sabato 31 dicembre 2016

Cambiata la Messa, possono ben cambiare tutto il resto. - Editoriale di "Radicati nella fede", Gennaio 2017.



Pubblichiamo l'editoriale di Gennaio 2017

DI COSA VI STUPITE? 
HANNO CAMBIATO PRIMA LA MESSA.


DI COSA VI STUPITE? 
HANNO CAMBIATO PRIMA LA MESSA.
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno X n° 1 - Gennaio 2017

  Iniziamo un nuovo anno, come sempre carico di attese.
  Insieme ad attese è però anche carico di timori, visto il mare incostante di confusione dentro il quale siamo ormai immersi.

  Confusione perché quasi più nulla è stabile nel mondo e, ed è infinitamente peggio per noi, nella Chiesa.

  Un tempo la confusione del mondo si infrangeva difronte alla stabilità, rocciosa, della Chiesa di Dio. E gli uomini, che per costruire hanno bisogno di una roccia sicura, dentro la Chiesa ritrovavano quella compostezza stabile che dava loro la sicurezza necessaria per affrontare la lotta nel tempo.

  I tempi possono essere insicuri e confusi; le anime possono attraversare momenti di incertezza nella lotta che dentro di loro passa tra grazia e peccato; ma la Chiesa no! La Chiesa che ti parla di Dio e che ti dà Dio, deve essere la Madre che nel turbine del tempo sta ferma, porto sicuro nel travaglio della vita.

  E che ne sarà delle anime impegnate nella lotta dentro il tempo, se non avranno più questo porto sicuro? Che ne sarà di loro se, per fuggire dalla confusione del peccato, troveranno una Chiesa perennemente in cantiere, impegnata a cambiare e modificare continuamente tutto dentro una irrequieta ansia di novità?
  Una casa in cantiere non è una dimora abitabile, non è vivibile: le anime ci passano per un po', se ne partono e non vi ritornano più.

  È proprio quello che si vive nella Chiesa di oggi: morale fluttuante, disciplina incerta, amministrazione dei sacramenti pasticciata, liturgia raffazzonata, autorità assente... una vita ecclesiale piena di “dipende”, “bisogna vedere”, “occorre adattarsi”, “va interpretato”, “non bisogna esagerare”, ecc... non c'è che dire, il contrario di una casa piena di composta pace in Dio.

  Molti se ne stanno accorgendo che questa situazione non è normale, non è cattolica!
  Molti se ne stanno accorgendo; incominciano a dirlo, con il rischio però di non andare fino in fondo.

  Fanno tenerezza tutti quei “conservatori devoti” che si sono allarmati per la confusione del dopo Amoris Laetitia, delle incertezze intorno alla disciplina del matrimonio cristiano, ma non si stupirono prima della Messa nuova.

  Fanno tenerezza, e anche un po' rabbia, tutti quelli che vorrebbero un ritorno della Chiesa alla sua nobile stabilità, ma non hanno mai affrontato compiutamente il problema della riforma liturgica.

  Sì, questi conservatori devoti fanno tenerezza e rabbia insieme perché, non arrivando al dunque nel loro grido di allarme, contribuiscono alla fine ad alimentare la confusione che già abbonda nella Chiesa.
  Ci viene da dire loro, con cuore,: “Ma di cosa vi stupite, se hanno prima cambiato la Messa?”

  Quale confusa rivoluzione sarà impossibile nella Chiesa, da parte di coloro che non ebbero scrupolo a rivoluzionare la Messa?
  Quale aspetto della vita cristiana potrà restare fermo, se non è rimasta tale la Messa di Cristo e della Chiesa?

  Lungo i secoli si introdussero di tanto in tanto delle aggiunte al rito della Messa cattolica, certo! Il testo dell’offertorio è ad esempio medievale, il gloria non fu agli inizi... ma tutti i “cambiamenti” non cambiavano nulla: semplicemente chiarivano la Messa che c'era già, la liberavano da possibili ambiguità di interpretazioni del tempo, ne approfondivano la coscienza nel celebrante e nei fedeli.

  In una parola, le aggiunte non aggiungevano nulla nella sostanza, e i lievi cambiamenti non cambiavano nulla.

  Non così con l'ultima riforma post-conciliare: ha operato una rivoluzione che ha modificato le coscienze. Chi la accetta, deve poi accettare che la vita della Chiesa si concepisca al di là della Rivelazione, in un perenne cambiamento senza fine e limiti. La Rivoluzione è progressiva, è solo questione di tempo.

  Non scandalizzatevi della confusione, preoccupatevi della Messa!

  All'inizio di un nuovo anno ribadiamo la nostra fedeltà alla roccia della Messa di sempre, unica pace per ogni fedele.
  Sì, alla Messa di sempre, che non fu mai cambiata né rivoluzionata, ma esplicitata e purificata dalle aggiunte estranee. Sì, alla Messa di sempre, anche se l'ultima generazione di liturgisti ride di questo termine. Ridono per non affrontare il problema, per non studiarlo fino in fondo, per non uscire dalla “corte” degli esperti che contribuiscono alla menzogna, quella di una Chiesa che può fare ciò che vuole di ciò che ha di più prezioso da Cristo, “Fate questo in memoria di me”.

  Unica pace la Messa di sempre; unica pace per ogni fedele che voglia davvero essere di Cristo.

domenica 25 dicembre 2016

Buon Natale!

 
"secol si rinnova;
torna giustizia e primo tempo umano,
e progenie scende da ciel nova"
(Purg. XXII)
 

 

mercoledì 21 dicembre 2016

"erat lux vera, quæ illuminat omnem hominem"


San Bonaventura e i prodigi della notte di Natale

 

San Bonaventura è una delle figure più alte della Chiesa nell’epoca medioevale.

Nato nel 1217 a Bagnoregio (VT), entrò nel 1243 nell’ordine francescano, per conto del quale insegnò come maestro di teologia all’Università di Parigi. Nel 1257 il capitolo generale dei frati minori, riunito a Roma, lo elesse ministro generale, e come tale nel 1260 fu uno degli artefici delle prime costituzioni generali dell’ordine. Nel 1273 venne nominato cardinale e vescovo di Albano da Papa Gregorio X, che lo fece partecipare al Concilio ecumenico di Lione; ma proprio alla fine del Concilio, nel 1274, Bonaventura morì.

