LA SOFFERENZA
SALVA DALL'AMBIGUITA'
SALVA DALL'AMBIGUITA'
Settembre 2014
Le difficoltà non sono sempre un
male, non sono certamente un male in sé. Questo è vero per la vita
personale e lo è anche per la vita pubblica. È vero per la vita
spirituale ed è vero, verissimo, anche per la vita della Chiesa.
Il male è uno solo: perdere Cristo e
la sua grazia. Il male è la dannazione, non la sofferenza.
Siamo così immersi nella mentalità
pagana di questo mondo da non accorgerci più che ragioniamo come
esso. Troppe volte per noi il male è soffrire e, ed è peggio,
valutiamo la bontà delle cose, la giustezza delle decisioni e delle
opere intraprese, dal fatto che esse ci diano o no serenità e
tranquillità. Se non ci fanno soffrire, le cose per noi sono buone.
Questo modo di pensare e di pesare le
cose è quanto di più lontano dal cristianesimo ci sia. In esso
passa il rifiuto pratico della Croce di Cristo.
Questo è vero per ogni cosa, anche
per il ritorno alla Tradizione e alla Messa di sempre.
In questi anni, dopo la promulgazione
del Motu Proprio Summorum Pontificum, con il quale sua santità
Benedetto XVI dichiarava apertamente che la Messa tradizionale non fu
mai abolita e dava facoltà ai sacerdoti di tornare a celebrarla;
dopo la sua entrata in vigore nel settembre di sette anni fa', molti
si spaventarono così tanto delle resistenze messe in campo dalle
curie diocesane contro il ritorno della Tradizione nella Chiesa, da
gettare la spugna fin dall’inizio, in quella che doveva essere una
“gloriosa battaglia”.
Molti sacerdoti, convinti in cuor loro
che fosse necessario tornare alla Messa “Tridentina”, si
spaventarono dei possibili provvedimenti punitivi nei loro confronti
e non fecero più nulla; così i fedeli a loro affidati non ebbero
nemmeno il tempo di rendersi conto della posta in gioco.
Osiamo dire che tutti questi
provvedimenti punitivi, nei riguardi dei sacerdoti decisi a celebrare
secondo l’antico rito, fatti di resistenze- minacce- piccole o
grandi restrizioni-trasferimenti o confinamenti, che in sè sono
ingiusti, sono stati anche un bene.
Sì, le sofferenze che ci hanno
causato, le sofferenze causate ai sacerdoti e ai fedeli che
domandavano di abbandonare la disastrosa riforma liturgica
post-conciliare, sono stati in fondo un bene che Dio ha
provvidenzialmente permesso, affinché la lotta per vivere e morire
da cattolici, e non da cripto-protestanti, fosse purificata.
Che cosa intendiamo dire?
Semplicemente che le sofferenze vissute per Cristo, oltre a
santificare chi le vive con Lui, preservano dal male più profondo
per la Chiesa di questi tempi, che è l'ambiguità!
Come è avanzato il disastro nel
Cattolicesimo moderno? Esattamente con il metodo dell'ambiguità:
apparentemente nella Chiesa si salvava qualche aspetto tradizionale,
ma lo si svuotava di contenuto vero e lo si reinterpretava secondo
una mentalità non più pienamente cattolica. Nel post-concilio è
avvenuto così, traducendo prima la messa in italiano, poi
cambiandone i testi, poi ripensando il sacerdozio in modo più
democratico, fino a giungere alle ipotesi moderne di modificazione
della morale e della disciplina dei sacramenti (vedi ad es. la
richiesta della comunione per i divorziati risposati in civile).
L'ambiguità è il metodo del modernismo pratico nella Chiesa:
fingere rispetto per la Tradizione, cambiando di fatto la fede e la
morale in nome dell'adattamento ai tempi mutati e in nome di un
approfondimento della fede stessa.
L'ultima arma del demonio sarebbe
stata quella di permettere qualche messa tradizionale qua e là,
dentro un contesto ecclesiale di fatto modernista e protestantizzato,
così da “anestetizzare” la coscienza dei sacerdoti e fedeli
tradizionali.
All'epoca dell'immediato post-concilio
il demonio addormentò la coscienza di molti cattolici in nome
dell'obbedienza: quanti vescovi, preti e fedeli, piangendo,
sacrificarono la Verità sull'altare di una falsa obbedienza,
aprendosi alle novità pericolose; oggi, in un epoca non più
cristiana e sostanzialmente disobbediente, il demonio usa un’altra
arma, quella dell'unità. Così nella Chiesa ti possono concedere un
po' di Tradizione, purché non diventi una scelta esclusiva,
altrimenti - ti dicono - rompi l’unità. In nome dell’unità
della Chiesa ti chiedono di accettare tutte le riforme e innovazioni
che oggi vanno per la maggiore, e che stanno letteralmente bruciando
il campo di Dio, dimenticando che l’unità si fa sulla fede.
Ecco perché le resistenze delle
gerarchie, le sofferenze di duri provvedimenti, sono un dolore buono,
perché ci salvano dall'inganno di una falsa obbedienza e di una
falsa unità. In una parola ci salvano dall'ambiguità.
Tornare alla Messa della Tradizione,
senza abbracciare tutto il Cattolicesimo della Tradizione, sarebbe
una mortale follia. Follia sarebbe mischiare Messa tradizionale e
apostolato “modernistico”. Ma da questa mortale follia ci salva
proprio la sofferenza.
Sì, perchè la sofferenza delle
piccole e grandi persecuzioni da parte dei fratelli nella fede, ci
dice che la vita cattolica di oggi, così come è vissuta e
propagandata, non ha proprio nulla a che fare con la Tradizione della
Chiesa.
Certo, tornerà forse un po' di latino
in qualche canto; rispolvereranno abiti e stendardi per le
processioni... ma vivranno tutto questo in modo troppo umano e non
cristiano. Ci sarà la facciata di un folklore tradizionale, ma
dentro ci potrà essere una “congregazione protestante”.
Allora, benedette le piccole e grandi
sofferenze che dovremo vivere, le piccole o grandi emarginazioni di
cui saremo oggetto, cari sacerdoti e fedeli; benedette se ci
impediranno questo inganno mortale, facendoci cercare in tutta umiltà
la grazia di Cristo nella Chiesa di sempre.