Notizie urgenti dall'interno della sala Sinodo
oggi: "Maggioranza
schiacciante contro la comunione per i divorzi risposati, secondo osservatore nella sala Sinodo"
The news source is from the correspondent of the highly liberal official newspaper of the French Bishops' Conference, La Croix, Sebastien Maillard - the head count comes directly from inside the hall (tweeted 16 minutes ago at the time of this post): La fonte di notizie è dal corrispondente del giornale ufficiale altamente liberale della Conferenza episcopale francese, La Croix, Sebastien Maillard - il conteggio testa proviene direttamente dall'interno della sala del Sinodo e subito twittato vedi http://rorate-caeli.blogspot.com/2015/10/urgent-synod-week-3-counting-heads-from.html
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SINODO: La decentralizzazione della Chiesa offende
la fede e il senso comune
di Roberto de Mattei su Il Foglio del 20
ottobre 2015
Papa Francesco ha annunciato, il 17 ottobre 2015, come
si concluderà il Sinodo sulla famiglia. A pochi giorni dalla fine dei lavori
l’assemblea dei vescovi
è giunta ad un impasse e la strada per uscirne, secondo il Papa
sarebbe quella della decentralizzazione della Chiesa (http://vaticaninsider.lastampa.it/documenti/dettaglio-articolo/articolo/sinodo-famiglia-44026/).
L’impasse nasce dalla divisione tra coloro che
in aula richiamano con fermezza il Magistero perenne sul matrimonio e quei “novatores”
che vorrebbero ribaltare , duemila anni di insegnamento della Chiesa, ma
soprattutto la Verità del Vangelo. E’ infatti Parola di Cristo, legge divina e
naturale, che il matrimonio valido, rato e consumato, dei battezzati non può
essere, per nessuna ragione al mondo, sciolto da alcuno.
Una sola eccezione annullerebbe il valore assoluto e
universale di questa legge e se cadesse questa legge, crollerebbe con essa
tutto l’edificio morale della Chiesa. Il matrimonio o è indissolubile o non lo
è e non si può ammettere una dissociazione tra l’enunciazione del principio e
la sua applicazione nella pratica. Tra il pensiero e le parole e tra le parole e
i fatti, la Chiesa esige una radicale coerenza, la stessa che testimoniarono i
Martiri nel corso della storia.
Il principio secondo cui la dottrina non cambia, ma
muta la sua applicazione pastorale, introduce un cuneo tra due dimensioni
inseparabili del Cristianesimo: Verità e Vita. La separazione tra dottrina e
prassi non proviene dalla dottrina cattolica, ma dalla filosofia hegeliana e
marxista, che capovolge l’assioma tradizionale secondo cui agere sequitur
esse. L’azione, nella prospettiva dei novatori, precede l’essere e lo
condiziona, l’esperienza non vive la verità ma la crea. E’ questo il senso del
discorso tenuto dal cardinale Christoph Schönborn commemorando il 50°
anniversario dell’istituzione del Sinodo, lo stesso giorno in cui ha parlato papa
Francesco (http://vaticaninsider.lastampa.it/documenti/dettaglio-articolo/articolo/sinodo-famiglia-44028/).
“La fede non può essere rappresentata ma solo testimoniata”, ha affermato
l’arcivescovo di Vienna, ribadendo il primato della “testimonianza” sulla
dottrina. Martire, in greco, significa testimone, ma per i martiri testimoniare
significava vivere la verità, mentre per i novatori significa tradirla,
reinventandola nell’esperienza.
Il primato della prassi pastorale sulla dottrina
è destinato ad avere queste catastrofiche conseguenze:
1) Il Sinodo “virtuale”, come già accadde per il
Concilio Vaticano II, è è destinato a prevalere su quello reale. Il messaggio
mediatico che accompagnerà le conclusioni dei lavori è più importante del
contenuto dei documenti. La Relatio sulla prima parte dell’Instrumentum
Laboris del Circulus Anglicus C afferma con chiarezza la necessità
di questa rivoluzione del linguaggio: “Like Vatican II, this Synod needs to
be a language-event, which is more than cosmetic”.
2) Il post-sinodo è più importante del sinodo, perché
ne rappresenta la auto-realizzazione. Il Sinodo infatti, affiderà la
realizzazione dei suoi obiettivi alla prassi pastorale. Se ciò che si trasforma
non è la dottrina, ma la pastorale, questo cambiamento non può avvenire nel
Sinodo, deve avvenire nella vita quotidiana del popolo cristiano e dunque fuori
del Sinodo, dopo il Sinodo, nella vita delle diocesi e delle parrocchie della
Chiesa.
3) la auto-realizzazione del Sinodo avviene
all’insegna della esperienza delle chiese particolari, ossia della
decentralizzazione ecclesiastica. La decentralizzazione autorizza le
chiese locali a sperimentare una pluralità di esperienze pastorali. Ma se non
esiste un’unica prassi coerente con l’unica dottrina, vuol dire che ne esistono
molte e tutte meritevoli di essere sperimentate. I protagonisti di questa
Rivoluzione nella prassi, saranno dunque i vescovi, i parroci, le conferenze
episcopali, le comunità locali, ognuno secondo la propria libertà e creatività.