Canonizzato nel 1492, nel 1588 fu proclamato Dottore della Chiesa, e ricevette il titolo di Doctor Seraphicus per la luminosità della sua dottrina e per l’ardore del suo insegnamento. Oltre a scrivere numerose opere, il santo predicò celebri sermoni, fra i quali il Sermone XXI De nativitate Domini, pronunciato nella chiesa di Santa Maria della Porziuncola, che illustrava alcuni fatti miracolosi accaduti nel momento del Santo Natale.

Ne presentiamo qui sotto una traduzione dal testo originale latino.

«Questi, secondo diverse testimonianze, sono i miracoli manifestatisi al popolo peccatore il giorno della Natività di Cristo.

Primo – Una stella splendente apparve nel cielo verso Oriente, e dentro di essa si vedeva la figura di un bellissimo bambino sul cui capo rifulgeva una croce, per manifestare la nascita di Colui che veniva a illuminare il mondo con la sua dottrina, la sua vita e la sua morte.

Secondo – In Roma, a mezzo giorno, apparve sopra il Campidoglio un cerchio dorato attorno al sole – che fu visto dall’Imperatore e dalla Sibilla raffigurante al centro una Vergine bellissima che portava un Bambino, volendo così rivelare che Colui che stava nascendo era il Re del mondo che si manifestava come lo «splendore della gloria del Padre e la figura della sua stessa sostanza» (Ebrei 1,3).

Vedendo questo segnale, il prudente Imperatore (Augusto) offrì incenso al Bambino, e da allora rifiutò di essere chiamato dio.

Terzo – In Roma venne distrutto il “tempio della Pace”, sul quale, quando era stato costruito, i demoni si domandavano per quanto tempo sarebbe durato. Il vaticinio fu: «fino al momento in cui una vergine concepirà». Questo segnale rivelò che stava nascendo Colui che avrebbe distrutto gli edifici e le opere della vanità.

Quarto – Una fonte di olio di oliva sgorgò improvvisamente a Roma e fluì abbondantemente, per molto tempo, fino al Tevere, per dimostrare che stava nascendo la Fonte della pietà e della misericordia.

Quinto – Nella notte della Natività, le vigne di Engadda, che producevano balsamo e aromi, si coprirono di foglie e produssero nettare, per significare che stava nascendo Colui che avrebbe fatto fiorire, rinnovare, fruttificare spiritualmente e attirare con il suo profumo il mondo intero.

Sesto – Circa trentamila ribelli furono uccisi per ordine dell’Imperatore, per manifestare la nascita di Colui che avrebbe conquistato alla sua Fede il mondo intero e avrebbe precipitato i ribelli nell’inferno.

Settimo – Tutti i sodomiti, uomini e donne, morirono su tutta la terra, secondo quanto ricordò San Gerolamo commentando il salmo:«È nata una luce per il giusto», per evidenziare che Colui che stava nascendo veniva a riformare la natura e a promuovere la castità.

Ottavo – Nella Giudea un animale parlò, e lo stesso fecero anche due buoi, affinché si comprendesse che stava nascendo Colui che avrebbe trasformato gli uomini bestiali in esseri razionali.

Nono – Nel momento in cui la Vergine partorì, tutti gli idoli dell’Egitto caddero in frantumi, realizzando il segno che il profeta Geremia aveva dato agli egiziani quando viveva tra loro, affinché si intendesse che stava nascendo Colui che era il vero Dio, l’unico che doveva essere adorato assieme al Padre e allo Spirito Santo.

Decimo – Nel momento in cui nacque il Bambino Gesù, e venne deposto nella mangiatoia, un bue e un asino si inginocchiarono e, come se fossero dotati di ragione, Lo adorarono, affinché si capisse che era nato Colui che chiamava al suo culto i giudei e i pagani.

Undicesimo -–Tutto il mondo godette della pace e si trovò nell’ordine, affinché fosse palese che stava nascendo Colui che avrebbe amato e promosso la pace universale e impresso il sigillo sui propri eletti per sempre.

Dodicesimo – In Oriente apparvero tre stelle che in breve si trasformarono in un unico astro, affinché fosse a tutti manifesto che stava per essere rivelata l’unità e trinità di Dio, e anche che la Divinità, l’Anima e il Corpo si sarebbero congiunti in una sola Persona.

Per tutti questi motivi la nostra anima deve benedire Dio e venerarlo, per averci liberato e per avere manifestato la sua maestà, con così grandi miracoli, a noi poveri peccatori».

 

San Bonaventura: I prodigi della notte di Natale was last modified: dicembre 23rd, 2014 by redazione

tratto da: http://www.corrispondenzaromana.it/san-bonaventura-i-prodigi-della-notte-di-natale/

 

domenica 11 dicembre 2016

errata corrige in Amoris laetitia

AMORIS CONFUSIO. DUE GRANDI STUDIOSI LAICI CHIEDONO AL PAPA DI RINNEGARE OTTO ERRORI.


Marco Tosatti
Dopo i cinque “Dubia”, adesso arrivano gli otto “Errori” . Altri due illustri studiosi cattolici hanno chiesto al Pontefice di esprimersi, e bloccare quello che definiscono un “abuso” dell’Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica emanata dopo i due Sinodi sulla famiglia. E’ un’ulteriore presa di posizione di personalità di riguardo del mondo cattolico, dopo la Supplica Filiale, la lettera di decine di teologi, sacerdoti e vescovi, la richiesta di chiarire i “Dubia” avanzata dai quattro cardinali e la recente lettera di venti esponenti cattolici.
E’ evidente, con buona pace dei superzelanti chiusi a riccio intorno al Pontefice, che il problema dell’Amoris Laetitia non è liquidabile con qualche definizione di rigidità, o di conservatorismo farisaico; ma è una questione che lacera coscienza e logica di molti fedeli cattolici senza etichette particolari.
In una lettera indirizzata al Pontefice e “a tutti i vescovi in comunione con lui, e al resto dei fedeli cristiani”, John Finnis e Germain Grisez (nella foto) lamentano che la cattiva interpretazione popolare di Amoris Laetitia è usata “per appoggiare errori contro la fede cattolica”.
Così chiedono al Pontefice di ripudiare questi errori, e chiedono a “tuti i vescovi di unirsi a questa richiesta e di emanare le loro proprie condanne di queste posizioni erronee che identifichiamo”.
La lettera è stata pubblicata dal sito “First Things”.
Ecco la lista degli otto errori:
  • Che i preti possano assolvere dal peccato anche quando non c’è intenzione di correggersi
  • Che le persone possano essere troppo deboli per obbedire ai comandi di Dio
  • Che non c’è una legge morale a cui non possano esserci eccezioni
  • Che le leggi morali sono ideali, e non è realistico attendersi che vengano adempiute
  • Che in alcune circostanze è meglio violare una legge morale
  • Che l’attività sessuale è sbagliata solo se uno è sfruttato o ferito
  • Che un matrimonio valido può essere sciolto
  • Che non ci sia nessuno condannato all’Inferno
Finnis è un professore emerito di filosofia a Oxford. Grisez un teologo morale che ha insegnato per molti anni a St. Mary. Entrambi sono fra i più stimati pensatori cattolici.

