La lotta solitaria di Ratzinger
contro pedofili e gerarchie vaticane
di Antonio Socci
Ma com’è possibile che a creare problemi al Papa, a non capirlo, a non seguirlo, ad esporlo a situazioni assurde, siano proprio coloro che dovrebbero aiutare la sua missione?
Ormai l’elenco degli “incidenti” sta diventando interminabile. Lasciamo da parte quelli storici (fra i quali i quali risaltano il boicottaggio e l’opposizione aperta al Motu proprio per il ritorno dell’antica liturgia e la disastrosa gestione curiale della revoca della scomunica ai tradizionalisti). Consideriamo solo gli ultimi casi. Anzitutto l’orrendo martirio del vescovo Padovese. Ieri sul Corriere, Vittorio Messori denuncia la «noncuranza dell’Occidente» e l’ennesimo alibi turco del «pazzo isolato», ma dimentica di dire che è stato incredibilmente l’apparato curiale – traendo in inganno il Papa – a gabellare il vero e proprio martirio del vescovo, per un omicidio che non aveva risvolti religiosi, né politici: una questione personale.
E non è stata ancora una volta la Segreteria di stato vaticana a decidere che al funerale di un vescovo così importante, presidente di conferenza episcopale, appena martirizzato, non andasse nessun delegato della Santa Sede?
Ma passiamo dal tragico all’assurdo. È noto che Benedetto XVI aveva deciso di proclamare Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars, patrono dei preti di tutto il mondo. Aveva spiegato in molte occasioni come e perché lo ritiene un modello per tutti i sacerdoti (in sostanza il Papa ripete che il prete deve puntare alla santità, non all’efficienza). Perfino la sua omelia di ieri, per la chiusura solenne dell’Anno sacerdotale esordiva proprio così, parlando del santo Curato.
Eppure, diversamente dagli annunci, la proclamazione, che doveva avvenire appunto ieri, con un Motu proprio pontificio, non c’è stata. A questo punto si è creato un giallo: perché il santo all’ultimo momento è stato spazzato via nonostantela volontà del Papa? Le cinque risposte che sono state date sono una più ridicola e inquietante dell’altra.
La prima la rende nota l’agenzia francese I-Media: il curato d’Ars non sarebbe «abbastanza rappresentativo del sacerdozio del XXI secolo, né abbastanza universale». Questa sciocchezza è l’esatto opposto di quanto pensa il Pontefice. Come può aver prevalso sul giudizio del Papa? Seconda: questo santo non rifletterebbe «completamente la figura del prete di oggi, all’epoca della comunicazione». Qui c’è da scompisciarsi dal ridere. Il modello da inseguire sarebbe dunque il “prete digitale”? E allora dove buttiamo san Francesco, san Tommaso d’Aquino e Gesù stesso che non usarono il computer, internet, la tv e il cellulare?
Terza. Padre Lombardi, della sala stampa vaticana ha dichiarato che quella proclamazione era circolata come generica voce di stampa. È avvilente che il buon gesuita sia costretto dalla Segreteria di stato a dire queste assurdità. Perché tutti sanno bene che non era una voce, ma una notizia ufficialissima che addirittura l’Ufficio delle cerimonie liturgiche della Santa Sede aveva diramato e che ancora il 9 giugno è stata pubblicata dall’Osservatore romano.
La quarta risposta l’ha riportata Andrea Tornielli nel suo blog: «Oltretevere si sussurra della protesta di alcuni episcopati non europei, che avrebbero preferito una figura meno legata al Vecchio Continente». Incredibile. Se Dio ha suscitato in Europa un sacerdote santo come il Vianney deve chiedere il permesso a questi episcopati?
Infine- aggiunge Tornielli- «c’è anche chi ipotizza che alla marcia indietro possa aver contribuito . alche ritardo “tecnico” negli uffici vaticani». E qui si torna alla vecchia storia dei ritardi nelle traduzioni dei documenti del Papa (perfino delle encicliche), di ciò che sta nel sito vaticano eccetera. In sostanza: qualcuno rema contro il Papa?
