Pasticcio Kasper
di Roberto de
Mattei
su Il Foglio del 01-10-2014
Il prossimo Sinodo dei
Vescovi è preceduto da un frastuono mediatico che gli attribuisce un significato
storico superiore alla sua portata ecclesiologica di mera assemblea consultiva
della Chiesa. Qualcuno si lamenta per la guerra teologica che il Sinodo
annuncia, ma la storia di tutte le adunanze episcopali della Chiesa (tale è il
significato etimologico del termine sinodo e del suo sinonimo concilio) è fatta
di conflitti teologici e di aspri dibattiti sugli errori e sulle scissioni che
hanno minacciato la comunità cristiana fin dal suo sorgere.
Oggi il tema della comunione ai divorziati è solo il vettore di una
discussione che verte su concetti dottrinali più complessi, come quello di
natura umana e di legge naturale. Questo dibattito sembra tradurre, sul piano
antropologico, le speculazioni trinitarie e cristologiche che scossero la Chiesa
dal Concilio di Nicea (325) a quello di Calcedonia (451).
Allora si discusse per determinare la natura della Santissima Trinità, che è
un unico Dio in tre Persone, e per definire in Gesù Cristo la Persona del Verbo,
che sussiste in due nature, la divina e la umana. L’adozione, da parte del
Concilio di Nicea, del termine greco homoousios, che in latino fu
tradotto con consubstantialis e, dopo il Concilio di Calcedonia, con le
parole “della stessa natura” della sostanza divina, per affermare la perfetta
uguaglianza del Verbo e del Padre, segna una data memorabile nella storia del
cristianesimo e conclude un’epoca di smarrimento, di confusione, di dramma di
coscienze analoga a quella in cui siamo immersi.
In quegli anni la Chiesa era divisa tra la “destra” di sant’Atanasio e la
“sinistra” dei seguaci di Ario (la definizione è dello storico dei concili Karl
Joseph von Hefele). Tra i due poli ondeggiava il terzo partito dei semi-ariani,
divisi a loro volte in varie fazioni. All’homoousios niceno, che vuol
dire “della stessa sostanza”, venne contrapposto il termine
homoiousios, che significa “di sostanza simile”. Non si trattava di una
questione di lana caprina. La differenza tra queste due parole, in apparenza
infima, cela un abisso: da una parte l’identità con Dio, dall’altra una certa
analogia o rassomiglianza, che fa di Gesù Cristo un semplice uomo.
La migliore ricostruzione storica di questo periodo resta quella del
cardinale John Henry Newman ne Gli ariani del IV secolo (tr. It. Jaca
Book, Milano 1981), un approfondito studio che mette in luce le responsabilità
del clero e il coraggio del “popolino” nel mantenere la fede ortodossa. Il
diacono Atanasio, campione dell’ortodossia, eletto vescovo, fu costretto per ben
cinque volte ad abbandonare la sua diocesi per percorrere la via
dell’esilio.
Nel 357 papa Liberio lo scomunicò e due anni dopo i concili di Rimini e di
Seleucia, che costituivano una sorta di grande concilio ecumenico rappresentante
l’Occidente e l’Oriente, abbandonarono il termine “consustanziale” di Nicea e
stabilirono una equivoca via media, tra sant’Atanasio e gli ariani . Fu allora
che san Girolamo coniò l’espressione secondo cui “il mondo gemette e si accorse
con stupore di essere diventato ariano”.
Atanasio e i difensori della fede ortodossa vennero accusati di impuntarsi
sulle parole e di essere litigiosi e intolleranti. Le stesse accuse vengono oggi
rivolte verso chi, dentro e fuori l’aula sinodale, vuole levare una voce di
intransigente fermezza nel difendere la dottrina della Chiesa sul matrimonio
cristiano, come i cinque cardinali (Burke, Brandmüller, Caffarra, De Paolis e
Müller), che, dopo essersi espressi singolarmente, hanno riunito i loro
interventi in difesa della famiglia in un libro che è ormai diventato un
manifesto, Permanere nella verità di Cristo: Matrimonio e Comunione nella
Chiesa cattolica, appena dato alle stampe dalle edizioni Cantagalli di
Siena. Allo stesso Cantagalli si deve la pubblicazione di un altro testo
fondamentale, Divorziati “risposati” . La prassi della Chiesa primitive
del gesuita Henri Couzel.