sabato 10 dicembre 2016

i cardinali neri e la fedeltà a Cristo


La grandezza non negoziabile  
del matrimonio cristiano

Riportiamo il testo della conferenza tenuta il 5 dicembre 2016 a Roma, presso la Fondazione Lepanto, da mons. Atanasio Schneider.
Quando Nostro Signore Gesù Cristo ha predicato le verità eterne due mila anni fa, la cultura o lo spirito regnante di quel tempo Gli erano radicalmente contrari. In concreto lo erano il sincretismo religioso, lo gnosticismo delle élite intellettuali e il permissivismo morale delle masse, specialmente riguardo all’istituto del matrimonio. “Egli era nel mondo, eppure il mondo non lo riconobbe” (Giov. 1, 10).
La gran parte del popolo d’Israele, ed in particolare i sommi sacerdoti, gli scribi e i farisei hanno rigettato il Magistero della rivelazione Divina di Cristo e persino la proclamazione dell’assoluta indissolubilità del matrimonio: “Venne fra la Sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Giov. 1, 11). L’intera missione del Figlio di Dio sulla terra consisteva nel rivelare la verità: “Per questo sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità” (Giov. 18, 37).

mercoledì 30 novembre 2016

Il Gloria e il Miserere - Editoriale di "Radicati nella fede", Dicembre 2016.



IL GLORIA E IL MISERERE

Pubblichiamo l'editoriale di Dicembre 2016


IL GLORIA E IL MISERERE
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 12 - Dicembre 2016

 Come si fa a sentire la dolcezza infinita del Natale di Cristo se non si avverte tutto il bisogno di misericordia che abbiamo?
 La tenerezza della bontà di Dio, che scende sulla terra, è avvertita da chi sente il cocente bisogno di essere perdonato e riedificato.
 Per questo il Natale è un grande invito alla conversione.
 Che senso avrebbe contemplare la bontà di Dio per noi, la sua tenerezza per noi nel Dio-Bambino che nasce a Betlemme, dimenticando che Lui è qui per liberarci dal peccato e dalla morte?
 E che senso avrebbe considerare la sua opera di salvezza per noi, non domandando perdono dei nostri peccati?
 Nostro Signore viene nel mondo per liberarci dal peccato e noi gli diremo che non abbiamo peccato? Viene nel mondo l'Eterno, per liberarci dall'abisso del male e noi gli diremo che il nostro peccato non è poi così grave?
 Questo equivarrebbe al rifiuto di Cristo stesso.

 Questo mondo, che non chiede perdono perché ha perso il senso del peccato, non può capire il Natale cristiano e infatti ne fa un gran “pasticcio”.

 Ne siamo sempre più convinti, il mondo non si divide tanto in giusti e ingiusti, ma sopratutto si divide tra chi intona il “Miserere” e chi continua a non farlo.  È questa la grande separazione che passa nel mondo. E oggi passa terribilmente anche dentro la Chiesa.

 Difronte ai fatti che accadono chi ancora domanda perdono per i propri peccati?
 E cosa deve ancora accadere perché si intoni il Miserere?
 Catastrofi naturali, gravi situazioni sociali non ci inducono al dolore dei peccati.
 E il Natale nell'anno dei terremoti e delle leggi più immorali che la storia abbia mai conosciuto, passerà edulcorato nella solita falsificazione.

 È questa la malattia del mondo, che non avendo il senso di Dio ha perso il senso del peccato; è questa la malattia che è entrata potentemente nella Chiesa grazie all'aggiornamento; e la chiesa aggiornata si appresta anch'essa a “pasticciare” per l'ennesima volta col Natale perché non ricorda più che Gesù viene a liberare l'uomo dal tremendo suo peccato.

 È proprio sorto un “nuovo cristianesimo” che non sa cosa sia la compunzione e la penitenza.

 Eppure tutta la Rivelazione parla invece di un invito urgente alla conversione.
  Nostro Signore non dice che questo, e la sua misericordia sta proprio nell'intimare la conversione e nell'ottenerci con la sua Incarnazione - Passione e Morte la grazia necessaria perché il nostro cambiamento accada.

 Per chi si scandalizza del nostro scrivere citiamo solo uno dei tanti passaggi del Vangelo dove l'appello al pentimento risuona:

 “In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo»” (Lc 13, 2-4).
 Non si tratta di fare gli “avvoltoi” sulle sofferenze degli altri; piove sui giusti e sugli ingiusti; i santi sono chiamati a portare croci come i peccatori. Si tratta però di rendersi conto che il mondo, anche la natura sono sconvolti dal peccato degli uomini. Si tratta di sentire il dolore del proprio male mentre scorgi il male diffuso nel mondo: umanamente sembri non centrare nulla, ma soprannaturalmente centri eccome, perché il tuo peccato contribuisce sempre al male del mondo intero.

  Eppure tutto accade senza che si intoni il Miserere!
 E quanto deve ancora accadere perché il cuore si risvegli dentro un salutare dolore?

 Quando i Pastori della Chiesa, Vescovi e sacerdoti, torneranno ad essere guide del popolo nella verità, intimando la pubblica penitenza a tutto il popolo? Quando per primi, dopo essere stati l'eco fedele del richiamo di Cristo alla conversione, per primi precederanno il popolo in questa pubblica penitenza?
 Difronte agli avvenimenti dolorosi, che siano terremoti o violenze umane, la Chiesa deve ricordare l'appello alla conversione, deve intonare pubblicamente il suo Miserere, altrimenti tradisce il suo compito, e questo è terribile!

 Nei secoli, in tutti i secoli, ma proprio tutti, il popolo cristiano ha fatto così: guidato dai suoi pastori si è affidato all'intercessione dei santi per chiedere a Dio misericordia... perché ha assaggiato già in questo mondo le conseguenze del suo peccato.

 Ma al popolo cristiano oggi mancano pastori così, che abbiano il coraggio di bandire la pubblica penitenza, e così i pastori finiscono per abbandonare il popolo al suo destino.

