martedì 20 aprile 2010

La Sindone è un dono della Tradizione

La Sindone è un dono della Tradizione che di mano in mano, a partire da quelle purissime della B. Vergine Maria, l'ha trasmessa fino a noi. La Sindone è, come la Liturgia, testimone della fede per la forza che la Tradizione le attribuisce. Noi prima che l’immagine veneriamo la reliquia che la Tradizione ci ha consegnato come il lenzuolo che ha avvolto il Corpo santissimo di Nostro Signore Gesù Cristo. La Misericordia divina poi ha disposto le cose in modo tale che su tale lenzuolo, la Sacra Sindone, sia rimasta impressa l’immagine del nostro Redentore nel momento supremo del suo abbassamento e del suo innalzamento. È l’immagine del corpo martoriato nella sua rigidità cadaverica che ha impresso tale immagine sulla Sindone nel momento della Sua Risurrezione. È un’immagine unica perché è l’unica immagine possibile di un momento unico nella storia. La Sindone come la Liturgia ci ricorda la centralità della figura di Cristo: proprio in questi giorni il papa Benedetto XVI ha ricordato che “Se nella liturgia non emerge la figura di Cristo, (...) non abbiamo una liturgia cristiana” : ecco l’importanza di un culto come questo che "non può nascere dalla nostra immaginazione, che sarebbe un grido nell'oscurità o una semplice affermazione di sé. La verità liturgica presuppone che Dio risponda e ci mostri come possiamo adorarlo”. Senza la liturgia tradizionale rischiamo di cadere in un culto molto umano e poco divino; la Sindone ci dimostra ogni giorno di più quanto la sua origine sia umana solo nel telo e divina soprannaturale nell’immagine : un’immagine acherotipa (non fatta da mano d’uomo); anche la liturgia tradizionale ci accorgiamo sempre di più essere acherotipa: una realtà non fatta da mani d'uomo, come invece risulta impietosamente essere il novus ordo. Ecco solo un piccolissimo esempio: è di questi ultimi tempi la ricerca storica della prof.ssa Rigato che ha individuato nella stoffa della Sindone un tessuto particolarissimo, unico, eccezionale: quello che solo il Sommo Sacerdote poteva usare e usava per le sue vesti liturgiche. Ebbene ciò che la scienza afferma dopo innumerevoli ricerche la liturgia antica affermava candidamente già da tempo. È l’offertorio della Messa della Sacratissima Sindone: Ingréssus Aaron tabernáculum ut holocáustum offérret super altáre pro peccátis filiórum Israel, túnica línea indútus est. Allelúia. Levit., 16, 2 e 5 - Entrato Aronne nel tabernacolo, per offrire l’olocausto sull’altare per i peccati dei figli di Israele, indossò la tonaca di lino. Allelúia. Aronne è il Sommo Sacerdote per eccellenza e nella Messa della Sacratissima Sindone di N. S. Gesù Cristo si fa già riferimento alla sua tunica di lino.... Ed ora vediamo qualcosa di piu sul Sacro Lino grazie alla straordinaria capacità di sintesi di Antonio Socci...

Sindone: le prove della resurrezione

“Tutta la terra desidera il tuo volto”. In questa frase della liturgia sta il segreto della Sindone che continua ad attrarre milioni di persone. E’ l’attrazione per colui che la Bibbia definiva “il più bello tra i figli dell’uomo”. E che qui è “fotografato” come un uomo macellato con ferocia.

La Sindone non è solo “una” notizia oggi, perché inizia la sua ostensione. E’ “la” notizia sempre. Perché documenta – direi scientificamente – la sola notizia che – dalla notte dei tempi alla fine del mondo – sia veramente importante: la morte del Figlio di Dio e la sua resurrezione cioè la sconfitta della morte stessa.

