mercoledì 3 marzo 2010

lamentabili (tesi n. 64)

«LAMENTABILI SANE EXITU»



SUPREMA SACRA INQUISIZIONE ROMANA ED UNIVERSALE



64.ma tesi condannata e commento di Mons. Francesco Heiner


Progressus scientiarum postulat ut reformentur conceptus doctrinae christianae de Deo, de Creatione, de Revelatione, de Persona Verbi Incarnati, de Redemptione.

Il progresso della scienza esige che si riformino i concetti della dottrina cristiana su Dio, su la Creazione, su la Rivelazione, su la Persona del Verbo e su la Redenzione.

Antitesi: Il progresso della scienza non esige punto che si riformino i concetti della dottrina cristiana su Dio, su la Creazione, su la Rivelazione, su la Persona del Verbo e su la Redenzione.


Nella Tesi che intraprendiamo a commentare si pretende che debba farsi un essenziale cambiamento delle vedute e dei concetti finora in uso delle dottrine principali del Cristianesimo, per metterle d'accordo con i postulati della scienza del moderno progresso. Occorrerebbe specialmente di fare un tal cambiamento della dottrina finora invalsa su Dio, su la Creazione, su la Rivelazione, su la Persona di Cristo e su la Redenzione. In altre parole la Chiesa Cattolica dovrebbe abbandonare i suoi principali dommi, ovverosia le verità fondamentali del Cristianesimo, e trasformarle in tali dottrine da soddisfare alle esigenze della scienza moderna: di modo che anche cotesti Modernisti siano in grado di accettarli. L'odierno Cristianesimo dovrebbe quindi spogliarsi del suo carattere soprannaturale e rientrare nel numero delle scienze naturali, specialmente filosofiche. Sottoposto per tal modo al controllo della umana intelligenza o della scientifica disquisizione dovrebbe conformarsi allo stato eventuale del progresso della coltura. Questo per vero è un pretender troppo dalla Cristianità e dalla Chiesa in nome del progresso scientifico! Del resto queste esigenze modernistiche non sono affatto nuove, benché espresse ora con maggior audacia o meglio arroganza che non si facesse per lo innanzi. Specialmente nel così detto periodo razionalista si tentò con tutti i. mezzi che erano alla portata della scienza e della burocrazia civile, di provocare un indebolimento o abbassamento del Cristianesimo, tendente, come si è detto nella Tesi precedente, a negare le verità fondamentali del medesimo.

Secondo ciò che vorrebbero gli attuali Modernisti, il progresso della fede cristiana, dovrebbe cancellare alcune antiquate dottrine del Cristianesimo, rimpiazzandole con altre più elevate e più conformi ai risultati delle scienze moderne; ovvero si dice che la Chiesa dovrebbe ormai abbandonare il complesso delle sue dottrine teologiche ed i suoi dommi, che non vanno più d'accordo col nostro pensiero moderno. O almeno, secondo si esprime la nostra Tesi, dovrebbe cercare di adattare il senso di certe dottrine, come quelle relative a Dio, alla Creazione e via dicendo, al pensiero ed al sentimento dell'uomo moderno.

Così potrebbe certamente parlare un Protestante. Secondo lui non v'è dubbio che la Religione dell'avvenire non sarà altro che la religione della personalità, una religione della morale spirituale, pervenuta al suo apici; religione dello spirito perfezionantesi e perfezionata, un ritorno dello spirito religioso su se medesimo. Ecco conme la discorre un laico in una novissima opera intitolata: L'avvenire del Protestantesimo (Berlino, 1906).

È chiaro che un vero Cattolico credente non ammetta per niente coteste dottrine modernistiche. Per lui la Chiesa è l'unica infallibile, depositaria, maestra ed interprete della fede insegnatale da Cristo. Tale istituzione fu fatta una volta per sempre dal fondatore stesso del Cristianesimo, che volle per tal modo manifestare agli uomini la sua sapienza ed il suo amore. Come da principio non tutti i fedeli poterono essere degli Apostoli, così molto meno con l'andar del tempo non tutti potevano essere maestri e con certezza infallibile giudicare e definire il vero e e giusto senso degli articoli di fede. A ciò era necessaria un perenne Magistero, che per divino incarico ed infallibile autorità proteggesse ed annunziasse il patrimonio delle divine verità, e mantenesse sul retto sentiero l'insaziabile tendenza dell'umana intelligenza per adattare le verità rivelate alla nuova condizione del pensiero e della scienza.