 Ma al popolo cristiano rischiano di mancare anche i santi, quelli veri, cui affidare la propria penitenza difronte a Dio: abbiamo cercato nuovi santi, quelli di un cristianesimo facile fatto di esperienza spirituale senza dolore dei peccati, senza compunzione.
 Abbiamo tolto dalla vita dei nuovi santi la penitenza, ingombrante retaggio di una cristianità che fu.

 I pastori ammodernati e i santi edulcorati non fanno penitenza e non fermano il male, e saranno presto rigettati come inutili: ma quanto deve ancora accadere perché ci si risvegli?

 Fare un Natale senza rispettare lo spessore del mistero del male sarebbe banalizzare la venuta di Cristo in mezzo a noi.
 Fare un Natale senza penitenza e domanda di conversione sarebbe misconoscere perché Cristo nasce a Betlemme.

 Non c'è un Gloria senza Miserere, almeno nel cristianesimo.

 L'anno santo è terminato, ma se non ci ha invitati alla penitenza è stato vano: chiediamo alla misericordia di Dio che così non sia.

martedì 29 novembre 2016

"non contro la verità, ma per la verità " (2 Cor. 13: 8)

Dichiarazione pubblica del Vescovo Athanasius Schneider a sostegno dei 4 Cardinali
Riprendiamo nella nostra traduzione dal sito OnePeterFive il testo integrale della dichiarazione di Sua Eccellenza Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare dell'Arcidiocesi di Santa Maria ad Astana.

" Non abbiamo alcun potere contro la verità, ma per la verità " (2 Cor. 13: 8)

La voce profetica di quattro cardinali della Santa Chiesa Cattolica Romana

Mossi da una "preoccupazione pastorale profonda" quattro cardinali della Santa Romana Chiesa, Sua Eminenza Joachim Meisner, Arcivescovo emerito di Colonia (Germania), Sua Eminenza Carlo Caffarra, Arcivescovo emerito di Bologna (Italia), il cardinale Raymond Leo Burke, Patronus del Sovrano militare ordine di Malta, e sua Eminenza Walter Brandmüller, presidente emerito della Pontificia Commissione di Scienze storiche, hanno pubblicato il 14 novembre, 2016, il testo di cinque domande, denominate  dubia  (dal latino = "dubbi"), che il precedente 19 settembre 2016, hanno inviato al Santo Padre e al Cardinale Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, insieme ad una  lettera di accompagnamento. I cardinali chiedono a Papa Francesco di chiarire il "grave disorientamento e grande confusione" circa l'interpretazione e l'applicazione pratica, in particolare del capitolo VIII, dell'Esortazione Apostolica Amoris Laetitia  e suoi passaggi in materia di ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti e sull'insegnamento morale della Chiesa.

Nella loro dichiarazione dal titolo "Fare chiarezza. Nodi irrisolti dell'Amoris Laetitia. L'appello di quattro Cardinali al papa" [qui], i cardinali dicono che a "molti - vescovi, sacerdoti, fedeli - questi paragrafi alludono o anche insegnano esplicitamente un cambiamento nella disciplina della Chiesa riguardo ai divorziati che vivono una nuova unione". Nel loro esprimersi, i cardinali si sono limitati a indicare fatti reali nella vita della Chiesa. Fatti dimostrati da orientamenti pastorali di diverse diocesi e dalle dichiarazioni pubbliche di alcuni vescovi e cardinali, i quali affermano che in alcuni casi divorziati risposati cattolici possono essere ammessi alla Santa Comunione, anche se continuano a vivere more uxorio secondo i diritti riservati dalla legge divina ai coniugi sposati validamente.

Con la pubblicazione di una richiesta di chiarezza su una questione che tocca la verità e la santità contemporaneamente di tre sacramenti: matrimonio, penitenza, e Eucaristia, i quattro cardinali hanno fatto solo il loro dovere fondamentale, in quanto vescovi e cardinali, che consiste nel contribuire attivamente affinché la rivelazione trasmessa attraverso gli Apostoli possa essere custodita santamente e fedelmente interpretata. È stato soprattutto il Concilio Vaticano II, che ha ricordato a tutti i membri del collegio dei vescovi, successori legittimi degli Apostoli, il loro obbligo, secondo il quale "per istituzione e comando di Cristo devono essere solleciti per tutta la Chiesa, e che questa sollecitudine, anche se non viene esercitata con atti di giurisdizione, dà un contributo notevole a vantaggio della Chiesa universale. Perché è dovere di tutti i vescovi promuovere e salvaguardare l'unità della fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa". (Lumen gentium, 23; cfr anche Christus Dominus, 5-6).
Nel rivolgere un appello pubblico al Papa, vescovi e cardinali sono mossi da sincero affetto collegiale per il Successore di Pietro e Vicario di Cristo sulla terra, seguendo l'insegnamento del Concilio Vaticano II (cfr  Lumen gentium, 22) : così facendo rendono "servizio al ministero primaziale" del Papa (cfr  Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, 13).

Ai nostri giorni la Chiesa intera deve riflettere sul fatto che lo Spirito Santo non ha invano ispirato San Paolo a scrivere nella Lettera ai Galati sull'evento [incidente di Antiochia] della sua pubblica correzione di Pietro. Bisogna avere fiducia che Papa Francesco accetterà questo appello pubblico dei quattro cardinali nello spirito dell'apostolo Pietro, quando san Paolo gli ha offerto una correzione fraterna, per il bene di tutta la Chiesa. Possano le parole del grande dottore della Chiesa, san Tommaso d'Aquino, illuminare e confortare tutti noi: "Quando ci fosse un pericolo per la fede, i sudditi sono tenuti a rimproverare i loro prelati anche pubblicamente" e, citando Agostino [Glossa ordinaria su Galati, 2, 14], prosegue: "Pietro stesso diede l'esempio ai superiori di non disdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capitasse loro di allontanarsi dalla giusta via". ( Summa Theol., II-II, 33, 4c).

Papa Francesco spesso richiede un dialogo schietto e senza paura tra tutti i membri della Chiesa nelle questioni riguardanti il bene spirituale delle anime. Nella Esortazione Apostolica Amoris Laetitia, il Papa parla di un bisogno di "discussione aperta su un certo numero di questioni dottrinali, morali, spirituali, pastorali. Il pensiero dei pastori e dei teologi, se fedele alla Chiesa, onesto, realistico e creativo, ci aiuterà a raggiungere una maggiore chiarezza" (n. 2). Inoltre, le relazioni a tutti i livelli all'interno della Chiesa devono essere scevre da un clima di paura e intimidazione, come Papa Francesco ha chiesto in suoi molteplici pronunciamenti.

