giovedì 16 settembre 2010

non c’è via di mezzo tra l’ateismo e il cattolicesimo (card. J.H. Newman)

Il viaggio più difficile di
B-XVI
Da oggi nella patria di Newman, parlerà del ruolo pubblico della religione
di Paolo Rodari

Benedetto XVI parte oggi per il suo diciassettesimo viaggio. Ventotto anni dopo la visita pastorale di Giovanni Paolo II (fu invitato dalla comunità cattolica), questa volta un Pontefice romano sbarca in Scozia e Inghilterra (da oggi fino a domenica) invitato direttamente dalla Regina, capo di stato e della comunità anglicana, e dal governo del paese. “E’ forse il viaggio più difficile per papa Ratzinger”, dicono in Vaticano, e ne spiegano il motivo: Benedetto XVI deve proporre a un paese secolarizzato e da secoli ostile al cattolicesimo e al Papa la ragionevolezza del credere cattolico e, dunque, degli insegnamenti cristiani. E lo deve fare in un paese che se sulla carta vuole garantire pari opportunità a tutti, nella pratica spesso osteggia chi crede ledendo così il concetto stesso di libertà religiosa.

Papa Ratzinger non deve convincere soltanto i critici più radicali alla Richard Dawkins e Christopher Hitchens – i due atei dichiarati hanno chiesto pubblicamente l’arresto del Pontefice per crimini contro l’umanità non appena quest’ultimo atterri in Gran Bretagna – ma anche la maggioranza del paese che i sondaggi dicono indifferente a Dio e a ogni forma di credo e, insieme, i cristiani stessi, cattolici e protestanti, che qui come non sempre avviene in altri paesi europei arretrano, col beneplacito delle gerarchie e dei propri pastori, di fronte alle sfide del secolo.

Luigi Accattoli, vaticanista, era sul volo che portò Giovanni Paolo II nel Regno Unito nel 1982. Dice: “La sfida per Ratzinger non è semplice. Ma così fu anche per Wojtyla quasi trenta anni fa. Giovanni Paolo II arrivò in Gran Bretagna mentre il paese era in guerra con l’Argentina per le Falkland. Parlò di pace e ne spiegò le ragioni alla luce della fede. Parlò della necessità di vivere la fede dentro le scelte pubbliche di tutti i giorni. Parlò chiaramente e sorprendentemente ricevette consensi. L’antipapismo era vivo anche allora. Ma la fede e il credere annunciati senza paure colpiscono e così credo possa essere per Benedetto XVI”.

Prima in Scozia per l’incontro con la Regina e la comunità cattolica del paese, poi a Londra per gli incontri più istituzionali, infine a Birmingham per la beatificazione del cardinale John Henry Newman, la quattro giorni del Papa nel Regno Unito è un tour de force con due appuntamenti più attesi degli altri: il discorso di venerdì pomeriggio alla società civile, al mondo accademico e culturale, ai diplomatici e ai leader religiosi nella Westminster Hall di Londra, e l’omelia per la beatificazione di Newman domenica mattina.

Il tema del discorso alla società civile ha avuto una sua anticipazione il 2 febbraio scorso quando il Papa ricevette in Vaticano i vescovi inglesi. Benedetto XVI non usò un linguaggio politically correct e, infatti, le critiche piovvero copiose da oltre la Manica. Davanti a sé il Pontefice aveva i vescovi inglesi, ma il vero obiettivo erano coloro che portavano avanti nel paese una legislazione fortemente restrittiva per le ragioni di chi crede. Tutto fu incentrato attorno al tema del ruolo pubblico della fede e alla necessità di garantire a tutti la libertà religiosa. Il Papa alluse all’Equality Bill, cioè alla legislazione britannica che, in nome della non discriminazione, costringe le agenzie cattoliche a concedere l’adozione di bambini anche a coppie di omosessuali. Con un rimprovero implicito ai vescovi inglesi sovente troppo accomodanti, Ratzinger disse che se il Regno Unito “è ben noto per il suo saldo impegno nell’assicurare pari opportunità per tutti i membri della società”, tuttavia “l’effetto di una certa legislazione per raggiungere questo obiettivo è stato l’imposizione di limitazioni ingiuste alla libertà di agire secondo il proprio credo a comunità religiose”. E ancora: “La fedeltà al Vangelo non limita in alcun modo la libertà di altri. Al contrario, è al servizio di quest’ultima perché offre loro la verità”. Concetti che, trapela dal Vaticano, saranno presenti nelle prossime ore nei discorsi papali.

Instancabilmente al servizio della verità fu John Henry Newman. Convertitosi dall’anglicanesimo al cattolicesimo era convinto che la coscienza portasse sempre l’uomo alla chiesa, ovvero a riconoscere ciò che la chiesa insegna come vero. Per questo Newman è una spina nel cuore della società inglese. Una società che anche quando crede subisce fortemente l’influenza di una visione relativista. Fu nell’“Apologia” che Newman scrisse che “non c’è via di mezzo tra l’ateismo e il cattolicesimo”. Occorre abbracciare o l’uno o l’altro. E abbracciare il cattolicesimo significa ammettere che un credo non vale l’altro, che, come disse lui stesso, “la religione non è un affare personale o una proprietà privata”. E’ stato l’Osservatore Romano a dedicare a questo tema un lungo pezzo firmato da Hermann Geissler, esperto di Newman e officiale dell’ex Sant’Uffizio. Dice Geissler che l’insegnamento di Newman è attuale soprattutto laddove spiega che “senza la luce della verità l’uomo è privo di un sicuro punto di riferimento, la morale si riduce a soggettivismo, la vita pubblica si deforma a giochi di potere”. Un Newman diverso dalla vulgata “soggettivista” e “neoprotestante” diffusa nel dopo Concilio.

Benedetto XVI, com’è ormai abitudine consolidata, incontrerà durante il viaggio – ormai la cosa è certa – alcune vittime dei peccati carnali del clero. Sarà un gesto importante e servirà anch’esso per dire che la fede, nonostante le cadute, può ragionevolmente essere abbracciata da tutti. Non sono i peccati dei preti che devono far retrocedere i credenti. La fede, nonostante il peccato, deve ancora oggi pretendere il proprio spazio nella vita pubblica.

da Il Foglio del 16.09.2010