I commentatori del “Corriere della Sera” e de “la Repubblica” si sono
stracciati le vesti per la “rissa teologica” in corso. Lo stesso Papa Francesco,
il 18 settembre, ha raccomandato ai vescovi di nuova nomina di “non sprecare
energie per contrapporsi e scontrarsi”, dimenticando di essersi assunto
personalmente la responsabilità dello scontro, nel momento in cui ha voluto
affidare al cardinale Walter Kasper il compito di aprire le danze sinodali.
Come ha notato Sandro Magister, è stato proprio il cardinal Kasper, con la
sua relazione del 20 febbraio 2014, resa nota da “Il Foglio”, ad aprire le
ostilità e ad innescare il dibattito dottrinale, divenendo così, al di là delle
sue intenzioni, il portabandiera di un partito. La formula più volte ribadita
dal cardinale tedesco, secondo cui ciò che deve mutare non è la dottrina
sull’indissolubilità matrimoniale, ma la pastorale verso i divorziati risposati,
ha in sé una portata dirompente, ed è l’espressione di una concezione teologica
inquinata nelle sue fondamenta.
Per comprendere il pensiero di Kasper bisogna risalire a una delle sue prime
opere, e forse la principale, L’assoluto nella storia nell’ultima filosofia
di Schelling, pubblicata nel 1965 e tradotta da Jaca Book nel 1986. Walter
Kasper appartiene infatti a quella scuola di Tubinga che, come egli scrive in
questo studio, “ha avviato un rinnovamento della teologia e dell’intero
cattolicesimo tedesco nell’incontro con Schelling ed Hegel” (p. 53). La
metafisica è quella di Friedrich Schelling (1775-1854), “gigante
solitario” (p. 90), dal cui carattere gnostico e panteista il teologo
tedesco tenta invano di liberarsi.
Nella sua ultima opera, Philosophie der Offenbarung (Filosofia
della rivelazione), del 1854, Schelling contrappone al cristianesimo
dogmatico quello della storia. “Schelling – commenta Kasper – non
concepisce in modo statico, metafisico e sovratemporale il rapporto tra naturale
e soprannaturale, bensì in modo dinamico e storico. L’essenziale della
rivelazione Cristiana è proprio questo, che essa è storia” (p. 206).
Anche per Kasper il cristianesimo, prima di essere dottrina è storia, o
“prassi”. Nella sua opera più nota, Gesù il Cristo (Queriniana, Brescia
1974), egli sviluppa una cristologia in chiave storica che dipende dalla
Filosofia della rivelazione dell’idealista tedesco. La concezione
trinitaria di Schelling è quella degli eretici sabelliani e modalisti,
precursori dell’arianesimo. Le tre Persone divine sono ridotte a tre “modi di
sussistenza” di un’unica persona-natura (modalismo), mentre l’essenza della
Trinità si risolve nel suo manifestarsi al mondo. Cristo non è intermediario tra
Dio e l’uomo, ma la realizzazione storica della divinità nel processo
trinitario.
Coerente con la cristologia è l’ecclesiologia di Kasper. La Chiesa è
innanzitutto “pneuma”, “sacramento dello Spirito”, definizione che, per
il cardinal tedesco, “corregge” quella giuridica di Pio XII nella Mystici
Corporis (La Chiesa luogo dello spirito, Queriniana, Brescia 1980,
p. 91). Il campo di azione dello Spirito Santo non coincide infatti, come vuole
la Tradizione, con quello della Chiesa cattolica romana, ma si estende ad una
più vasta realtà ecumenica, la “Chiesa di Cristo” di cui la Chiesa cattolica è
parte.
Per Kasper il Decreto del Vaticano II sull’ecumenismo spinge a riconoscere
che l’unica chiesa di Cristo non si limita a quella cattolica, ma è divisa in
chiese e comunità ecclesiali separate (ivi, p. 94). La chiesa cattolica è
“dove non c’è alcun vangelo selettivo”, ma tutto si dilata in maniera
inclusiva, nel tempo e nello spazio (Chiesa cattolica- Essenza, realtà,
missione, Queriniana, Brescia 2012, p. 289). La missione della Chiesa è di
“uscire da sé stessa” per riacquistare una dimensione che la renda
veramente universale. Eugenio Scalfari, che si atteggia a terzo Papa, dopo
quello emerito e quello regnante, pur ignaro di teologia, attribuisce la
medesima concezione a papa Francesco, affermando che per lui la Chiesa
missionaria è quella che “deve uscire da sé e andare nel mondo”,
realizzando il cristianesimo nella storia (“La Repubblica”, 21 settembre
2014).