Alla luce di queste dichiarazioni di Papa Francesco e del principio del dialogo e dell'accettazione della legittima pluralità delle opinioni, favorito dai documenti del Concilio Vaticano II, le reazioni insolitamente violente e intolleranti da parte di alcuni vescovi e cardinali, contrastanti con la calma e prudente richiesta dei quattro cardinali, provocano grande stupore. Tra queste reazioni intolleranti possono leggersi affermazioni come, ad esempio: i quattro cardinali sono stupidi, ingenui, scismatici, eretici, e nemmeno paragonabili agli eretici ariani.

Tali giudizi impietosi e apodittici rivelano non solo intolleranza, rifiuto del dialogo, rabbia irrazionale, ma dimostrano anche una resa a causa dell'impossibilità di dire la verità, una resa al relativismo nella dottrina e nella pratica, nella fede e nella vita. Una simile reazione clericale contro la voce profetica dei quattro cardinali, in ultima analisi ostenta impotenza, di fronte alla verità. Tale reazione violenta ha un solo scopo: far tacere la voce della verità, che è inquietante e fastidiosa per il pacifismo apparente e per la nebulosa ambiguità di questi critici clericali.

Le reazioni negative alla dichiarazione pubblica dei quattro cardinali assomigliano alla confusione dottrinale generale della crisi ariana nel IV secolo. È utile a tutti citare nella situazione di confusione dottrinale odierna alcune affermazioni di sant'Ilario di Poitiers, l' "Atanasio dell'Occidente".
"Voi [i vescovi della Gallia] che ancora rimanete con me fedeli in Cristo non vi siete arresi quando eravate minacciati all'inizio dell'eresia e ora, di fronte all'insorgere dell'assemblea avete infranto tutta la sua violenza. Sì, fratelli, avete vinto, per l'abbondante gioia di coloro che condividono la vostra fede: e la vostra indomita costanza ha guadagnato la doppia gloria di mantenere una coscienza pura e dare un esempio autorevole" (Hil. De Syn, 3.).
"La vostra [dei vescovi della Gallia] fede invincibile mantiene l'onorevole riconoscimento di un'azione consapevole e, la gioia di ripudiare la furbizia, la vaghezza, o l'azione esitante, rimanendo al sicuro in Cristo, preservando la professione di questa libertà. Infatti, poiché tutti abbiamo sofferto il dolore profondo e doloroso a causa delle azioni dei malvagi contro Dio, la comunione in Cristo può essere trovata solo tra noi da quando la Chiesa ha iniziato ad essere tormentata da disordini come l'esilio dei vescovi, la deposizione di sacerdoti, l'intimidazione della gente, la minaccia della fede, e la determinazione del significato della dottrina di Cristo per volontà umana e per il potere. La vostra fede risoluta non pretende di ignorare questi fatti o professa che li si possa tollerare, percependo che con l'atto di assenso ipocrita si troverebbe di fronte al divieto della coscienza "(Hil. De Syn ., 4).
"Ho espresso ciò che io stesso credevo, consapevole che dovevo alla Chiesa, come mio servizio di soldato, inviarvi attraverso queste lettere l'insegnamento fedele del Vangelo, la voce del compito che custodisco in Cristo. È col vostro discutere, provvedere e agire, che la fedeltà inviolabile in cui rimanete può ancora mantenersi con cuore retto, e permette di continuare a mantenere intatto ciò che oggi mantenete intatto» (Hil. De Syn., 92).
Le seguenti parole di San Basilio il Grande, indirizzate ai Vescovi latini, possono essere in alcuni aspetti applicate alla situazione di coloro che ai nostri giorni chiedono chiarezza dottrinale, compresi i nostri quattro cardinali:
"L'unica accusa certa per assicurare una severa punizione è l'attenta conservazione delle tradizioni dei padri. Non siamo attaccati a causa dei beni della ricchezza o  della gloria o di eventuali vantaggi temporali. Siamo nell'arena a combattere per il nostro patrimonio comune, per il tesoro di far risuonare la fede, ricevuta dai nostri padri. Rattristatevi con noi, voi tutti che  amate  i fratelli, quando vengono chiuse le bocche dei nostri uomini di vera fede, e si aprono le baldanzose e  blasfeme  labbra di che proclama ogni iniquità contro Dio. Le colonne e i fondamenti della verità, sono dispersi. Noi, la cui insignificanza ha permesso di essere trascurati, siamo privati del nostro diritto di libertà di parola". (Ep. 243, 2.4).
Oggi quei vescovi e cardinali, che chiedono chiarezza e che cercano di compiere il loro dovere nel custodire santamente e fedelmente l'interpretazione della Rivelazione divina trasmessa in ordine ai sacramenti del matrimonio e dell'Eucaristia, non sono più in esilio come è stato con i vescovi di Nicea durante la crisi ariana. Contrariamente al tempo della crisi ariana, oggi, come ha scritto Rudolf Graber, vescovo di Ratisbona, nel 1973, l'esilio dei vescovi è sostituito da strategie silenziatrici e da campagne di calunnie (cfr Atanasio und die Kirche unserer Zeit, Abensberg 1973, pag. 23).

Un altro campione della fede cattolica durante la crisi ariana fu San Gregorio Nazianzeno. Ha scritto la seguente caratterizzazione indicativa del comportamento della maggior parte dei pastori della Chiesa in quei tempi. Questa voce del grande Dottore della Chiesa dovrebbe essere un avvertimento salutare per i vescovi di tutti i tempi: 
"Sicuramente i pastori si sono comportati scioccamente; ad eccezione di pochissimi, che furono ignorati per la loro insignificanza o hanno resistito per la loro virtù, e che dovevano essere lasciati come seme e radice che spuntassero di nuovo per la rinascita di Israele attraverso l'influsso dello spirito, tutti hanno temporeggiato, differendo tra loro solo in questo: alcuni hanno ceduto subito, e altri successivamente; alcuni erano più importanti campioni e leader nell'empietà, mentre altri si sono uniti nella seconda fase della battaglia, sopraffatti dalla paura, o per interesse, o con lusinghe, oppure, il che è il fatto più giustificabile, per loro stessa ignoranza "( Orat . 21 , 24).
Quando papa Liberio nel 357 firmò una delle cosiddette formule di Sirmio, in cui deliberatamente aveva eliminato l'espressione dogmaticamente definita "homoousios" e scomunicato Sant'Atanasio per mantenere pace e armonia con i vescovi ariani e semi-ariani d'Oriente, i fedeli cattolici e pochi vescovi, in particolare sant'Ilario di Poitiers, rimasero profondamente scioccati. Sant'Ilario trasmise la lettera che papa Liberio aveva scritto ai vescovi orientali, annunciando l'accettazione della formula di Sirmio e la scomunica di sant'Atanasio. Nel suo profondo dolore e sgomento, sant'Ilario aggiunse alla lettera in una sorta di disperazione la frase: “Anathema tibi a me dictum, praevaricator Liberi” (io a te dico anatema, prevaricatore Liberio), cfr Denzinger-Schönmetzer , n. 141. Papa Liberio aveva voluto aver pace e armonia ad ogni costo, anche a scapito della verità divina. Nella sua lettera ai vescovi latini eterodossi Ursace, Valence e Germinio annunciando loro le decisioni di cui sopra, ha scritto che preferiva la pace e l'armonia al martirio (cfr cfr Denzinger-Schönmetzer , n. 142).

