SACERDOTE CON CRISTO SACERDOTE E VITTIMA
CAPITOLO II
L'UNIONE DEL SACERDOTE CON CRISTO SACERDOTE
Per il suo sacerdozio, qualunque sacerdote deve intimamente unito a Cristo.
Tutti i fedeli, come viatori, son tenuti, ossia obbligati ad osservare sempre meglio il massimo precetto dell’amor di Dio. Tale precetto infatti non si limita ad un nato grado di carità; per esempio a dieci talenti; ma è detto, senza alcuna limitazione: «Amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta l'anima tua. tutte le tue forze, e con tutto il tuo spirito: e il tuo prossimo come te stesso » (1). E il viatore deve sempre crescere nella carità, perchè si avvicina a Dio con l'aumentare dell'amore, come se facesse dei passi sulla via dell'amore (2).
Tale perfezione di carità è compresa in questo precetto, non come materia, chè non la si può raggiungere subito, ma come fine al quale tutti devono tendere, ognuno nel proprio stato, chi nel matrimonio, chi in religione, come fratello converso o come religiosa, chi come sacerdote (3). Ed il viatore che non volesse progredire nella carità, commetterebbe già un peccato contro il massimo comandamento, che è formulato senza alcuna limitazione. Non tenderebbe più al fine e si comporterebbe come se l’avesse raggiunto, mentre in realtà non vi sarebbe ancora arrivato. Se tutti i fedeli sono tenuti, per quest’obbligo generale fondato sul supremo precetto, a tendere alla perfezione della carità, vale a dire alla perfezione cristiana, perché la carità ci unisce a Dio e dirige tutte le altre virtù, il sacerdote vi è tenuto con un obbligo speciale perchè ha ricevuto una speciale vocazione.
Si insegna comunemente che il sacerdote anche secolare, deve tendere alla perfezione propriamente detta, in forza della sua ordinazione e del suo ministero, anzi gli si richiede una santità maggiore, per la celebrazione della messa e la santificazione delle anime, di quella che non si richieda ad un religioso che non sia anche sacerdote, per esempio ad un converso o ad un monaco.
Ciò viene confermato da tre argomenti : 1) L'ordinazione sacerdotale; — 2) Il ministero riguardante il Corpo sacramentale di Cristo; — 3) Il ministero riguardante il Corpo mistico di Cristo. Questo è di fede almeno secondo il magistero ordinario ed universale della Chiesa espresso nel Pontificale.
1) L'ORDINAZIONE. Vi si fa menzione nel Pontificale romano, a proposito della ordinazione del presbitero: “Il Signore scelse i settantadue per insegnare con la parola e con l'esempio che i ministri della Chiesa devono essere perfetti nella fede e nelle opere ossia radicati nel duplice amore di Dio e del prossimo” (4).
Ciò appare evidente dai requisiti richiesti per accedere alla ordinazione, e dai suoi effetti.
Fra tali requisiti sono necessari lo stato di grazia, l’idoneità, ed una rettitudine di vita maggiore di quella richiesta per entrare nella vita religiosa. A tale proposito S. Tommaso (5): «Gli ordini sacri esigono come condizione preliminare la santità, ma lo stato religioso è una particolare forma di vita adatta a conseguirla». Perciò, secondo la tradizione, si vede che per entrare in religione basta il grado di principiante, ossia la vita purgativa, mentre per l'ordinazione sacerdotale il grado conveniente è quello dei proficienti, vale a dire la vita illuminativi, all’episcopato poi conviene il grado dei perfetti, o la vita vita unitiva (6). Nell'art. 8 S. Tommaso dice: « Per mezzo dell'ordine sacro l'uomo è deputato al ministero più alto, quale è quello di servire allo stesso Cristo nel sacramento dell'altare, e per esso si richiede una santità interiore più grande di quella che si richieda anche per lo stato religioso», per esempio in un fratello converso, in una religiosa o in un novizio professo.