Sì, avete letto bene. Perché la sindone non illustra soltanto la feroce macellazione che Gesù subì, quel 7 aprile dell’anno 30, con tutti i minimi dettagli perfettamente coincidenti con il resoconto dei vangeli, ma documenta anche la sua resurrezione: il fatto storico più importante di tutti i tempi, avvenuta la mattina del 9 aprile dell’anno 30 in quel sepolcro appena fuori le mura di Gerusalemme.

Che Gesù sia veramente vivo lo si può sperimentare – da duemila anni – nell’esperienza cristiana. Attraverso mille segni e una vita nuova. Ma la sindone porta traccia proprio dell’evento della sua resurrezione.

Ce lo dicono la medicina legale e le scoperte scientifiche fatte con lo studio dettagliato del lenzuolo per mezzo di sofisticate apparecchiature. Cosicché questo misterioso lino diventa una speciale “lettera” inviata soprattutto agli uomini della nostra generazione, perché è per la prima volta oggi, grazie alla moderna tecnologia, che è possibile scoprire le prove di tutto questo.

Cosa hanno potuto appurare infatti gli specialisti? In sintesi tre cose.

Primo. Che questo lenzuolo – la cui fattura rimanda al Medio oriente del I secolo e in particolare a tessitori ebrei (perché non c’è commistione del lino con tessuti di origine animale, secondo i dettami del Deuteronomio) – ha sicuramente avvolto il corpo di un trentenne ucciso (morto tramite il supplizio della crocifissione con un supplemento di tormenti che è documentato solo per Gesù di Nazaret).
Che ha avvolto un cadavere ce lo dicono con certezza il “rigor mortis” del corpo, le tracce di sangue del costato (sangue di morto) e la ferita stessa del costato che ha aperto il cuore.

Secondo. Sappiamo con eguale certezza che questo corpo morto non è stato avvolto nel lenzuolo per più di 36-40 ore perché, al microscopio, non risulta vi sia, sulla sindone, alcuna traccia di putrefazione (la quale comincia appunto dopo quel termine): in effetti Gesù – secondo i Vangeli – è rimasto nel sepolcro dalle 18 circa del venerdì, all’aurora della domenica. Circa 35 ore.

Terza acquisizione certa, la più impressionante. Quel corpo – dopo quelle 36 ore – si è sottratto alla fasciatura della sindone, ma questo è avvenuto senza alcun movimento fisico del corpo stesso, che non è stato mosso da alcuno né si è mosso: è come se fosse letteralmente passato attraverso il lenzuolo.

Come fa la sindone a provare questo? Semplice. Lo dice l’osservazione al microscopio dei coaguli di sangue.

Scrive Barbara Frale in un suo libro recente: “enormi fiotti di sangue erano penetrati nelle fibre del lino in vari punti, formando tanti grossi coaguli, e una volta secchi tutti questi coaguli erano diventati grossi grumi di un materiale duro, ma anche molto fragile, che incollava la carne al tessuto proprio come farebbero dei sigilli di ceralacca. Nessuno di questi coaguli risulta spezzato e la loro forma è integra proprio come se la carne incollata al lino fosse rimasta esattamente al suo posto”.

Lo studio dei coaguli al microscopio rivela che quel corpo si è sottratto al lenzuolo senza alcun movimento, come passandogli attraverso. Ma questa non è una qualità fisica dei corpi naturali: corrisponde alle caratteristiche fisiche di un solo caso storico, ancora una volta quello documentato nei Vangeli.

In essi infatti si riferisce che il corpo di Gesù che appare dopo la resurrezione è il suo stesso corpo, che ha ancora le ferite delle mani e dei piedi, è un corpo di carne tanto che Gesù, per convincere i suoi che non è un fantasma, mangia con loro del pesce, solo che il suo corpo ha acquisito qualità fisiche nuove, non più definite dal tempo e dallo spazio.

Può apparire e scomparire quando e dove vuole, può passare attraverso i muri: è il corpo glorificato, come saranno anche i nostri corpi divinizzati dopo la resurrezione.