In un drammatico contrasto sul comportamento di Papa Liberio sorgeva la seguente convinzione di S. Ilario di Poitiers: 
"Noi non facciamo la pace a spese della verità facendo concessioni al fine di acquisire la reputazione di tolleranti. Facciamo la pace combattendo legittimamente secondo i precetti dello Spirito Santo. C'è il rischio di allearsi furtivamente con l'incredulità sotto il bel nome della pace". (Hil. Ad Cost ., 2, 6, 2).
Il Beato John Henry Newman ha commentato questi insoliti fatti tristi con la seguente affermazione saggia ed equilibrata: "Anche se è storicamente vero, non è in alcun senso falso dottrinalmente, che un Papa, come dottore privato, e molto più i Vescovi, quando non insegnano formalmente, possono sbagliare, come è accaduto nel quarto secolo. Papa Liberio avrebbe potuto firmare una formula eusebiana a Sirmio, e la massa dei Vescovi a Ariminum o altrove, eppure avrebbero potuto, a dispetto di questo errore, essere infallibili nelle loro decisioni  ex cathedra" ( Gli Ariani del IV secolo, Londra, 1876, p. 465).

I quattro cardinali con la loro voce profetica, chiedendo chiarezza dottrinale e pastorale hanno un grande merito davanti alla loro coscienza, davanti alla storia, e davanti agli innumerevoli semplici fedeli cattolici dei nostri giorni, che sono spinti ai margini nella Chiesa, a causa della loro fedeltà all'insegnamento di Cristo sull'indissolubilità del matrimonio. Ma, soprattutto, i quattro cardinali hanno un grande merito agli occhi di Cristo. A causa della loro voce coraggiosa, i loro nomi brilleranno fulgidamente nel Giudizio Universale. Perché obbedirono alla voce della loro coscienza ricordando le parole di San Paolo: "Non abbiamo alcun potere contro la verità, ma solo per la verità" (2 Cor 13: 8). Sicuramente, nell'ultimo giudizio  i suddetti critici per lo più clericali dei quattro cardinali non avranno una risposta facile per il loro attacco violento davanti a un simile atto, degno e meritevole, di questi quattro membri del Sacro Collegio dei Cardinali.

Le parole che seguono, ispirate dallo Spirito Santo, mantengono il loro valore profetico soprattutto in vista del diffondersi della confusione dottrinale e pragmatica per quanto riguarda il sacramento del matrimonio ai nostri giorni: "Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero". (2 Tim. 4: 3-5).

Possano tutti coloro, che ai nostri giorni ancora prendono sul serio i loro voti battesimali e le loro promesse sacerdotali ed episcopali, ricevere la forza e la grazia di Dio, per poter ribadire insieme a sant'Ilario le parole: "Posso rimanere sempre in esilio, se solo la verità comincia a esser predicata di nuovo!" (De Syn., 78). Questa è la forza e la grazia che desideriamo con tutto il cuore per i nostri quattro cardinali, così come per coloro che li criticano.
23 nov 2016
+ Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare dell'Arcidiocesi di Santa Maria in Astana
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

lunedì 28 novembre 2016

nosìsìsìsì....sìnononono .....la confusione avanza inesorabile


 
Pubblichiamo il commento di S. Ecc. Mons. Richard Willamson. Relativo ai cinque “dubia” sottoposti da quattro cardinali a Papa Francesco sul contenuto della sua Esortazione Amoris laetitia.





Eleison Comments CDLXXXIX
FIVE “DUBIA”Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X

  26 novembre 2016


Quattro cardinali obbligano un Papa a parlare -b Le sue profonde convinzioni provengono dal più profondo dell’Inferno.

Cinque “dubia” Con uno scandalo di una gravità senza precedenti, perfino nel regno dello scandalo diretto da Papa Francesco, Papa cattolico dal 2013, dopo essere stato sollecitato da quattro onorati cardinali sulla sua apparente negazione delle stesse basi degli insegnamenti della Chiesa sulla morale, lo stesso Papa ha appena fornito delle risposte pubbliche con le quali praticamente conferma la libertà dell’uomo dalla legge morale di Dio Onnipotente. Con questa conferma papale relativa alla religione conciliare dell’uomo in contrasto con la religione cattolica di Dio, si profila molto più da vicino uno scisma nella Chiesa universale. Da dopo il Vaticano II, per mezzo secolo i Papi conciliari sono riusciti a rimanere in un certo senso alla testa di due opposte religioni, ma tale contraddizione non poteva durare in maniera indefinita e presto doveva tradursi in una scissione.