Anche dal punto di vista del ragionevole pensiero, osserva a questo riguardo anche 1'istesso Loisy «Non v'è luogo di meravigliarsi che la Chiesa si presenti come la maestra infallibile de' suoi fedeli, che senza di lei andrebbero smarriti. La sua attitudine è appunto così facile a comprendersi, come quella de' teologi protestanti, che vedendo l'impotenza dell'individuo a formulare per gli altri come per sè stesso un simbolo di fede, e non conoscendo altro principio religioso all'infuori dell'individualismo si rifuggono entro una sola idea, che essi vogliono credere unicamente evangelica ed accessibile di per sè a tutte le anime. Ma la loro ipotesi ha l'inconveniente di essere gratuita, e non praticabile, mentre l'ipotesi (!) cattolica è una istituzione reale, che continua l'Evangelo reale. Non è senza motivo che Lutero aveva conservato un domma, e che il Protestantesimo organizzato tende, malgrado esso, all'ortodossia » .

V'ha pertanto de' Cattolici, e tra essi purtroppo di coloro i quali in buona fede si cullano nella convinzione che possano difendere e proteggere il cattolicismo, e farlo comprendere e renderlo anche accettevole con lo spiegare o commentare le definizioni ed i simboli di fede, non secondo la spiegazione ammessa dalla Chiesa, ma secondo il loro proprio convincimento. Con ciò essi credono di rischiarare di nuova luce la dottrina Cattolica, con la quale la Chiesa dovrebbe cambiare o riformare il senso, che finora dette alle sue dottrine ed ai suoi dommi.

È chiaro per ogni cattolico ragionevole che la Chiesa non può annuire a tali dottrine, tutte proprie delle tendenze riformiste provenienti dal campo evoluzionista, senza negare se stessa e cooperare alla propria distruzione.

Il Concilio Vaticano condannò già formalmente cotesti errori allorquando emanò la seguente proposizione: "Se alcuno dirà possibile ad accadere, che ai dommi proposti dalla Chiesa si possa una volta, secondo il progresso della scienza, attribuire un senso diverso da quello che intese ed intende la Chiesa, sia anatema" (Concilio Vaticano I, Sess. IV, Can. 3).

Queste assurde tendenze dei così detti Riformisti o Modernisti furono altresì proscritte dai vescovi inglesi nella già citata loro lettera Pastorale del 29 dicembre 1900. Ecco come essi scrivevano: «Ben conosciamo che una causa di questo errore, comune tanto in Inghilterra che altrove, ha il suo fondamento nella falsa supposizione che la maniera più efficace per raccomandare ai noi Cattolici la nostra religione consiste nel diminuire il numero delle dottrine soprannaturali della fede, e far sperare e intravedere che i dommi da loro combattuti possano man mano comprendersi o conformarsi alle opinioni da essi professate. Ma non è punto permesso di falsificare la divina verità o di trattare il deposito della fede come un tesoro meramente umano, del quale ognuno possa disporre e trattare a proprio talento » .

Nello stesso modo si esprime Papa Leone XIII nella sua memorabile lettera al Card. Gibbons, Arcivescovo di Baltimora, in data 22 gennaio 1899, che incomincia con le parole: Testem benevolentiae nostrae. Così dice il Pontefice: « il fondamento delle nuove opinioni accennate si può ridurre a questo; che affine di trarre più facilmente alla dottrina cattolica coloro, che ne dissentono, debba la Chiesa acconciarsi alquanto più alla civiltà del secolo progredito, ed allentata l'antica severità. accondiscendere alle recenti teorie ed alle esigenze dei popoli. Molti pensano che ciò debba intendersi non solo nella disciplina del vivere, ma eziandio delle dottrine, che costituiscono il deposito della fede. Imperocchè pretendono essere opportuno per cattivarsi gli animi dei dissidenti, che alcuni capi di dottrina, quasi di minore rilievo, o si tralascino o si temperino in guisa da non ritenere lo stesso senso, che la Chiesa pur tenne costantemente. Or non è d'uopo di lungo discorso per dimostrare con quanto riprovevole consiglio ciò si pensi: se pure non si dimentichi la ragione o l'origine delle dottrine, che la Chiesa insegna. Al quale scopo così parla il Concilio Vaticano: "Nè la dottrina della fede, che Dio rivelò, fu quasi una invenzione di filosofi, proposta a perfezionare alla umana ragione, ma come un divino deposito fu data alla Sposa di Cristo da custodire fedelmente, e dichiarare infallibilmente qual senso dei sacri dommi si deve sempre ritenere, cui una volta dichiarò la Santa Madre Chiesa, né mai da tal senso si dovrà recedere sotto colore e nome di più elevata intelligenza”.

