Fraternità Sacerdotale San Pio X - Comunicato della Casa Generalizia
Note sulle dichiarazioni di Benedetto XVI
sull'utilizzo del profilattico
In un libro-intervista intitolato Luce del mondo pubblicato in tedesco ed in italiano il 23 novembre 2010 e che lo sarà in francese ed in inglese il 3 dicembre, Benedetto XVI ammette, per la prima volta, l’uso del preservativo “ in certi casi ”, “ per ridurre i rischi di contaminazione ” col virus dell’Aids. Queste affermazioni sbagliate richiederebbero di essere chiarite e corrette perché i loro effetti disastrosi – che una campagna mediatica non ha perso l’occasione di sfruttare – provocano tra i fedeli scandalo e smarrimento .
1. Quello che ha detto Benedetto XVI
Alla domanda “ la Chiesa cattolica non è fondamentalmente contro l’uso del preservativo?”, il papa risponde, secondo la versione originale tedesca: “ In certi casi, quando c’è l’intenzione di ridurre il rischio di contaminazione, ciò può comunque essere un primo passo per aprire la via ad una sessualità più umana, vissuta altrimenti.” Per illustrare la sua affermazione, il papa fa un solo esempio, quello di un “ uomo prostituito ”. Egli considera che, in questo caso particolare, ciò può essere “ un primo passo verso una moralizzazione, un principio di responsabilità che permetterebbe di diventare nuovamente coscienti che non è tutto permesso e che non si può fare tutto ciò che si vuole ”. Quindi si tratta del caso di qualcuno che, commettendo già un atto contro natura, con fini venali, avrebbe la preoccupazione – per di più – di non contaminare il suo cliente.
2. Quello che ha voluto dire Benedetto XVI secondo il suo portavoce
Queste affermazioni del papa sono state recepite, dai media e dai movimenti che militano a favore della contraccezione, come una “ rivoluzione ”, una “ svolta ” o quanto meno una “ breccia ” nell’insegnamento morale costante della Chiesa sull’uso dei mezzi contraccettivi. Per questo il portavoce del Vaticano, P. Federico Lombardi, il 21 novembre ha pubblicato una nota esplicativa in cui si legge: “ Benedetto XVI considera una situazione eccezionale dove l’esercizio della sessualità rappresenta un vero rischio per la vita dell’altro. In questo caso, il papa non giustifica moralmente l’esercizio disordinato della sessualità, ma ritiene che l’utilizzo del preservativo per diminuire il rischio di contagio è ‘ un primo atto di responsabilità ’, ‘ un primo passo sul cammino verso una sessualità più umana ’, piuttosto che non farne uso, esponendo l’altro al pericolo di vita ”. E’ opportuno notare, per essere esatti, che il papa parla non soltanto di un “ primo atto di responsabilità ”, ma anche di un “ primo passo verso la moralizzazione ”. Nello stesso senso, il cardinale Georges Cottier che fu teologo della Casa Pontificia sotto Giovanni Paolo II e all’inizio del pontificato di Benedetto XVI, in occasione di un’intervista all’Agenzia Apcom il 31 gennaio 2005 aveva dichiarato: “ In situazioni particolari – e io penso in ambienti in cui circola la droga o in cui regna una grande promiscuità umana ed una grande miseria, come in certe zone dell’Africa e dell’Asia – in questi casi, l’uso del preservativo può essere considerato come legittimo.” Legittimità dell’uso del preservativo visto come un passo verso la moralizzazione, in certi casi, questo è il problema posto dall’affermazione del papa in Luce del mondo.
3. Quello che Benedetto XVI non ha detto e che i suoi predecessori hanno sempre detto
“ Nessuna ‘ indicazione ’o necessità può trasformare un’azione intrinsecamente immorale in un atto morale e lecito.” ( Pio XII, Allocuzione alle ostetriche del 29 ottobre 1951).
