lunedì 26 aprile 2010

il male presente

Emanuel Andrè
Abate O.S.B.
SACERDOZIO E MINISTERO

LIBRO TERZO
Il campo del ministero

CAPITOLO I
DONDE LA NECESSITA DEL MINISTERO ECCLESIASTICO

L'autorità ecclesiastica come l'autorità civile, e, conseguentemente tutta l'economia del santo ministero, hanno la loro ragione di essere dopo la caduta originale.
Se Adamo non fosse caduto, l'umanità fedele a Dio avrebbe goduto di una felicità così grande che avrebbe avuto al di sopra di se stessa soltanto la felicità della vita eterna.
L'uomo sottomesso a Dio avrebbe attinto direttamente la vita dalla grazia; non avrebbe avuto bisogno di una guida per trovare Dio, e con la santa e divina grazia sarebbe andato a Lui senza inciampare e senza venir meno.
Ma l'umanità non è più così; il peccato è entrato nel mondo e ha mutato in un modo sorprendente tutte le condizioni di questa terra. Per difenderci contro gli iniqui, Dio volle che nella società vi fosse l'autorità dei re e per ricondurci al bene e alla vita eterna volle che ci fosse un'autorità ecclesiastica e un ministero ecclesiastico e infine volle che le sue grazie giungessero agli uomini attraverso mezzi proporzionati ai bisogni degli uomini decaduti.
Adamo, dimentico di ciò che doveva a Dio, considerò cosa buona piacere ad Eva, come Eva aveva considerato cosa buona ubbidire a Satana; e Dio volendo che il rimedio rispondesse alla natura della colpa, da parte sua considerò cosa buona che l'uomo fosse assoggettato all'uomo, sottomesso ai sacramenti, sottomesso a un minuzzolo di pane, a una goccia d'acqua.
Cioè Dio umiliò la sua creatura orgogliosa e qui il nostro ministero ha la sua ragione di essere; per essere i ministri della salvezza degli uomini, noi siamo i ministri dell'umiliazione degli uomini.
Quanto queste prospettive devono umiliarci se abbiamo gli occhi per vedere la profondità dell'umana caduta, la vera natura dei rimedi dei quali siamo ministri e, per conseguenza, la vera natura del nostro ministero!
Oh! Non abbiamo certamente nulla per gloriaci dell'autorità che Dio ci ha dato, dal momento che questa autorità è essa stessa una prova sempre parlante, una testimonianza sempre irrevocabile della caduta dell'umanità, della nostra caduta in essa e con essa. Ora che siamo caduti abbiamo il duplice obbligo di rialzarci e di lavorare a rialzare gli altri.
Il primo sta al di sopra delle forze dell'uomo; che diremo dunque, che faremo noi che con questo primo obbligo dobbiamo rispondere anche al secondo?
Siamo dei caduti: è qui, nell'attuale condizione dell'umanità, la ragione del ministero ecclesiastico.

CAPITOLO II
LA NATURA DEL MALE PRESENTE

Il male presente è semplicemente il peccato originale e le sue conseguenze. Qualunque sia il nome col quale si chiama, il male presente non è, non può essere un'altra cosa. Il peccato è entrato nel mondo per mezzo di Adamo; il peccato di Adamo è diventato il peccato dell'intero genere umano: è da quest'unica sorgente, ma fecondissima, troppo feconda, da dove sono venute tutte le sventure delle anime.
Il peccato originale, anche là dov'è stato cassato dal battesimo, ha lasciato la triplice concupiscenza: l'orgoglio, l'avarizia, la voluttà.
La nostra maggior disgrazia sta nel fatto che queste infelici concupiscenze hanno ripreso il sopravvento nei battezzati; e in questo modo vi regnano così potentemente che il battesimo, la cresima e la comunione sembrano aver perduto la loro efficacia sulle anime d'oggi.
Molti cristiani ahimè! sembrano battezzati soltanto per diventare degli apostati; molti sembrano stati cresimati per rinunciare allo Spirito Santo piuttosto che per riceverlo; non ci sono quelli che partecipano all'Eucarestia solo per calpestare più autenticamente il Figlio d'Iddio?
Perciò i rimedi che dovevano salvare si mutano in veleno mortifero: i sacramenti, che sono i canali della grazia, troppo spesso diventano i sigilli del peccato.
In troppi luoghi l'apostasia è lo stato generale delle anime, un'apostasia sovente più stupida che voluta: si vive fuori di Dio, di nostro Signore, dello Spirito Santo, fuori da tutto ciò che è soprannaturale.
E nonostante ciò si è dei battezzati! Quale oltraggio alla grazia divina! Quale oltraggio allo Spirito Santo! Quale ingratitudine verso Dio, verso l'adorabile persona del Salvatore, verso lo Spirito Santo!