Anche dagli effetti dell’ordinazione risulta chiaro che il sacerdote deve tendere alla perfezione in modo speciale. Infatti nell’ordinazione si riceve il carattere sacerdotale, come incancellabile partecipazione al sacerdozio di Cristo per validamente consacrare ed assolvere. Un santo laico, come S. Benedetto Giovanni Labre avrebbe potuto pronunciare le parole della consacrazione e non produrre la transustanziazione, né dare l'assoluzione; lo stesso accadrebbe ad un angelo e persino alla Beata Vergine Maria (sebbene ella abbia dato qualcosa di più al Verbo: ossia la natura umana ed abbia offerto con Lui una immolazione non incruenta, ma cruenta). Inoltre nel momento della ordinazione si riceve la grazia sacramentale dell’ordine per esercitare santamente, sempre più santamente le funzioni sacerdotali. Perciò S. Tommaso dice (7): « quelli che sono investiti del divino ministero acquistano una dignità regale e devono essere perfetti nella virtù», come si legge anche nel Pontificale (8). L'ordinazione sacerdotale è certo assai più sublime della professione religiosa. Tale grazia sacramentale è una modalità della grazia abituale e dà diritto a ricevere grazie attuali per celebrare in modo sempre più santo: «Eccoti sacerdote e consacrato per celebrare, bada ora di offrire nel tempo opportuno il sacrificio a Dio con fedeltà e devozione e di mostrarti a tutti irreprensibile. Non hai alleggerito il tuo peso, ma sei ora legato con un vincolo più stretto di disciplina, sei tenuto ad una maggiore perfezione di santità. Il sacerdote deve ornato di tutte le virtù e dare agli altri esempio di vita santa» (9).
2) IL MINISTERO RIGUARDANTE IL CORPO SACRAMENTALE DI CRISTO, mostra anche meglio l'obbligo speciale del sacerdote di tendere alla perfezione. In primo luogo perché il sacerdote celebrando fa le veci di Cristo, è come un altro Cristo. Perciò egli deve unirsi con la mente e con il al sommo sacerdote, che è stato insieme santissima ostia, in modo da essere ministro conscio del suo ufficio e da celebrare degnamente e santamente. Sarebbe ipocrisia, almeno indirettamente volontaria a causa della negligenza, avvicinarsi all'altare senza la ferma volontà di progredire nella carità. È infatti dovere di ogni fedele, di qualsiasi condizione di vita, il progredire nella carità, secondo il massimo comandamento, che è senza, limitazione di sorta «Amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore...».
Di questa santità richiesta per la celebrazione messa, o che almeno conviene ad essa in modo assai dente, si parla molto bene nella Imitazione di Cristo (10): «Il sacerdote, rivestito dei sacri paramenti, fa le veci di Cristo per supplicare e pregare Dio umilmente per sé e per tutto il popolo. Porta davanti e dietro il segno della croce, in continuo ricordo della Passione di Cristo. Davanti sulla pianeta, porta la croce per osservare con diligenza gli esempi di Cristo e cercare di seguirli con fervore: è segnato alle spalle con la croce perché sopporti pazientemente per amor di Dio tutte le traversie che gli vengono dagli uomini».
3) IL MINISTERO RIGUARDANTE IL CORPO MISTICO DI CRISTO, ossia, il fatto che il sacerdote deve santificare le anime altrui per mezzo della predicazione della parola divina, del ministero della confessione e della direzione, è una nuova conferma di questa dottrina (11).
È necessario mettere in evidenza parecchie CONSEGUENZE (12):
1) il sacerdote deve considerarsi come ordinato soprattutto per offrire il sacrificio della Messa: nella sua vita tale sacrificio è qualcosa di bene più alto dello studio, o delle opere esteriori di apostolato. Lo studio deve essere ordinato ad acquistare una cognizione sempre più profonda del mistero di Cristo, supremo sacerdote, e l'apostolato deve derivare dall'unione del sacerdote con Cristo, sacerdote principale. Anzi la celebrazione della messa è così intimamente congiunta alla perpetua oblazione di Cristo sempre vivente e sacerdote principale, da superare il ministero degli angeli, custodi delle anime, e viene subito dopo la missione unica della Beata Vergine Maria, che diede al Figlio di Dio la natura umana, e offrì con Lui la sua cruenta immolazione sul Calvario.
I teologi si sono chiesti: in qual modo il ministero dell'uomo sacerdote può superare quello degli Angeli che hanno una natura più sublime della nostra? Molti hanno così risposto: L'’aquila, pur essendo di una specie inferiore all'uomo, ha le ali ed una vista più acuta di quella dell'uomo. Come l'aquila supera l'uomo per le ali e la vista, così il sacerdote che celebra ed assolve supera gli angeli. S. Efrem nella sua opera De sacerdotio (13) dice: Supera la ragione e l'intelletto... il dono della sublime dignità sacerdotale. Il sacerdote si trova a suo agio tra gli angeli… Giacchè tratta familiarmente con lo stesso Signore degli angeli, ed ottiene facilmente, quasi per suo diritto, ciò che vuole, non appena lo chieda».