Né punto scevro di colpa deve riputarsi il silenzio con cui a ragion veduta si passano inosservati, e quasi si pongono in dimenticanza, alcuni principi della dottrina cattolica. Imperocchè di tutte le verità, quante ne abbraccia l'insegnamento cattolico, unosolo e lo stesso è l'autore c il Maestro, l'Unigenito Figlio che è nel seno del Padre (Gv. I, 18). E che tali verità siano acconce a tutte le età ed a tutte le genti chiaramente si raccoglie dalle parole, che l'istesso Cristo disse agli Apostoli: “Andate ed ammaestrate tutte le genti”. Non avvenga pertanto che veruna cosa si distrugga della dottrina ricevuta da Dio, o per qualunque fine si trascuri: imperocchè chi di tal guisa opera, anziché ricondurre alla Chiesa i dissidenti, cercherà di strappare dalla Chiesa i credenti. Ritornino, giacché nulla meglio desideriamo, ritornino pur tutti quanti vagano lungi dall'ovile di Cristo: ma non per altro sentiero se non per quello che lo stesso Cristo additò » .

Quindi è pernicioso ed erroneo lo asserire che la scienza ed il progresso dovrebbero indurre nuove spiegazioni ed idee nei simboli della fede e nelle loro definizioni, e per tal modo trasformarli. Così pure è condannata la tendenza di tutti quei Cattolici, che in questa maniera si sforzano d'indurre una conciliazione o avvicinamento delle due confessioni, cattolica e protestante, a detrimento però del domma cattolico.

Com'è noto tali tentativi o proposte si fanno sovente dai Protestanti in buona fede, ma in fatto ignoranti di conoscenza della natura della Chiesa Cattolica e del suo divino magistero. Essi interpretano il domma a modo loro e pensano di poter trasformare se non demolire il complesso delle dottrine cattoliche per mezzo della storia della scienza, con cui credono si debbano ridurre alla loro «antica semplicità», o al senso o concetto loro primitivo. Tali idee furono ultimamente espresse in un celebre opuscolo del noto protestante di Berlino sig. Harnack, all'occasione di un discorso da lui pronunziato nel genetliaco dell'Imperatore di Germania, ai 27 di gennaio 1907. Il sig. Harnack in tale fausta ricorrenza emetteva apponto un voto di un ravvicinamento futuro tra il Protestantismo ed il Cattolicismo, nel modo che noi abbiamo accennato di sopra, e conchiudeva .il suo discorso, con l'augurio che il Protestantismo e Cattolicismo abbiano con gli stessi diritti a fiorire nel giardino di Dio. Però nessuno, benché piccolo scolaro cattolico, ignora che la Chiesa non può senza annientarsi né transigere né cambiare alcun che, basato sul diritto divino e sulla soprannaturale rivelazione: e ciò perchè ad essa manca in proposito la possibilità di far concessioni alle nuove cognizioni e bisogni del tempo moderno. Essa potrebbe invece, supposta la circostanza di bravissime e sufficienti ragioni, riformare ed abrogare completamente le sue leggi disciplinari, basate sopra un diritto tutto suo proprio, senza che si cambi per ciò la sua natura, o si ponga in contradizione con se medesima: ma non mai e poi mai può sacrificare anche Cina delle sue dommatiche definizioni senza cessare di essere la Chiesa fondata da Gesù Cristo. La condizione dei Protestanti è tutt'altra. Melantone poteva sicuramente scrivere: «Gli articoli di fede devono cambiarsi ed accomodarsi alle circostanze». Un Cattolico non potrebbe mai dire altrettanto senza trovarsi in opposizione con la sua fede. Perciò quando il sig. Harnack scrive: «Lo studio della storia della Chiesa ha addimostrato che noi non comprendiamo più immediatamente i pensieri e le parole de' nostri antenati, e che non le usiamo più in quel senso in cui essi lo usarono» : ciò dal suo punto di vista può esser giusto. Però la Chiesa Cattolica comprende ed usa oggi i pensieri e le parole stesse de' nostri antenati nei loro dommi o professioni di fede nel senso medesimo ond'essi furono ereditati dagli Apostoli per il tramite de' Padri e de' Dottori della Chiesa, conservandoli inalterati fino a' giorni nostri. È pur certo che se si tratta di accidentalità o di formalità, ovvero di leggi disciplinari e simili, la Chiesa può ben cambiarle ed adattarle alle varie circostanze de' tempi. Però la sostanza ed il senso della dottrina è rimasta inalterata.

