lunedì 28 maggio 2012

La persecuzione dei “cacciatori di eresie”


All’inizio di questo secolo [l'autore scrive venticinque anni fa, quindi qui fa riferimento ai primi anni del Novecento, ndt], alcune tendenze nella Chiesa – le quali miravano a riconciliare il pensiero cristiano con la cultura moderna, ma in realtà svuotavano del loro contenuto essenziale molte convinzioni centrale del Cattolicesimo – furono severamente condannate come Modernismo dal Papa san Pio X.
É oggi generalmente riconosciuto che quella risposta, benché necessaria, fu talvolta attuata con eccesso di zelo, tanto che un certo numero di fedeli chierici (tra i quali il futuro Papa Giovanni XXIII) furono, nel generale clima di sospetto, ingiustamente penalizzati o denunciati. In effetti, lo stesso santo Pontefice Pio X riconobbe che alcune persone erano state accusate senza reale fondamento. Si trattava, in un certo senso, di una “caccia aperta” agli eretici.
I Pastori guidano i cani del Signore contro le bestie dell’eresia
Oggi è sorprendente constatare come, nella Chiesa Cattolica, la tendenza sia oramai passata al polo opposto rispetto ai giorni del movimento anti-modernista. Chiunque abbia familiarità con l’ambiente contemporaneo dell’educazione religiosa cattolica – quale che sia la sua posizione in campo teologico – è consapevole che, mentre pochi negheranno in linea teorica che l’eresia sia tanto possibile quanto dannosa (se reale), nondimeno l’atmosfera nel suo insieme, il consenso sociale, l’ambiente emotivo, sono fortemente orientati in favore di una tolleranza della novità. L’eretico è stato sostituito dal “cacciatore di eresie” (o “conservatore”) quale fonte di divisione e quale oggetto di sospetto ed di ostracismo. Le parole favorite sono oggi “pluralismo”, “apertura”, “dialogo”, “adattabilità” e le attitudini in genere più combattute e temute sono “intransigenza”, “ultraconservatorismo”, “fondamentalismo”, “rigidità” e “chiusura mentale”.
Non si può negare che la tensione derivante da ciò causi molto dolore e divisioni. Sarebbe confortante pensare che maggior carità e una pazienza ovunque diffusa potrebbero essere sufficienti per sanare la ferita. Ma se il problema non è la cattiva volontà, neanche tutta la buona volontà del mondo potrà fornire una soluzione.
Per come la vedo io, il conflitto di fondo nella Chiesa odierna non è necessaria uno di cattiva e buona volontà: è di natura spirituale ed intellettuale. Se partiamo dal presupposto (deliberato o meno) che la fede cristiana è anzitutto una questione di sentimento e di esperienza – una “viva esperienza” personale dell’amore di Dio manifestato attraverso Gesù – allora credi, dottrine, precetti morali e definizioni di ortodossia saranno visti in ultima istanza come fenomeni “di superficie”. Essi appariranno come tentativi (necessari ma inadeguati) di riflettere e formulare ciò che, in ultima analisi, sarebbe inesprimibile: l’esperienza religiosa primordiale, di fondo. Per chi ragiona in questo modo, il “cacciatore di eresie” è semplicemente incomprensibile: egli sembra essere ossessionato e agitato da questioni sbagliate – temi che non sarebbero poi così importanti.
Una vita religiosa basata sulla semplice “esperienza” – magari incline al sentimentalismo – è sufficiente?
Se invece partiamo dal presupposto che la fede è fondamentalmente più una questione di testa che di cuore – “fondamentalmente” in senso letterale, per cui una “esperienza personale” di Dio è l’apice, non la base, della vita cristiana e dovrebbe in sé essere basata sull’assenso razionale difendibile da un punto di vista intellettuale – allora tutta la prospettiva personale cambia radicalmente. Da questo punto di vista, la coerenza logica e l’inflessibile difesa dell’ortodossia proposizionale [basata cioè su proposizioni, ndt] assumono un ruolo assolutamente centrale – quello del sine qua non.
Questo secondo modo di vedere le cose è la posizione storica della Tradizione Cattolica e del Magistero: ed è un’asserzione che viene fatta oggetto, in questi tempi, di pesanti attacchi. Viviamo nell’epoca di quella che Karl Rahner (quello dei primi tempi, più ortodossi) chiamò “eresia criptogamica”: eresia che non è facile da individuare o definire con precisione, in quanto consiste principalmente in atteggiamenti emotivi basilari, piuttosto che in proposizioni chiaramente intellegibili. Come diceva Rahner, essa “spesso consiste semplicemente in un atteggiamento di sfiducia e risentimento verso il Magistero della Chiesa, in un diffuso sentimento per cui uno si sente sorvegliato, tra sospetti e mentalità ristretta”.
In breve, è l’eresia di odiare la “caccia all’eresia” più dell’eresia stessa. Come è diverso quello spirito cattolico puro e senza tempo mostrato dal cardinal Newman nella sua grande Apologia: “Dall’età di quindici anni, il dogma è stato il principio fondamentale della mia religione: non conosco altra religione; non riesco a capire nessun altro tipo di religione; la religione come mero sentimento è per me un sogno e un inganno.”
(traduzione, immagini e relative didascalie sono nostre)

Articolo originale: Brian W. Harrison, Hunting the “heresy-hunters”, in Living Tradition 14 [Novembre 1987]. Disponibile online qui: http://www.rtforum.org/lt/lt14.html

tratto da: continuitas