Un’altra vicenda. Il Papa, ormai in ogni occasione, torna a martellare sulla questione dei preti pedofili. L’ha fatto la settimana scorsa parlando ai vescovi italiani e di nuovo ieri nell’omelia solenne: « proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti – soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario. Anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più».
Perché nessuno sembra voler seguire il Papa? Bagnasco giorni fa parlò in termini critici di alcuni vescovi, ma, a queste parole generiche, non sono mai seguiti i fatti. Casi clamorosi, sanciti da solenni condanne della Santa Sede, come quello dell’ex-prete di Firenze, non i sono ancora stati seguiti da vere e solenni richieste di perdono alle vittime da parte della Chiesa fiorentina. Perché? Perché solo a Roma, in San Pietro, è stata fatta una veglia di preghiera per le vittime? Ieri il Papa ha usato anche parole forti chiedendo ai vescovi di «usare il bastone del pastore … Proprio l’uso del bastone» ha spiegato il Pontefice «può essere un servizio di amore. Oggi vediamo che non si tratta di amore, quando si tollerano comportamenti indegni della vita sacerdotale».
Più chiaro di così. Oltretutto il Papa incita a «usare il bastone» anche per «proteggere la fede contro i falsificatori, contro gli orientamenti che sono, in realtà, disorientamenti».
Certamente vi è compreso il falso misticismo, il controllo e il dominio delle coscienze … C’è da riflettere. Anche per tutta la Chiesa. Perché il Papa aggiunge: «Come pure non si tratta di amore se si lascia proliferare l’eresia, il travisamento e il disfacimento della fede, come se noi autonomamente inventassimo la fede».
Ma quanti sono i vescovi che si preoccupano della retta dottrina e di quello che si insegna nelle parrocchie, nei loro seminari, sulla stampa cattolica? Sembrano in genere più preoccupati dell’otto per mille e di essere ben recensiti sulla stampa che di custodire i dogmi della fede.
Giovedì, davanti a 17 mila sacerdoti che hanno dato testimonianze bellissime, Benedetto XVI, è tornato su altre piaghe che ha chiamato «clericalismo» e «teologia dell’arroganza», la quale «non nutre la fede e oscura la presenza di Dio nel mondo».
Già nel discorso del 26 maggio dopo aver invitato alla santificazione, ha denunciato lo stravolgimento del concetto di «gerarchia» che non può essere «potere», ma «servire». Denunciando poi gli «abusi di autorità» e il «carrierismo». Ho letto un’accorata e giusta riflessione di un vescovo, monsignor Negri, su questo discorso. Ma che meravigliosa ventata di rinnovamento vivrebbe la Chiesa se tutto l’episcopato seguisse l’umile e grandioso isegnamento del Papa che può essere paragonato al grandi papi riformatori del Medioevo.
Spettacolo squallido
In realtà lo spettacolo che vediamo nella realtà – anche in queste settimane – è ben diverso e squallido: cordate di potere al lavoro per piazzare fedelissimi nelle varie sedi episcopali e negli alti incarichi di Curia.
Benedetto XVI però non si stanca di far capire quanto sia vano e triste vivere così la Chiesa. Di recente ha detto: «Nessuno è realmente capace di pascere il gregge di Cristo, se non vive una profonda e reale obbedienza a Cristo e alla Chiesa, e la stessa docilità del Popolo ai suoi sacerdoti dipende dalla docilità dei sacerdoti verso Cristo; per questo alla base de ministero pastorale c’è sempre l’incontro personale e costante con il Signore». Come insegnano il Curato d’Ars e altre meravigliose figure di sacerdote, anche del nostro tempo (come padre Pio) che però, guarda caso, di solito, hanno dovuto soffrire a causa di ecclesiastici in posizioni di potere. Molti sono confusi e non capiscono cosa sta accadendo alla Chiesa. Ebbene, quella Di Benedetto XVI è una vera, grande rivoluzione, l’unica possibile per i cristiani: tornare all’inizio, a Gesù Cristo.
da "Il Foglio" del 12 giugno 2010