Quando Lutero cambiava il senso delle antiche dottrine, dando loro un significato essenzialmente differente, come fece per esempio con i concetti Chiesa, Fede, Grazia, Sacramento e simili, con ciò egli apriva un abisso che separava la sua religione, come nuova, dalla Cattolica. Senza ritornare agli antichi concetti tradizionali, un Protestante non sarà mai in grado di ben comprendere la dottrina cattolica. Quindi è impossibile parlare di un interiore «riavvicinamento» delle due confessioni. Harnack, come del resto il Protestantesimo, si pone con le sue opinioni in un punto di vista diametralmente opposto al Cattolicismo. Il Cattolicismo prende la sua religione come gli vien data oggettivamente; mentre il Protestante la considera come alcun che di soggettivo sottoposto al suo privato giudizio. L'infallibile magistero della Chiesa propone al Cattolico ciò che spetta al deposito della Fede da Cristo fondata; invece il Protestantesimo, che rigetta come tale il magistero della Chiesa, esamina da sè ed accetta soltanto come dottrina ciò che ha trovato per propria disquisizione, ed è consentaneo al suo soggettivo giudizio e intelligenza. A questo riguardo sono molto singolari le istruzioni che Lutero dà ai suoi seguaci. «Dobbiamo far bene attenzione a questo riguardo, che il Signore Cristo dà facoltà a tutti i Cristiani di esseri giudici su tutte le dottrine; e dà il diritto di giudicare ciò che è giusto. Noi dobbiamo essere giudici, ed abbiano, la facoltà di giudicare tutto, sopra tutto che ci si presenti, perchè non possiamo fidarci di alcun uomo... Dunque dobbiamo restare liberi giudici per avere la facoltà di giudicare, sentenziare e condannare tutto ciò che decretano il Papa ed il Concilio; non vi è giudice sopra la terra in materie spirituali, su la dottrina cristiana, se no il giudice che l'uomo porta nel suo cuore, sia egli uomo o donna, giovane o vecchio, bambino o bambina, dotto o ignorante: nessun dotto deve toglierti il tuo giudizio giacchè tu lo hai a lui identico».(Postilla, 1523, IX Dom. dopo le Pentecoste) .

Lutero non dlice, e non poteva dirlo, in quale passo del Vangelo, Cristo, «dà il potere a tutti i Cristiani di essere giudici su tutte le dottrine»; giacché la divina Scrittura prova appunto il contrario; ma egli doveva mettersi su questo punto dli vista: poiché altrimenti avrebbe distrutto il suo proprio procedimento soggettivo col rigettare le antiche dottrine cristiane.