CAPITOLO III
COME SI PROPAGA IL MALE PRESENTE

La sorgente del male, l'abbiamo detto, è il peccato originale. Questa sorgente, però, è segretissima, e proprio dal segreto che l'avvolge trae maggior facilità per propagare i suoi veleni.
Il peccato originale è poco conosciuto, e spesso mal conosciuto. Poiché ha gettato le anime nell'ignoranza, sembra impegnarsi a nascondere soprattutto la sua malizia che essenzialmente consiste in due cose: la perdita della giustizia originale e il deterioramento della natura: ma oggi, pur ammettendo la perdita della giustizia originale, si vorrebbe tuttavia non riconoscere che la natura è stata deteriorata.
Questa conoscenza così monca del peccato originale lascia campo libero ad una folla di errori, ed è assolutamente impotente nella salvezza di alcunché, seguendo la massima assai conosciuta: «Bonum ex integra causa: malum ex quocunque defectu ».
Da questo non saper e non voler riconoscere il deterioramento della natura causato dal peccato originale derivano conseguenze funestissime.
La natura diventa orgogliosa di sé stessa nonostante la solenne espressione dell'Apostolo: « Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto » (1 Cor. 4,7) .
La natura, essendosi fatta cieca sul suo male, è portata ad abusare del suo proprio bene. Ne abusa col farsene una arma contro Dio e nello stesso tempo per ferire sé stessa con nuove ferite. Possiede la ragione, la libertà e i sensi e ne abusa. La sua insolente rivolta contro Dio l'imprigiona nel naturalismo; e con uno strascico di inevitabili conseguenze la sua ragione sprofonda nel razionalismo, la sua libertà nel liberalismo e i suoi sensi nella sensualità.
Eppure dopo tutte queste spaventose conquiste nel male, la natura, essendo rimasta insoddisfatta, si volta contro il Salvatore; nega la sua divinità, l'umanità, la grazia, la sua Chiesa, per finire col negare tutto. Poi dice a se stessa come l'antica Babilonia: « Io e nessuno fuori di me » (Is. 48,8).
È vero che il male non è grande in tutte le anime; ma negli stessi credenti le verità sono singolarmente diminuite. Esiste per essi un naturalismo addolcito che non si preoccupa di esser elevato a dogma, ma che si contenta perfettamente di esser accettato come dottrina pratica. C'è un razionali; smo mitigato che non condanna la fede, ma che spesso si riserva il diritto di giudicarla; c'è anche un liberalismo cattolico; e benché non si sia ancora osato di pronunciare il nome di un sensualismo cattolico, si deve tuttavia ammettere che il sensualismo ha già invaso molte anime cattoliche nelle quali la vita sensuale è giunta a soffocare la conoscenza della stessa mortificazione cristiana, senza la quale, però, secondo la testimonianza dell'Apostolo non esiste la vita davanti a Dio: « Poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del vostro corpo, vivrete » (Rm. 8,13) .
Qui bisogna sottolineare un fatto capitale sul quale il razionalismo ha singolarmente falsificato le idee delle stesse anime buone. Se si studiassero gli autori che hanno trattato della grazia fino al secolo XV o XVI e si confrontassero con essi gli autori dei tempi moderni, si potrebbe osservare che esiste tra loro una differenza considerevole. In quella si riconosce in tutta la sua potenza la grazia medicinale del Redentore, la gratuità e l'efficacia. Nei moderni, invece, l'efficacia della grazia per lo più è attribuita alla volontà della creatura mentre anticamente la si considerava come un dono della stessa grazia. Riteniamo perciò che gli uomini, anche quelli cristiani, del nostro tempo non sono in grado di leggere il trattato di San Bernardo: «De gratia et libero arbitrio» senza smarrirsi, e, forse, senza scandalizzarsi, L'Abate Rohrbacher non ha forse scritto che San Bernardo non seppe fare distinzione della natura e della grazia? Voi pigmei del secolo XIX, voi avete scritto ciò riguardo San Bernardo, voi avete scritto lo stesso di Sant'Agostino.
I piccoli uomini del tempo presente non hanno ricevuto dalla grazia le percezioni che ricevettero gli antichi, perciò non ritengono di aver tanta necessità di pregare per chiedere, ottenere e conservare la grazia. Che cos'è la preghiera oggi? Dove le anime che pregano? Non è forse vero che la maggior parte dei cristiani che ancora pregano fanno consistere la preghiera nella recita di formule? Oh quanto sono lontani dal cristianesimo di nostro Signore e dei suoi Apostoli che è spirito e vita!