Queste tesi si riflettono nella teologia morale di Kasper, secondo cui
l’esperienza dell’incontro con Cristo dissolve la legge, o meglio la legge è un
impaccio di cui l’uomo deve liberarsi per incontrare la misericordia di Cristo.
Schelling nella sua filosofia panteista assorbe in Dio il male. Kasper assorbe
il male nel mistero della Croce, in cui vede la negazione della metafisica
tradizionale e della legge naturale che ad essa consegue. “Il passaggio
dalla filosofia negativa alla filosofia positiva è per Schelling nello stesso
tempo passaggio dalla legge al vangelo” (L’assoluto nella storia,
p. 178), scrive il cardinale tedesco, che vede a sua volta il passaggio dalla
legge al vangelo nel primato della prassi pastorale sull’astratta dottrina.
Sotto quest’aspetto, la dottrina morale del cardinal Kasper è, almeno
implicitamente, antinomista. L’antinomismo è un termine coniato da Lutero contro
un suo oppositore di sinistra, Johann Agricola (1494-1566), ma risale alle
eresie antiche e medioevali per indicare il rifiuto dell’Antico Testamento e
della sua legge, sentito come mera costrizione e vincolo, in antitesi al Nuovo
Testamento, cioè alla nuova economia della Grazia e della libertà. Più
generalmente si intende come antinomismo il rifiuto della legge naturale e
morale che ha la sua radice nel rifiuto dell’idea di natura. Per gli antinomisti
cristiani non c’è legge perché non c’è una oggettiva d universale natura umana.
La conseguenza è l’evaporazione del senso del peccato, la negazione degli
assoluti morali, la Rivoluzione sessuale all’interno della Chiesa.
Si comprende in questa prospettiva come il cardinal Kasper nel suo recente
libro apparso in tedesco nel 2012 e poi tradotto in italiano per i tipi della
Queriniana nel 2013, Misericordia. Concetto fondamentale del vangelo –
Chiave della vita, si proponga di rompere il tradizionale equilibrio tra
giustizia e misericordia, facendo di quest’ultima, contro la tradizione,
l’attributo principale di Dio. Ma, come ha osservato padre Serafino Lanzetta in
un’eccellente analisi del suo volume, pubblicata da www.chiesa, “la misericordia perfeziona e compie la
giustizia ma non l’annulla; la presuppone, altrimenti non avrebbe in sé ragion
d’essere”. La scomparsa della giustizia e della legge rende incomprensibile
il concetto di peccato e il mistero del male, a meno di non reintegrarli in una
prospettiva teosofica e gnostica.
Ritroviamo quest’errore nel postulato luterano della “sola misericordia”.
Abolita la mediazione della ragione e della natura, per Lutero l’unica via per
risalire a Dio è la “fede fiduciale”, che ha il suo preambolo non nella ragione
metafisica, da cui deve essere totalmente svincolata, ma in un sentimento di
disperazione profonda, che ha a sua volta il proprio oggetto nella
“misericordia” di Dio, invece che nelle verità da Lui rivelate.
Questo principio, come ha dimostrato Silvana Seidel Menchi in Erasmo in
Italia 1520-1580 (Bollati Boringhieri, Torino 1987), si sviluppa nella
letteratura ereticale del sedicesimo secolo grazie anche all’influenza del
trattato di Erasmo, De immensa Dei misericordia (1524), che spalancava
agli “uomini di buona volontà” le porte del cielo (ivi, pp.
143-167). Nelle sétte di derivazione erasmiana e luterana che costituiscono
l’estrema sinistra della riforma protestante riaffiorano inoltre gli errori
antitrinitari del IV secolo: arianesimo, modalismo, sabellianesimo, fondati sul
rifiuto o sul travisamento dell’idea di natura.
L’unico percorso penitenziale possibile per conoscere l’abbraccio della
Misericordia divina è il rifiuto del peccato in cui siamo immersi e il
riconoscimento di una legge divina da osservare e da amare. Questa legge è
radicata nella natura umana ed è incisa nel cuore di ogni uomo “dal dito
stesso del Creatore” (Rm 2, 14-15). Essa costituisce il criterio
di giudizio supremo di ogni azione e delle vicende umane nel loro complesso,
ovvero della storia.