Nel 2014 e nel 2015 Francesco ha tenuto dei Sinodi a Roma per consultare i vescovi del mondo su questioni relative all’umana famiglia. Il 19 marzo di quest’anno ha pubblicato la sua Esortazione Apostolica post-sinodale sulla “Letizia dell’Amore”, l’ottavo dei suoi nove capitoli ha sollevato polemiche fin dall’inizio. Il 15 settembre, quattro cardinali in particolare hanno inviato al Papa una lettera privata e perfettamente rispettosa in cui gli hanno chiesto, come Sommo Pontefice, di chiarire cinque “dubia” o punti dubbi della dottrina rimasti poco chiari nell’Esortazione. Ecco l’essenziale dei cinque punti: -

1. Sulla base del § 305 dell’Esortazione, può una persona sposata vivere come marito e moglie con un’altra persona che non è il legittimo coniuge e quindi ricevere l’Assoluzione sacramentale e la Comunione mentre continua a vivere nel suo stato di quasi-sposato?
2. Sulla base del § 304, bisogna ancora credere che ci sono norme morali assolute che vietano atti intrinsecamente cattivi, e che sono vincolanti senza eccezione?
3. Sulla base del § 301, si può ancora dire che una persona che vive in violazione di uno dei comandamenti di Dio, ad esempio in adulterio, si trovi in una oggettiva condizione di peccato grave abituale?
4. Sulla base del § 302, si può ancora dire che le circostanze o le intenzioni relative ad un atto intrinsecamente cattivo per il suo oggetto, non potranno mai cambiarlo in un atto soggettivamente buono, o accettabile come scelta?
5. Sulla base del § 303, possiamo ancora escludere un qualsiasi ruolo creativo della coscienza, tale che la coscienza non può mai legittimare deroghe alle norme morali assolute che vietano gli atti intrinsecamente cattivi per il loro oggetto?

Su queste cinque domande che richiedono semplicemente un sì o un no, la risposta della Chiesa cattolica è sempre stata chiara, dal Nostro Divino Signore in poi, e non è mai cambiata: la Comunione non può essere amministrata agli adulteri; ci sono norme morali assolute; esiste una cosa come il “peccato grave abituale”; le buone intenzioni non possono far sì che il male agisca bene; la coscienza non può rendere legittimi gli atti cattivi. In altre parole, per i cinque quesiti da sì o no, bianco o nero, la risposta della Chiesa è sempre stata: 1 No, 2 Sì, 3 Sì, 4 Sì, 5 Sì.

Il 16 novembre, soli otto giorni fa, i quattro cardinali hanno reso pubblica la loro lettera (cfr. Mt. XVIII, 15-17). Il 18 novembre, in un’intervista rilasciata al quotidiano italiano Avvenire, Papa Francesco ha dato l’esatto contrario delle risposte sì o no: 1 Sì, 2 No, 3 No, 4 No, 5 No (affermando ogni volta che “Queste cose non sono bianco o nero, siamo chiamati a discernere”, solo che così dicendo lui ha cercato semplicemente di confondere le inamovibili questioni di principio con le cangianti questioni dell’applicazione del principio, le quali invece sottostanno alle questioni di principio.)

Tutto il merito ai quattro cardinali per aver fatto emergere luce e verità per molte pecore confuse che desiderano giungere in Cielo: Brandmüller, Burke, Caffarra e Meisner. Essi saranno immersi nel Novus Ordo, ma evidentemente non hanno perso tutto il coraggio o il senso del loro dovere. Non ci può essere alcun dubbio sul fatto che abbiano agito con le migliori intenzioni nel pressare il Papa ad essere chiaro. E da dove viene questa necessità di chiarezza per la Chiesa? Dal fatto che essa è sull’orlo della scissione.


Kyrie eleison.

giovedì 17 novembre 2016

la suprema medicina per il corpo e per l’anima


Il Metropolita Nicola (Hadjinikolaou) di Mesogaia
e Lavreotiki è il fondatore dell’istituto di bioetica di Atene.
Laureato a Harvard e al Massachusetts Institute
 of Technology (astrofisica, ingegneria biomedica,
 ricerca di laboratorio cardiovascolare),
 è una figura altamente rispettata sia nell’ambiente
ecclesiastico che in quello accademico e scientifico.
Cari fratelli e sorelle,

Come risultato della recente pandemia di febbre suina, è stata sollevata – senza necessità – la questione della possibile trasmissione di malattie attraverso la santa Comunione. Sfruttiamo questa opportunità per esprimere certe verità, che sono richieste per custodire in noi il tesoro senza prezzo della Fede.

La nostra Chiesa trasmette ormai da duemila anni la grazia dei suoi sacramenti, nel modo usuale e benedetto, ‘per la guarigione dell’anima e del corpo’. Non ha mai avuto bisogno di speculare con la logica contemporanea del dubbio irriverente, ma ha vissuto giorno dopo giorno con l’esperienza dell’affermazione di un miracolo supremo. Come potrebbe mai la comunione con Dio essere causa di malattia o pure del danno più lieve? Come potrebbero mai il corpo e il sangue del nostro Signore e Dio inquinare il nostro corpo e il nostro sangue? Come potrebbe mai un’esperienza quotidiana di duemila anni essere negata dal mero razionalismo e dalla fredda superficialità del nostro tempo?

I fedeli – sia sani che malati – hanno ricevuto la santa Comunione per secoli, distribuita dagli stessi cucchiai da Comunione – che non sono mai lavati né disinfettati – e mai niente di sfortunato è successo. I preti che servono negli ospedali, anche in quelli per malattie contagiose, distribuiscono tutti la santa Comunione ai fedeli, quindi consumano i resti del calice con riverenza e tutti godono di lunga vita. La Santa Comunione è tutto ciò che come Chiesa e come popolo abbiamo di sacro. È la suprema medicina per il corpo e per l’anima. Questo è pure l’insegnamento e l‘esperienza della nostra Chiesa.

Tutti quelli che non credono nel miracolo della Risurrezione del Signore, che disprezzano la sua nascita da una vergine, che negano la fragranza emanata dalle sante reliquie, che mostrano disprezzo verso tutto ciò che è santo e consacrato, che cospirano contro la nostra Chiesa e cercano di sradicare la minima traccia di fede dalle nostre anime cercheranno pure naturalmente di usare questa opportunità di insultare il santo mistero dell’Eucaristia.

Sfortunatamente, il problema non è il virus dell’influenza – come i media amano proclamare – né lo è il virus del panico mondiale – sostenuto da interessi medici. Il problema è il virus dell’empietà e della mancanza di fede. E il miglior vaccino è la nostra partecipazione frequente al mistero della santa Comunione, con una coscienza chiara e irreprensibile.
 
 
 
 

lunedì 31 ottobre 2016

Per i tempi di Confusione e Incertezza - Editoriale di "Radicati nella fede", Novembre 2016.


PER I TEMPI 
DI CONFUSIONE E INCERTEZZA

Pubblichiamo l'editoriale di Novembre 2016


PER I TEMPI DI CONFUSIONE E INCERTEZZA
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 11 - Novembre 2016

 Sono tempi di confusione, non di certezze.

  Confusione nel mondo, che si è progressivamente staccato da Gesù Cristo; ma ciò che fa più male, confusione tra i cristiani, nella misura in cui si sono adeguati al mondo.