“Non vi può esser ragione alcuna, sia pur gravissima, che valga a rendere conforme a natura ed onesto ciò che è intrinsecamente contro natura.” ( Pio XI, Enciclica Casti Connubii)
Ora, l’uso del preservativo è contro natura in quanto svia un atto umano dal suo fine naturale. Il suo utilizzo resta dunque sempre immorale. Alla domanda chiara del giornalista “ la Chiesa cattolica è fondamentalmente contro l’uso del preservativo?”, il papa risponde con una situazione eccezionale e non ricorda che la Chiesa è sempre fondamentalmente contraria all’uso dei preservativi. Ora, che l’uso del preservativo sia un’azione intrinsecamente immorale e materia di peccato mortale, è un punto fermo nell’insegnamento tradizionale della Chiesa, per esempio in Pio XI e in Pio XII, e anche nel pensiero di Benedetto XVI che dice al giornalista che lo interroga: “ Evidentemente, la Chiesa non considera il preservativo come una soluzione reale e neanche morale ”, ma il papa comunque l’ammette, in certi casi. Questo tuttavia è inammissibile riguardo alla fede: “ Non vi può essere ragione alcuna, insegna Pio XI in Casti Connubii (II, 2), sia pur gravissima, che valga a rendere conforme a natura ed onesto ciò che è intrinsecamente contro natura”. Cosa che ricorda Pio XII nella sua Allocuzione alle ostetriche del 29 ottobre 1951: “ Nessuna ‘ indicazione ’ o necessità può trasformare un’azione intrinsecamente immorale in u atto morale e lecito ”. Cosa che affermò san Paolo: “ Non facciamo il male perché ne venga un bene ” (Rm 3, 8). Benedetto XVI sembra considerare il caso di questo prostituto secondo i principi della “ morale di gradualità ” che vuol permettere certi delitti meno gravi per condurre progressivamente i delinquenti dai delitti estremi all’innocuità. Questi delitti minori non sarebbero senza dubbio morali, ma il fatto che facciano parte di un cammino verso la virtù li renderebbe leciti. Ora, quest’idea è un grave errore perché un male minore resta un male qualunque miglioramento apporti. “ In verità, insegna Paolo VI in Humanæ vitæ (n° 14), se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene (cf. Rm 3, 8), cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali”. Tollerare un male minore non equivale a rendere questo male ‘ legittimo’, né a iscriverlo in un processo di ‘ moralizzazione ’. In Humanæ vitæ ( n° 14) si ricorda che: “ E’ un errore pensare che un atto coniugale reso volontariamente infecondo e perciò intrinsecamente disonesto, possa essere reso onesto dall’insieme di una vita coniugale feconda ”, allo stesso modo che bisogna dire che è un errore avanzare l’idea che il preservativo, in sé disonesto, possa essere onesto dalla speranza di un cammino verso la virtù di un prostituto che lo utilizza. All’opposto di una disassuefazione che passerebbe da un peccato “ più mortale ” a un peccato “ meno mortale ”, l’insegnamento evangelico afferma chiaramente: “ Va’ e non peccare più ” ( Gv 8, 11), e non “ Va’ e pecca di meno ”.
4. Quello che i cattolici hanno bisogno di sentire dalla bocca di un papa
Certamente un libro-intervista non può essere considerato come un atto del magistero, a fortiori quando si allontana da ciò che è stato insegnato in modo definitivo e invariabile. Non di meno i medici e i farmacisti che si rifiutano coraggiosamente di prescrivere e distribuire preservativi e contraccettivi per fedeltà alla fede ed alla morale cattoliche, e più generalmente tutte le famiglie numerose legate alla Tradizione, hanno assolutamente bisogno di sentire che l’insegnamento perenne della Chiesa non cambierà nel corso del tempo. Si aspettano tutti il fermo richiamo ce la legge naturale, come la natura umana in cui è incisa, è universale. Ora, in Luce del mondo si trova un’affermazione che relativizza l’insegnamento di Humanæ vitæ designando coloro che lo seguono fedelmente come “ minoranze profondamente convinte ” che offrono ad altri “ un affascinante modello da seguire ”. Come se l’Enciclica di Paolo VI fissasse un ideale irraggiungibile; cosa di cui si era già del tutto persuasa la maggioranza dei vescovi per meglio far scivolare questo insegnamento sotto il moggio – laddove proprio Cristo ci vieta di mettere la “ luce del mondo” ( Mt 5, 14). L’esigenza evangelica diventerebbe dunque sfortunatamente l’eccezione destinata a confermare la regola generale del mondo edonista nel quale viviamo? Quel mondo al quale il cristiano non si deve conformare (cf. Rm 12, 2), ma che egli deve trasformare come “ il lievito nella pasta ” (cf. Mt 13, 33) e al quale deve dare il gusto della Saggezza divina come “ il sale della terra ” (Mt 5, 13).
Menzingen, 26 novembre 2010
(Tradotto da http://www.dici.org/)