Perciò l'autore della Imitazione dice (14): «Se tu avessi anche la purità degli angeli. e la santità di Giovanni Battista non saresti degno di ricevere, né di amministrare questo sacramento... Grande è questo mistero, grande è la dignità dei sacerdoti, ai quali è concesso ciò non è dato agli angeli!».
2) Praticamente ne consegue: nel momento della consacrazione il celebrante deve unirsi umilmente ed intimamente al Sacerdote principale. Se si abbassa nella più grande umiltà, in modo che apparisca Cristo, allora viene glorificato ed onorato come facente veramente le veci di Cristo. «Egli deve crescere, io essere abbassato (Gv. 3, 30). E come la umanità di Cristo, spogliata della propria personalità, è stata glorificata ed onorata per la sua unione ipostatica con la persona del Verbo, così il celebrante, non consacrando affatto in nome proprio, viene elevato alla gloria più sublime, perché diviene come un altro Cristo. Se l'umanità di Cristo avesse lasciato la persona sona divina del Verbo, e preso quella umana, proprio per questo avrebbe perduto il valore infinito dei suoi meriti: lo stesso avverrebbe per analogia se il celebrante operasse non in nome di Cristo, ma in nome proprio, perderebbe cioè tutta la sua dignità e non consacrerebbe (15). La unione della dignità e della umiltà del sacerdote è espressa dalle parole di S. Paolo nella II ai Cor. (4, 7): Ora noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, onde la sublimità della virtù sia di Dio e non da noi ». E ugualmente tale unione è espressa dalle parole della liturgia : «O Dio, esaltazione degli umili, che innalzasti alla gloria dei santi il beato Francesco da Paola, concedi, ti preghiamo...».
Il sacerdote esercita pienamente il suo sacerdozio solo mediante la consacrazione e la elevazione del Corpo di Cristo e del suo preziosissimo Sangue.
Da ciò risulta evidente che il celebrante deve unirsi sempre più intimamente a Cristo per la fede viva, illuminata dai doni dello Spirito Santo, per la fiducia illimitata, e l'amore ogni giorno più puro e perfetto.
Diversi modi di celebrare la messa.
Bisogna avere sempre presente alla memoria che Cristo è il sacerdote principale nel Sacrificio della Messa, ed il celebrante deve tendere ad una unione attuale e sempre più intima con Lui. Vi sono però dei modi assai diversi di celebrare, ossia: vi è la messa sacrilega, la messa affrettata, la messa esteriormente corretta, ma senza spirito di fede, la messa celebrata degnamente e piamente, e la messa dei santi. Tutto questo mi è stato detto in un breve colloquio, dal fondatore della congregazione della ««Fraternità sacerdotale » e vale la pena di meditarlo.
Nella messa sacrilega il cuore del celebrante è lontano da Dio, lontano da Cristo, sacerdote principale, e questa celebrazione indegna costituisce un peccato gravissimo. Tale messa conserva tuttavia il suo valore infinito da parte della vittima immolata e del principale offerente; perciò in essa è infinito il valore dell'adorazione, riparazione, della impetrazione, del ringraziamento, in virtù dell'atto teandrico del principale offerente che sempre vivente, intercede per noi.
Ma se i fedeli sono a conoscenza dello stato dell’anima di un tale sacerdote, ne deriva uno scandalo enorme, le cui conseguenze non possono essere misurate. « Corruptio optimi pessima »; così viene falsificata la vita sacerdotale; da questo derivano una falsa carità, una falsa prudenza, l'ipocrisia, i falsi consigli, i pessimi esempi. S. Caterina da Siena, in un suo Dialogo parla spesso di tale scandalo, e dice che la Chiesa le è apparsa come una vergine dalle labbra corrose dalla lebbra. Questi sacrilegi esigono riparazione da parte del sacerdote colpevole, e talvolta tale riparazione viene offerta a Dio da sante anime contemplative che soffrono moltissimo per ottenere la conversione dei sacerdoti miseramente caduti.
La messa affrettata, ossia celebrata con la massima rapidità in quindici minuti, e talvolta con una coscienza dubbia, è, a modo suo, già uno scandalo. S. Alfonso de’ Liguori, da vescovo, proibì questo modo di celebrare la messa nella sua diocesi e scrisse su questo argomento.
Tali sacerdoti hanno perduto il giusto senso della gravità e della serietà della loro vita; ciò è avvenuto perchè per essi non è la messa che ha la massima importanza, bensì la vita esteriore, l'attività esterna, lo pseudo apostolato: infatti la loro vita interiore si riduce quasi a nulla, e al loro apostolato manca l'anima.
