai nella misura stabilita per esser certo di raggiungere il suo scopo. Ma questa misura di un biennio non risale dalla morte di Erode, bensì dalla visita dei Magi i quali appunto fornirono a Erode la base dei suoi calcoli. D'altra parte i Magi al loro arrivo trovarono Erode ancora a Gerusalemme (Matteo, 2, 1 segg.), mentre noi sappiamo che il vecchio monarca, già malato e aggravatosi di salute, si fece trasportare nella tepida Gerico ove poi morì: possiamo anche ragionevolmente stabilire che questo trasporto avvenne ai primi rigori dell'inverno con cui si chiudeva l'anno 749 di Roma, cioè un 4 mesi prima della morte di Erode.
La consecuzione dei fatti è dunque questa: nascita di Gesù; arrivo dei Magi a Gerusalemme; decreto di strage dei bambini nati da un biennio; partenza di Erode per Gerico; morte di Erode. Per collegare cronologicamente i due termini estremi - cioè la nascita di Gesù e la morte di Erode - dobbiamo calcolare il biennio stabilito nel decreto di Erode, pur avendo presente che è una misura assai sovrabbondante, ma dobbiamo anche farvi l'aggiunta dei 4 mesi testé stabiliti. Un'altra aggiunta da fare è l'intervallo tra l'arrivo dei Magi e la partenza di Erode per Gerico, ma di ciò non sappiamo nulla di preciso. Una terza aggiunta è l'intervallo tra la nascita di Gesù e l'arrivo dei Magi: di questo intervallo sappiamo soltanto che non poté essere inferiore ai 40 giorni della purificazione (Luca, 2, 22 segg.), perché Giuseppe certamente non avrebbe esposto il bambino Gesú al grave pericolo di presentarlo a Gerusalemme se ivi fosse già stata decretata la morte del neonato; tuttavia questo stesso intervallo può essere stato notevolmente maggiore di 40 giorni. In conclusione, risalendo per questa via dalla data di morte di Erode, possiamo concludere che la grande sovrabbondanza del biennio decretato da Erode colmi in maniera tale i 4 mesi e i due intervalli testé esaminati, che ne sopravanzi anche qualche piccolo spazio di tempo quindi: Gesù sarebbe nato un pò meno di un biennio prima della morte di Erode, cioè sullo scorcio dell'anno 748 di Roma (6 av. Cr.).
(tratto da: Giuseppe Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, Mondadori, Milano 1999, § 173)