Il termine natura non è astratto. La natura umana è l’essenza dell’uomo, ciò
che egli è prima di essere una persona. L’uomo è una persona, titolare di
diritti inalienabili, perché ha un’anima. E ha un’anima perché, a differenza di
qualsiasi altro vivente, ha una natura razionale. Naturale non è ciò che nasce
dagli istinti e dai desideri dell’uomo, ma ciò che corrisponde alle regole della
ragione, che deve a suo volta conformarsi a un ordine oggettivo e immutabile di
princìpi. La legge naturale è una legge razionale e immutabile, perché
immutabile, in quanto spirituale, è la natura dell’uomo. Tutti gli individui
della stessa natura agiranno o dovranno agire nella stessa maniera, perché la
legge naturale è iscritta nella natura non di questo o quell’uomo, ma nella
natura umana considerata in sé stessa, nella sua permanenza e nella sua
stabilità.
Il cardinale Kasper non crede nell’esistenza di una legge naturale universale
e assoluta e nell’Instrumentum laboris, il documento ufficiale del
Vaticano che prepara il Sinodo di Ottobre, questo ripudio della legge naturale
traspare con evidenza, anche se presentato in chiave sociologica, più che
teologica. “Il concetto di ‘legge naturale’ risulta essere come tale oggi
nei diversi contesti culturali, assai problematico, se non addirittura
incomprensibile” (n. 21) – si dice – anche perché “oggi, non solo in
Occidente, ma progressivamente in ogni parte della terra, la ricerca scientifica
rappresenta una seria sfida al concetto di natura. L’evoluzione, la biologia e
le neuroscienze, confrontandosi con l’idea tradizionale di legge naturale,
giungono a concludere che essa non è da considerarsi ‘scientifica’” (n.
22).
Alla legge naturale viene contrapposto, secondo il programma kasperiano, lo
spirito del Vangelo, di cui occorre comunicare i valori “in modo
comprensibile all’uomo di oggi”. Si rende perciò necessario “dare una
enfasi decisamente maggiore al ruolo della Parola di Dio quale strumento
privilegiato nella concezione della vita coniugale e familiare. Si raccomanda
maggiore riferimento al mondo biblico, ai suoi linguaggi e forme narrative. In
tal senso, degna di rilievo è la proposta di tematizzare e approfondire il
concetto, di ispirazione biblica, di “ordine della creazione”, come possibilità
di rileggere in modo esistenzialmente più significativo la “legge naturale” (…)
Si raccomanda anche l’attenzione al mondo giovanile da assumere come
interlocutore diretto, anche su questi temi” (n. 30).
Le inevitabili conseguenze di questa nuova concezione della morale, di cui
dovranno discutere i padri sinodali, sono tratte da Vito Mancuso, su “La
Repubblica” del 18 settembre. La legge naturale “è un peso troppo gravoso da
portare”; occorre perciò puntare a “un profondo percorso di
rinnovamento in materia di etica sessuale” che dovrebbe portare alle
“seguenti necessarie aperture: sì alla contraccezione; sì ai rapporti
prematrimoniali; sì al riconoscimento delle coppie omosessuali”.
Di fronte a questo catastrofico itinerario verso l’immoralismo, come
meravigliarsi che cinque cardinali abbiano pubblicato un libro in difesa della
morale tradizionale e che altri cardinali, vescovi e teologi, si siano associati
a questa posizione? Contro chi invoca una nuova disciplina dottrinale e
pastorale, ha scritto il cardinale Pell, si eleva “una barriera
insormontabile”, basata su “la quasi completa unanimità su questo punto
di cui la storia cattolica dà prova da duemila anni” (Prefazione a Juan
Pérez-Soba, Stephen Kampowski, Oltre la proposta di Kasper, Cantagalli,
Siena 2014, p. 7).
C’è da sperare che il confronto sia libero e trasparente, senza l’imposizione
dall’alto di regole che falsino il gioco. La posta non è una semplice divergenza
di opinioni, ma il chiarimento sulla missione della Chiesa. C’è da augurarsi
inoltre che i presuli fedeli alla Tradizione non si facciano intimidire e che
siano capaci di sopportare con pazienza le violenze mediatiche e le censure
ecclesiali, anche ingiuste e pesanti, che dovessero subire. “La canzone
migliore continua ad essere la nostra” (p. 8), scrive ancora il cardinal
Pell e Atanasio rimane un modello, nel nostro tempo, per tutti coloro che non si
ritraggono dalla giusta battaglia in difesa della verità.
tratto da: http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/pasticcio-kasper/
tratto da: http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/pasticcio-kasper/