CAPITOLO IV
COME PUÒ ESSERE GUARITO IL MALE PRESENTE

Nostro Signore è l'unico Salvatore degli uomini, perciò fuori di Lui non si trova assolutamente alcun rimedio ai mali che ci affliggono: « In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati » (At. 4,12) .
Se la natura è ammalata del male chiamato naturalismo, per essere guarita deve sottomettersi a Gesù, altrimenti conserverà il proprio male che la perderà senza posa e per sempre.
Bisogna però osservare che la sottomissione necessaria per la guarigione dev'essere totale e affettuosa: è necessario abbandonarsi al medico celeste per ricevere l'intera efficacia dei suoi divini rimedi: ogni riserva nella sottomissione non solo compromette la guarigione, ma spesso la fa diventare impossibile: « Io voglio essere battezzato, disse l'eunuco della regina d'Etiopia ». Si, gli rispose Filippo, se tu credi con tutto il tuo cuore; « si credis ex toto corde tuo » (Atti ,8,37). La salvezza si compie a questa condizione.
La ragione ha il suo male che è il razionalismo. Anch'essa per guarire ha bisogno di sottomettersi, di sottomettersi alla fede. Che cosa di più giusto! La ragione creata si deve tutta intera alla ragione increata, la ragione umana alla ragione divina.
Erra la ragione umana quando ,crede di farsi grande studiandosi di mostrare la sua indipendenza da Dio. Proprio come il figlio prodigo nell'abbandonare la casa paterna.. Che cosa trovò egli lontano da suo padre? L'indigenza e la vergogna. La ragione che si scosta dalla fede non può sognare altro. La sua salvezza sta nella parola del figlio prodigo: « Mi alzerò e andrò da mio padre » (Lc. 15,18) .
Qui bisogna sottolineare un'altra illusione grandemente funesta nella quale sono cadute molte persone sebbene di rispetto. Poiché è necessario che la ragione 'umana cammini clan la fede, queste persone reputarono di far bene diminuendo la fede; cioè attenuarono le divine esigenze della fede e diminuirono i suoi diritti imprescrittibili, con lo scopo, dicevano a se stessi, di farla più facilmente accettabile. Ma perché fare per le anime ciò che non farebbero per i corpi i medici degni di questo nome? Essi conoscono la dose necessaria perché un farmaco faccia guarire e non si lasciano indurre a prescrivere una dose minore col pretesto che sarà più facile a prendersi; sanno bene che a questa condizione noi vi sarebbe guarigione, e non faranno mai questo. Medici delle anime, perché saremo noi sacerdoti meno abili dei medici dei corpi? «I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» (Lc. 16,8).
La libertà ha il suo male che è il liberalismo. La libertà è una bellissima e degnissima facoltà dell'anima; il liberalismo è un modo di essere della libertà, ma un modo di essere falso e forzato. Perché la libertà si è data per il bene e per il merito, mentre il liberalismo è una libertà che si compiace fuori del bene e del merito. Come il razionalismo è un abuso della ragione, il liberalismo è un abuso della libertà: abuso che consiste nel fare della libertà stessa la regola della libertà. Ma Dio solo è regola a sé stesso e ogni creatura che vuole imitare Dio in questo non fa che imitare Satana, il primo fra i ribelli. La ragione ha la sua regola nella ragione di Dio che è la fede, e la libertà ha la sua regola nella volontà di Dio che è la carità.
La carità illumina, dirige, sostiene, fortifica la libertà e le fa compiere meravigliosi progressi: perché più l'uomo progredisce nel bene e nel merito, più è libero. Ascoltiamo la grande voce della Chiesa: « Populum tuum, quaesumus Domine, coelesti dono prosequere ut et perfectam libertatem consegui mereatur et ad vitam proficiat sempiternam » (Orazione del lunedì di Pasqua prima della riforma liturgica).
Ciò ci porta a citare nuovamente, per meglio comprenderla e ammirarla, la sublime frase di Sant'Agostino: « Libertas est charitas » (De natura et gratia, lib. I, cap. LXV) .
Se poi ci inoltriamo nello studio del male presente, troviamo il sensualismo, l'amore del benessere materiale, l'amore della soddisfazione dei sensi; l'impulso di Eva verso il frutto che le sembrava bello a vedersi e buono a mangiarsi.
Il rimedio a questo male tanto comune e così profondamente radicato nella natura è la penitenza. Fate penitenza, diceva nostro Signore ed era la prima parola della sua predicazione. La penitenza è così necessaria che un giorno egli disse: « Se non farete penitenza, perirete tutti allo stesso modo » (Lc. 13,3).
La parola penitenza è diventata poco gradita a intendersi e vi è una specie di pudore, di nuovo genere, a pronunciarla.
Ci si è allontanati dalla strada della penitenza che una specie di sant'uomo spacciò gravemente questa massima: «II digiuno non appartiene più allo spirito della Chiesa; oggi è l'orazione, è l'orazione». Ecco: col pretesto della spiritualità si è giunti a cancellare una buona parte del Vangelo: se poi qualcosa ne ha tratto guadagno, ci si dica che non è il sensualismo?