Quale differenza tra queste messe e quelle di cui parlava S. Giovanni Fisher, martire inglese, quando diceva ai luterani del suo tempo: «La Messa è il sole spirituale, che sorge ogni giorno per diffondere luce e calore in tutte le anime».
Tali messe affrettate sono invece uno scandalo, perchè vi si recitano meccanicamente, senza alcuno spirito di fede, il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus. Non si pronunciano nemmeno materialmente le parole, per la fretta eccessiva. E le preghiere del Messale vengono pronunciate come parole di nessuna importanza, mentre il loro significato è così profondo, che soltanto in cielo lo comprenderemo appieno..
È un miserabile verbalismo, del tutto opposto alla contemplazione. Se vi sono parole che debbono essere dette con consapevolezza e penetrazione contemplativa, sono proprio queste del Messale: Il Kyrie, il Gloria, íl Credo, il Sanctus, e invece vengono recitate macchinalmente, per finire più presto. Similmente si genuflette rapidamente, senza nessun senso di adorazione. Tali messe così affrettate possono fare un gran male a quelli che si avvicinano alla Chiesa cattolica e cercano un vero sacerdote a cui possano aprire la loro coscienza per trovare la verità. Il Signor von Hügel, che scrisse la vita di S. Caterina da Genova dice: «Certi ecclesiastici non hanno senso religioso più delle mie scarpe»..
Dopo tali messe affrettate si sopprime generalmente il ringraziamento o lo si riduce quasi a nulla.
Poi vi sono le messe esteriormente corrette, ma celebrate senza spirito di fede. Il sacerdote presta sufficiente attenzione al rito esterno, alle rubriche, anzi talvolta è un rubricista, ma celebra come un, funzionario ecclesiastico e non mostra di avere alcun senso religioso. Conosce sì le rubriche e le osserva, ma è evidente che non pensa affatto al valore infinito della messa, né al principale offerente del quale è ministro. Tale celebrante è «un altro Cristo » solo in modo esterno; in forza del carattere che dà validità alla messa, ma non si manifesta in lui una anima sacerdotale: è evidente che fin dal momento della ordinazione non si è avuto in lui un aumento di grazia santificante e di quella sacerdotale. Questa grazia. era un tesoro da far fruttificare, e non si vedono i suoi frutti, invece piuttosto appare la sua sterilità.
E talvolta chi celebra così la messa crede di far bene quello che fa, perchè osserva attentamente le rubriche, ma non aspira a nulla di più alto. Dice il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus, le parole della Consacrazione e della Comunione senza spirito di fede.
Questi sacerdoti, se muoiono in stato di grazia. dopola morte devono assai soffrire in purgatorio per l’incuria loro, e desiderare delle messe celebrate per essi molto bene a scopo di riparazione.
La messa celebrata degnamente e piamente è invece è quella detta con spirito di fede, confidenza in Dio, amore per Lui e per le anime. Si sente in essa il soffio e l’impulso delle virtù teologali che ispirano la virtù di religione. Allora il Kyrie eleison è una vera preghiera d'implorazione, il Gloria in excelsis Deo è adorazione dell'Altissimo; il Vangelo del giorno è letto con fede profonda; le parole della consacrazione sono proferite in unione attuale con Cristo, principale offerente e con una certa cognizione dell'irradiamento spirituale di tale oblazione ed immolazione sacramentale in tutto il mondo e fino nel purgatorio. E l'Agnus Dei è detto chiedendo davvero la remissione dei peccati; il Communio infine è quello che deve essere, ogni giorno sostanzialmente più fervoroso e più fecondo di quello del giorno precedente, per il quotidiano aumento della carità, prodotto dall'Eucaristia. La distribuzione della comunione ai fedeli non è meccanica, ma è una elargizione ad essi di vita sovrabbondante, perchè posseggano sempre più copiosamente la vita soprannaturale. Il sacrificio della Messa viene terminato dalla contemplazione semplice e viva del Prologo del Vangelo secondo Giovanni. Poi si fa il ringraziamento particolare, che in alcuni giorni di festa, può prolungarsi come orazione mentale, se vi è tempo. È infatti proprio il momento più propizio per una intima orazione mentale, perchè abbiamo Cristo sacramentalmente presente in noi e l'anima nostra è sotto il suo influsso attuale, purché rimanga nel raccoglimento.