In conseguenza di questi principi non è da meravigliare se la confessione protestante con tutti i suoi seguaci, fintanto che non se ne separino, riconosce a ciascuno di loro lo stesso comune diritto, senza badare se siano credenti o no, e di accettare o no il simbolo Apostolico, quale norma di fede. Essa non ha affatto diritto di domandare ai suoi ministri se credono internamente ciò che essi esteriormente predicano, a meno che non voglia rinunziare al suo principio del libero esame: giacché, secondo Harnack, questo appunto è il buon diritto evangelico che essi professano; di poter credere soggettivamente tutt'altro di quello che oggettivamente predicano dalla cattedra alla loro comunità. Intanto egli conosce troppo bene la storia, per essere realmente convinto che si possa fare una esteriore unione, o per meglio dire fusione delle due confessioni, col congiungere per quanto è possibile i sistemi dommatici delle due confessioni e le loro costituzioni in una compatibile unificazione. «Tali tentativi di compromesso, così confessa l'istesso Harnack, hanno sempre più discreditata tutta l'intrapresa e suscitato incancellabili sospetti, che essi non fossero abbastanza sinceri e seri da romperla con la loro fede» . Ma con tutto ciò, domanda l'istesso Harnack, non ha la religione piantate le sue radici nel sentimento, e non desta quasi alcun che d' interiore? Per riunire alcuni che la pensano alla stessa maniera è forse necessario che il sentimento con l'internarsi abbia anche unità e conformità esteriore? Sonoforse le Chiese soltanto delle scuole dottrinali, la cui forza esclusivamente esiste nella solidità dei loro dormi dottrinali? Certamente così risponderà il Cattolico. La Chiesa difatti è una scuola dottrinale, ed ansi una scuola divina ed infallibile, e la sua interiore possanza non consiste soltanto nella sua esterna costituzione, ma specialmente nella unita fermezza ed invariabilità della sua dottrina e dommi. In questo appunto consiste la sua unità morale ed interna, che viceversa produce la comunione degli spiriti e delle anime in seno della Chiesa medesima. Questa comunanza spirituale come la Chiesa Cattolica la intende, non è punto «inflessibile ed esterna», e non la si subisce dai suoi membri quasi fosse un legame; ma è altamente interiore, che ha le sue profonde radici nella completa unità della fede. Il Cattolico riconosce questa unità con piena convinzione e liberamente. In ciò appunto consiste la sua interiorità e schietta cristianità. D'altronde che gioverebbe ad un Cattolico, appartenente soltanto alla Chiesa col corpo, quando non fosse ad essa fermamente legato anche mediante il vincolo della fede?

Conseguentemente, il vero Cattolico non può mettersi d'accordo con coloro, che stanno in aperta contradizione con la natura della sua Chiesa; val quanto dire con la dottrina e fede della medesima. In ciò consiste la differenza essenziale che passa tra il Cattolicismo e il Protestantismo e che rende addirittura impossibile ogni interiore avvicinamento delle due confessioni, con tutta la tolleranza che si possa avere nelle relazioni esteriori. Lo «stato confessionale» del Cattolico è allo stesso tempo il suo «stato di Cristiano»; e nell'approfondirsi in esso dove l'Harnack crede di intravedere il ponte d'unione tra le due confessioni, il Cattolico invece trova il motivo per viemnnaggiormente convincersi della sua confessione, nella quale conosce la sola giusta forma del Cristianesimo. Però il vero Cattolico si addentra nello spirito della sua credenza, e la professa praticamente, e più solido addiviene per lui il vincolo, che alla sua fede cattolica lo unisce. È chiaro per lui che la Chiesa non è soltanto una organizzazione esterna, ma la forma concreta del vero Cristianesimo. Essa è per l'umanità la depositarla e la guardiana delle eterne verità, e la mediatrice dell'opera di redenzione del Salvatore, in cui soltanto il credente può trovare sicuro criterio per le sue azioni morali e la tranquillità dell'anima. È impossibile per un credente Cattolico «di ammettere nella sua religione, soltanto la religione»; essa, sebbene sia per lui qualche cosa di oggettivo, è pure una religione, che egli abbraccia con tutta la convinzione, con la sua ragione, volontà, cuore e sentimento. Egli non è che un tralcio della stessa vite, da cui ricava la sua forza spirituale e la sua vita soprannaturale,

Niente affatto. La Chiesa Cattolica, l'inflessibile maestra di verità, costituita da Cristo, non permette per piacere alla scienza moderna una revisione de' suoi dommi, o riforma de' concetti della dottrina cristiana, riguardanti Dio, la Creazione, la Rivelazione, la Persona del Salvatore e la Redenzione. Essa deve opporsi a ciò per principio, poiché tacendo altrimenti verrebbe a rinnegare tutta la sua natura. La Chiesa non può cambiarsi né con l'accrescere, né col diminuire, né col riformare i suoi concetti dottrinali. Ciò che spetta al «Deposito della fede», di cui l'Apostolo parla (2Tm. I, 14), la Chiesa, in forza del suo divino magistero, deve conservare, sorvegliare e proteggere, contro qualunque attacco che le si faccia sotto la maschera del progresso e della scienza, memore dell'ammonizione dell'Apostolo medesimo che dice «Ma tu attienti a quello che hai. apparato, ed a quello che ti è stato affidato; sapendo da chi tu abbi imparato» (2Tim. III, 14).

Apparisce ben giusta dal fin qui detto la condanna della Tesi anzidetta: e l'Enciclica «Pascendi » proscrive anch'essa questa pretesa dei Modernisti con argomenti che chiaramente dimostrano la sua assurdità.