Si delinea l’ipotesi di una Chiesa a “due velocità” (two-speed Church) o, sempre per usare il
linguaggio degli eurocrati di Bruxelles, a “geometria variabile” (variable
geometry). Di fronte al medesimo problema morale ci si regolerà in maniera
diversa, secondo l’etica della situazione. Alla chiesa dei “cattolici
adulti”, di lingua germanica, appartenenti al “primo mondo” sarà permessa
la “marcia veloce” della “testimonianza missionaria”; alla chiesa dei cattolici
“sotto-sviluppati”, africani o polacchi, appartenenti alle chiese del
secondo o terzo mondo, sarà concessa la “marcia lenta” dell’attaccamento alle
proprie tradizioni
Roma resterebbe sullo sfondo, priva di reale autorità,
con una sola funzione di “impulso carismatico”. La Chiesa sarebbe de-vaticanizzata,
o meglio, de-romanizzata. Alla Chiesa romanocentrica si vuole sostituire
una Chiesa policentrica o poliedrica, L’immagine del poliedro è stata usata
spesso da papa Francesco. “Il poliedro – ha affermato – è
una unità, ma con tutte le parti diverse; ognuna ha la sua peculiarità, il suo
carisma. Questa è l’unità nella diversità. E’ in questa strada che noi
cristiani facciamo ciò che chiamiamo col nome teologico di ecumenismo:
cerchiamo di far sì che questa diversità sia più armonizzata dallo Spirito
Santo e diventi unità” (Discorso ai pentecostali di Caserta il 28 luglio 2014).
Il trasferimento di poteri alle conferenze episcopali è già previsto da un
passo della “Evangelii Gaudium”, che le concepisca come”soggetti di
attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale.
Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e
la sua dinamica missionaria” (n. 32). Ora Papa Francesco enuncia questo
“principio di sinodalità” come risultato finale dell’assemblea in corso.
Le antiche eresie del gallicanesimo e del nazionalismo
ecclesiastico riaffiorano all’orizzonte. E’
dogma di fede infatti, promulgato dal Concilio Vaticano I, il primato di
giurisdizione del Sommo Pontefice, in cui risiede la suprema autorità della
Chiesa, su tutti i Pastori e su tutti i fedeli, indipendentemente da ogni altro
potere. Questo principio costituisce la garanzia dell’unità della Chiesa: unità
di governo, unità di fede, unità di sacramenti. La decentralizzazione è una
perdita di unità che conduce inevitabilmente allo scisma. Lo scisma è infatti
la rottura che inesorabilmente avviene quando manca un punto di riferimento
centrale, un criterio unitario, sia sul piano della dottrina che su quello
della disciplina e della pastorale. Le Chiese particolari, divise sulla prassi,
ma anche sulla dottrina che dalla prassi deriva, sono fatalmente destinate ad
entrare in contrasto e a produrre fratture, scismi, eresie.
La decentralizzazione non incrina solo il Primato
romano, ma nega il principio di non-contraddizione, secondo cui “uno stesso essere non può, allo stesso
tempo e sotto lo stesso rapporto, essere ciò che è e non esserlo”. E’ solo in
base a questo primo principio logico e metafisico che possiamo usare la nostra
ragione e conoscere la realtà che ci circonda.
Che cosa accade se il Romano Pontefice rinuncia, anche
solo in parte, ad esercitare il suo potere per delegarlo alle Conferenze
episcopali o ai singoli vescovi?
Accade evidentemente che si crea una diversità di dottrina e di prassi tra
conferenze episcopali e tra diocesi e diocesi. Ciò che in una diocesi sarà
proibito sarà ammesso in un’altra e viceversa. Il convivente more uxorio
potrà accostarsi al sacramento dell’Eucarestia in una diocesi e non in
un’altra. Ma il peccato è o non è, la legge morale è uguale per tutti o non è.
E delle due l’una: o il Papa ha il primato di giurisdizione e lo esercita, oppure
qualcuno governa, nei fatti, al di fuori di lui
Il Papa ammette l’esistenza di un sensus fidei,
ma è proprio il sensus fidei dei vescovi, dei sacerdoti dei semplici
laici, quello che oggi è scandalizzato dalle stravaganze che si sentono
nell’aula del Sinodo. Queste stravaganze offendono il senso comune prima ancora
che il sensus Ecclesiae dei fedeli. Papa Francesco ha ragione
quando afferma che lo Spirito Santo non assiste solo il Papa e i vescovi, ma
tutti i fedeli (cfr. su questo punto Melchior Cano, De locis Theologicis
(Lib. IV, cap. 3, 117I). Lo Spirito Santo però non è spirito di novità; guida
la Chiesa, assistendo infallibilmente la sua Tradizione. Attraverso la fedeltà
alla Tradizione, lo Spirito Santo parla ancora alle orecchie dei fedeli. E oggi,
come ai tempi dell’arianesimo, possiamo dire con sant’Ilario: « Sanctiores
aures plebis quam corda sacerdotum » “sono più sante le
orecchie del popolo che i cuori dei sacerdoti”. (Contra Arianos, vel
Auxentium, n. 6, in PL, 10, col. 613).