Cosa si deve dire della messa dei santi? Il sacrificio eucaristico celebrato da S. Giovanni Evangelista in presenza della Beata Vergine Maria era una vera continuazione sacramentale del sacrificio della Croce, la cui memoria era vivissima nella mente della Madre di Dio e del suo figlio spirituale. La messa di S. Agostino dopo le ore di contemplazione espressa nel De civitate Dei o nel De Trinitate, doveva essere una unione intima con Cristo sacerdote.
Lo stesso dicasi della messa di S. Domenico, di San Tommaso, di S. Bonaventura, che hanno scritto preghiere di ringraziamento ancora in uso; e di quella di S. Filippo Neri, che era spesso rapito in estasi dopo la consacrazione per l'intensità della sua contemplazione e dell'amore per Gesù sacerdote e vittima.
Molti fedeli che videro celebrare S. Francesco di Sales, ebbero sempre per lui una grandissima venerazione. Il santo curato d'Ars diceva : «Se comprendessimo che cosa è la messa, moriremmo!». «Il sacerdote dovrebbe essere santo per celebrarla degnamente. Quando saremo in cielo, vedremo che cosa è la messa e come l'abbiamo celebrata spesso senza la riverenza, l'adorazione ed il raccoglimento dovuti».
Come è detto nella Imitazione (16) i santi uniscono sempre l'oblazione personale dei loro dolori a quella di Cristo, sacerdote e vittima. Il Padre Carlo de Foucauld, celebrando la messa fra i maomettani in Africa, si offriva per essi, intendendo preparare così la loro futura evangelizzazione.
La messa dei santi è come una prolusione, o un preludio, quasi un inizio del culto eterno, che già viene espresso alla fine del prefazio dalle parole: «Sanctus, Sanctus, Sanctus».
(1) Lc. 10, 27; Deut. 6, 5.
(2) Cfr. S. Tommaso, Somma Teol. II-II, q. 184, a. 3 ad 2.
(3) Cfr. la nostra opera: Les trois áges de la vie intérieure, v. I, pag. 267.
(4) Così si esprime S. Tommaso (IV Sent., disc. 24, q. 2). L’argomento è sviluppato dal Card. Mercier, La vie intérieure, Ret. Sacerdot., 1919, pag. 200, 140-167.
(5) Somma Teol. II-II, q. 189, a. 1 ad 3.
(6) Cfr. II-II, q. 184, aa. 7-8.
(7) IV Sent., disc. 24, q. 2.
(8) Cfr. Somma Teol. suppl., q. 35, a. I ad 2; De Ordine, c. III, q. 63. a. 3.
(9) Cfr. Imitazione di Cristo, I. IV, c. 5.
(10) L. IV, c. 5.
(11) Cfr. Les trois áges de la vie intérieure, v. I, pag. 303.
(12) Cfr. P. S. M. Giraud, Prêtre et hostie, 5 ed., 1924, v. I, pag. 270.
(13) Opere, Anversa, ed. 1619, pag. 19.
(14) L. IV, cap. 5.
(15) Cfr. P. S. M. Giraud, op. cit., v. I, pag. 279.
(16) L. IV, cap. 9.
(1) Lc. 10, 27; Deut. 6, 5.
(2) Cfr. S. Tommaso, Somma Teol. II-II, q. 184, a. 3 ad 2.
(3) Cfr. la nostra opera: Les trois áges de la vie intérieure, v. I, pag. 267.
(4) Così si esprime S. Tommaso (IV Sent., disc. 24, q. 2). L’argomento è sviluppato dal Card. Mercier, La vie intérieure, Ret. Sacerdot., 1919, pag. 200, 140-167.
(5) Somma Teol. II-II, q. 189, a. 1 ad 3.
(6) Cfr. II-II, q. 184, aa. 7-8.
(7) IV Sent., disc. 24, q. 2.
(8) Cfr. Somma Teol. suppl., q. 35, a. I ad 2; De Ordine, c. III, q. 63. a. 3.
(9) Cfr. Imitazione di Cristo, I. IV, c. 5.
(10) L. IV, c. 5.
(11) Cfr. Les trois áges de la vie intérieure, v. I, pag. 303.
(12) Cfr. P. S. M. Giraud, Prêtre et hostie, 5 ed., 1924, v. I, pag. 270.
(13) Opere, Anversa, ed. 1619, pag. 19.
(14) L. IV, cap. 5.
(15) Cfr. P. S. M. Giraud, op. cit., v. I, pag. 279.
(16) L. IV, cap. 9.