  E la confusione fa male e stanca. Nella confusione non è possibile per l'uomo nessun lavoro, perché l'uomo confuso è incapace di un lavoro. Può fare episodicamente cose buone e cose cattive, ma non può fare un lavoro.

  I tempi di confusione sono i tempi dell'uomo “episodico”.

  Intendiamoci bene, non tutto è male nel mondo e soprattutto non tutto è male nella Chiesa, questo non lo diremo mai! Ma la confusione è un male in sé: il buono nella confusione non esprime compiutamente un bene... e nella confusione tante cose buone potrebbero esprimersi in un male.

  La confusione è come un clima che tutto avvolge; è uno stato d'animo, una condizione mentale e morale, che tutto rende passeggero. La confusione impedisce la stabilità.

  L'uomo instabile ha bisogno di essere intrattenuto continuamente, per non cadere nell'angoscia del suo nulla.

  Il problema è che, a furia di vivere nella confusione, incominci ad adattarti ad essa. Ciò che ti dava fastidio, diventa la condizione della tua vita, l'orizzonte costante del tuo vivere. Con il tempo addirittura la credi normale questa continua instabilità.

  Chi ama sottolineare la “vita” la cerca. Molti credono che “vivere” voglia dire cambiare continuamente; essere “vitali” vuol dire, per molti, fare cose nuove. Sentirsi vivi viene fatto coincidere con non avere legami per essere sempre pronti ad una nuova esperienza.

  È così forte l'instabile clima della confusione, che moltissimi ci restano dentro, anche tra quelli che vogliono dirsi cristiani e magari tradizionali.

  Sì, anche tra i tradizionali: cerchi per istinto il cristianesimo di sempre, quello della Tradizione, e dopo vuoi viverlo senza troppi legami, per assaporarne al suo interno tutte le esperienze possibili; e così non costruisci nulla!

  Insomma, chi fa consistere tutto nel “vitale” pensa che la confusione sia positiva; chi fa consistere tutto nel riferimento a Dio e alla Rivelazione, cerca invece la stabilità.

  È l'inganno dei tempi di confusione: prendi la confusione dilagante come alibi per non impegnarti fino in fondo.

  Cosa fare allora nei tempi di confusione? Cosa chiederci in questa bufera?

  Intanto ricordare che Dio chiede la stabilità: la vita è vocazione. Dio chiama ad abbracciare lo stato di vita dentro il quale crescere nell'unione con Lui, dentro il quale diventare santi. Diventare preti, entrare in convento, sposarsi comporta una stabilità che, secondo il mondo senza Dio, toglie libertà; ma è in questi vincoli vocazionali che Dio dona l'unica vera libertà che è vivere di Lui.

  E vuol dire ricordare che Dio per primo si è “legato” a una stabilità umana quando è diventato uomo per la nostra salvezza, nascendo a Betlemme. E dentro questo vincolarsi all'umano stabile, si è compiuta la nostra salvezza.

  Ecco perché dobbiamo fuggire lo smodato desiderio di libertà come contrario, proprio contrario al metodo di Dio. Carissimi, è su questo che può sorgere o crollare una vita.

  Così la vita cristiana si sviluppa nell'accettazione della stabilità e questa accettazione produce un modo di muoversi.

  Per queste ragioni riteniamo che sia estremamente importante eleggere un luogo di riferimento, un luogo che abbia la vita dentro; e a quel luogo fare obbedienza.

  La Chiesa è il mistico corpo di Cristo, ma è un corpo! È visibile, incontrabile. La grazia di Dio passa dentro i luoghi dove la vita cristiana si esprime con stabilità, come passa attraverso i segni esterni dei sacramenti.

  Come non sarebbe cattolico pretendere la grazia sottraendosi ai segni fisici dei sacramenti, così sarebbe non cattolico vivere la Chiesa come puro riferimento virtuale, senza un legame a un luogo umano reale.

  La Tradizione non è solo un contenuto di Dottrina, che rimane a livello di discorso, è anche un luogo fisico, dove la dottrina è vissuta nella grazia di Cristo. Chi si accosta ai sacramenti nelle nostre chiese e cappelle, che per miracolo sono concesse alla Tradizione della Chiesa, non dovrebbe mai dimenticarlo: questi sacramenti ci sono perché in quel dato luogo si vive la stabilità per Dio.

  Non fidiamoci dei discorsi che abbracciano tutto e costruiscono niente. Non fidiamoci del mondo virtuale (internet) che ci ha diseducato provocandoci a stare alla finestra giudicando tutto e vivendo niente: preghiamo il Signore perché ci indichi un riferimento possibile; e il Signore, che è fedele, ci farà riconoscere il “nostro” luogo della grazia. Ma quando il Signore ce lo avrà fatto incontrare, allora dopo poniamo sinceramente la nostra obbedienza, perché la nostra vita lì sia edificata.

  Nessun tempo di crisi può essere alibi perché non si faccia questa obbedienza. Nessuna confusione può essere alibi per noi, a meno che la confusione ci piaccia ormai per non seguire niente e nessuno. Ma chi non segue niente e nessuno, non può dire di seguire Cristo. Il riferimento a Cristo passa sempre nel riferimento a quel corpo visibile che è la Chiesa.

  E se proprio dobbiamo seguire le notizie e commenti su internet, che ha pur il merito di informare sulla Tradizione della Chiesa e di suscitarne un dibattito, ascoltiamo coloro che non scrivono solo, ma coloro che hanno un reale riferimento di obbedienza a un luogo ecclesiale, coloro che vivono realmente la corporeità della Chiesa, con stabilità.

  Non è a caso che i nemici della tradizione, dopo il motu proprio di Benedetto XVI che dichiarava la messa antica mai abolita, hanno fatto di tutto perché le messe tradizionali fossero episodiche e non stabili. E hanno fatto di tutto perché mai queste messe fossero sorrette da luoghi stabili di dottrina e vita cristiana: noi stiamo ancora attendendo dopo 8 anni la promessa parrocchia personale!

  La cosa triste è che col passare del tempo tanti amanti la Tradizione questa stabilità non la chiedono più, né nella preghiera a Dio né nella dovuta fatica della militanza anche in rapporto all'autorità.

  È invece la grazia più grande che dobbiamo chiedere in questi tempi difficili e insidiosi di confusione: la grazia di non amarla questa confusione per farla poi diventare l'arma della disobbedienza. Ad Oropa, fedeli a un voto, abbiamo domandato soprattutto questo.