Si tratta quindi di un caso molto diverso dalla resurrezione di Lazzaro che Gesù semplicemente riportò in vita. La resurrezione di Gesù – com’è riferita dai Vangeli e documentata dalla sindone – è la glorificazione della carne non più sottoposta ai limiti fisici delle tre dimensioni, l’inizio di “cieli nuovi e terra nuova”.

La “prova” sperimentale di questa presenza misteriosa di Gesù è propriamente l’esperienza cristiana: Gesù continua a manifestare la sua presenza fra i suoi continuando a compiere i prodigi che compiva duemila anni fa e facendone pure di più grandi.

Ma la sindone documenta in modo scientificamente accertabile l’unico caso di morto che – anziché andare in putrefazione – torna in vita sottraendosi alla fasciatura senza movimento, grazie all’acquisizione di qualità fisiche nuove e misteriose, che gli permettono di smaterializzarsi improvvisamente e oltrepassare le barriere fisiche (come quella del lenzuolo stesso).

E’ esattamente ciò che si riferisce nel vangelo di Giovanni: quando Pietro e Giovanni entrano nel sepolcro dove erano corsi per le notizie arrivate dalle donne, si rendono conto che è accaduto qualcosa di enorme proprio perché trovano il lenzuolo esattamente com’era, legato attorno al corpo, ma come afflosciato su di sé perché il corpo dentro non c’era più.

Più tardi, aprendo quel lenzuolo, scopriranno un’altra cosa misteriosa: quell’immagine. Ancora oggi, dopo duemila anni, la scienza e la tecnica non sanno dirci come abbia potuto formarsi. E non sanno riprodurla.

Infatti non c’è traccia di colore o pigmento, è la bruciatura superficiale del lino, ma sembra derivare dallo sprigionarsi istantaneo di una formidabile e sconosciuta fonte di luce proveniente dal corpo stesso, in ortogonale rispetto al lenzuolo (fatto anch’esso inspiegabile).

La “non direzionalità” dell’immagine esclude che si siano applicate sostanze con pennelli o altro che implichi un gesto direzionale. E ci svela che l’irradiazione è stata trasmessa da tutto il corpo (tuttavia il volto ha valori più alti di luminanza, come se avesse sprigionato più energia o più luce).

Quello che è successo non è un fenomeno naturale e non è riproducibile. Non deriva dal contatto perché altrimenti non sarebbe tridimensionale e non si sarebbe formata l’immagine anche in zone del corpo che sicuramente non erano in contatto col telo (come la zona fra la guancia e il naso).
Oggi poi i computer hanno permesso di rintracciare altri dettagli racchiusi nella sindone che tutti portano a lui: Gesù di Nazaret.

Dai 77 pollini, alcuni dei quali tipici dell’area di Gerusalemme (quello dello Zygophillum dumosum, si trova esclusivamente nei dintorni di Gerusalemme e al Sinai), alle tracce (sul ginocchio, il calcagno e il naso) di un terriccio tipico anch’esso di Gerusalemme. Ai segni di aloe e mirra usate dagli ebrei per le sepolture.

Infine le tracce di scritte in greco, latino ed ebraico impresse per sovrapposizione sul lenzuolo.

Barbara Frale ha dedicato un libro al loro studio, “La sindone di Gesù Nazareno”. Da quelle lettere emerge il nome di Gesù, la parola Nazareno, l’espressione latina “innecem” relativa ai condannati a morte e pure il mese in cui il corpo poteva essere restituito alla famiglia.

La Frale, dopo accuratissimi esami, mostra che doveva trattarsi dei documenti burocratici dell’esecuzione e della sepoltura di Gesù di Nazaret. Un fatto storico. Un avvenimento accaduto che ha cambiato tutto.

Antonio Socci
su “Libero”, 11 aprile 2010

da http://www.antoniosocci.com/2010/04/sindone-le-prove-della-resurrezione